etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


venerdì 14 settembre 2012

Persona e solidarietà

Carità, “fuoco interiore” per aiutare gli altri.  P. Josep Joblin così terminava il suo precedente contributo su La sussidiarietà: “… i due concetti che completano l’insegnamento sociale della Chiesa in questo contesto, (sono) quelli di persona e di solidarietà”. Su tali concetti, a completamento della sua riflessione precedente,  l’odierno approfondimento.
Alba Dini Martino

Le idee di persona e di solidarietà sono familiari nel mondo occidentale e cristiano: ciascuno ne ha nozione; ciascuno è cosciente di essere distinto dagli altri pur avendo una responsabilità a loro riguardo.  Certamente, in tutte le civiltà è possibile osservare senso di responsabilità nei confronti di coloro che la vita ha maltrattato e sarebbe facile portare magnifici esempi di generosità, ma è nelle donne e negli uomini segnati dal cristianesimo, come Madre Teresa per esempio, il senso di un dovere urgente e universale; esiste in effetti un legame fra persona e solidarietà che è necessario spiegare.
Ciò suggerisce, tuttavia, di spiegare innanzitutto cos’è una persona; essa è caratterizzata nella nostra cultura dalla consapevolezza che ciascuno prova di essere inviolabile, uguale agli altri, libero e responsabile; si tratta in questo caso di valori o principi fondamentali che ci sembrano così evidenti da non aver bisogno di essere dimostrati e noi giudichiamo le situazioni nelle quali ci troviamo nella misura in cui non contraddicono questo dato fondamentale o permettono di inscriverlo più profondamente nella realtà. Tale senso della dignità di ogni essere umano ci viene dalla filosofia greca e dalla Bibbia; dalla filosofia greca, secondo la quale  la grandezza dell’uomo deriva dal fatto che egli può dominare le forze della natura in luogo di credersi sottoposto ad un destino inesorabile; dalla Bibbia che fin dalla prima pagina, ci mostra Adamo ed Eva responsabili di rendere feconda la terra rispettando un ordine oggettivo, quello del Bene e del male; dal Vangelo in cui Cristo chiama ciascuno alla conversione interiore del cuore per rifiutare le opere delle tenebre e  impegnarsi in quelle della Luce. Il cristianesimo ha rafforzato la coscienza del valore unico di ogni persona, affermando che ognuno è responsabile del suo destino eterno; una tale consapevolezza rimane più o meno chiara anche in coloro che si sono allontanati dalla fede, perché anche per loro la nozione di persona conserva un significato esigente.
Il senso religioso della persona si è oggi un po’ attenuato, non si può non convenirne. Tutta una corrente di pensiero si è sviluppata e imposta a partire dal XVIII secolo sotto l’influenza della filosofia dei Lumi la cui ambizione era quella di salvaguardare il valore di ogni essere umano recidendolo dal suo fondamento religioso; ha avuto inizio ciò a cui si assegna il termine generale di individualismo. Questa corrente di pensiero si è diffusa a tal punto che i cristiani immersi in questa atmosfera, ne sono stati impregnati; il liberalismo o individualismo li hanno abituati a modificare il loro sguardo sulla società; in luogo di vedere nelle persone sfortunate, in colui che la vita non ha favorito un fratello che bisogna aiutare ad uscire dalla sua situazione, ci vedono troppo spesso un povero che basta aiutare con un’elemosina; la parola carità è stata quindi svalutata; invece di percepirla come un “fuoco interiore” (Paolo VI) che spinge ad aiutare gli altri al di là del possibile o a cambiare alcune strutture della società che sono largamente responsabili della loro “miseria immeritata”, (quelle che Giovanni Paolo II chiamerà le “strutture di peccato”), la carità è ridotta ad una assistenza il più delle volte materiale. Si è arrivati a scrivere, ancora nel 1893: “i ricchi sono gli amministratori dei poveri. Ecco la dottrina: il superfluo degli uni, deve, attraverso il canale della carità, servire alle necessità degli altri … le disuguaglianze sociali sono una legge della Provvidenza e, se posso osare di esprimermi così, una legge di grazia e, insieme, una legge della natura” (A. Leroy-Beaulieu). In questo modo si diffuse in molti spiriti la concezione che riduceva la persona ad essere niente altro che un individuo invitato ad accondiscendere alla miseria degli altri, senza avere alcun dovere di solidarietà al suo riguardo.
La reazione contro la mentalità descritta ha cominciato a farsi strada l’opinione fra le due guerre mondiali. Rimarrà a gloria di Pio XI di essere stato il Papa che ha denunciato i totalitarismi in nome del rispetto dovuto alla persona umana; mostrando in tal modo che le istituzioni devono essere al servizio “di ogni uomo e di tutto l’uomo” (Paolo VI, Populorum Progressio, 14), poiché la “costruzione di un mondo più umano” richiede “una compartecipazione efficace degli uni con gli altri in un clima di eguale dignità” (id., 54); in una parola, la crescita umana di ognuno non può realizzarsi indipendentemente da quella degli altri membri della società. Questa prospettiva ha aperto la via all’idea dello sviluppo dei popoli. Ciò è stato preso in considerazione a partire dall’inizio della Guerra del 1939, sia da Roosevelt che da Pio XII, il quale fin dal 1940 augurava nella sua omelia Il Vangelo (24 novembre) lo stabilirsi “di un ordine più equo e unanime basato (sulla virtù della) giustizia …; un ordine che tenda ad attribuire a tutti i popoli, nella tranquillità, nella libertà e nella sicurezza, la parte ad ognuno di essi in questa terra spettante, delle fonti della prosperità e della potenza, affine di rendere loro possibile l’adempimento della parola del creatore: Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra”. E la filosofia della persona qui sottesa è da ben capire. 
Non si può più pensare oggi l’individuo senza vedere in lui una persona, cioè un essere che si riconosca in quanto responsabile, in seno al movimento generale delle società; ciò implica una crescita che trascina tutti gli uomini e tutte le donne verso una riconciliazione, una unità generale. Nessuno di noi può “crescere in umanità” rimanendo isolato dagli altri, perché è accettando di sentirsi effettivamente responsabile dei loro propri progressi che egli arricchisce anche se stesso in vista del fine per il quale è stato creato. Una tale visione un po’ astratta assume tutto il suo significato in un cristianesimo personalmente vissuto, poiché dipende dall’accettazione dinamizzante della condizione dell’essere umano creato ad immagine di Dio, cioè capace di amare gli altri fino al punto di sacrificarsi per loro; cosa che ci mostra ogni giorno la dedizione delle madri di famiglia a coloro che le circondano.
Il Cristo Dio-Uomo è qui il modello, poiché unisce in Lui stesso una duplice disposizione: da una parte, ci insegna l’umiltà avendo rinunciato alla sua condizione divina per farsi uomo (Phil.2, 6-8), mostrando fino a qual punto può giungere la disposizione della umiltà per la quale il cristiano rinuncia a ogni pretesa di dominio e, d’altra parte, l’idea di servizio agli altri che può arrivare fino al sacrificio dei propri interessi. Tale è il livello al quale ci eleva la fede cristiana; ci fa scoprire che il nostro proprio sviluppo dipende dalla disposizione di servizio nella quale ci mettiamo di fronte agli altri.

Pare Joseph Joblin, sj – (Cronache e Opinioni n. 3 pag. 20 Marzo 2011)

mercoledì 12 settembre 2012

IL CANTO DELLE SIRENE NON È ETICO



... Navigherete; ma il cammino, e quanto

Di saper v'è mestieri, udrete in prima,

Sì che non abbia per un mal consiglio
Grave in terra, od in mare, a incorvi danno


... Alle Sirene giungerai da prima,

Che affascìnan chïunque i lidi loro

Con la sua prora veleggiando tocca.
Chïunque i lidi incautamente afferra
Delle Sirene, e n'ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
Cera de' tuoi così l'orecchio tura,
Che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
Te della nave all'albero i compagni
Leghino, e i piedi stringanti, e le mani;
Perché il diletto di sentir la voce
Delle Sirene tu non perda. E dove
Pregassi o comandassi a' tuoi di sciorti,
Le ritorte raddoppino ed i lacci.
Poiché trascorso tu sarai, due vie
Ti s'apriranno innanzi; ed io non dico,
Qual più giovi pigliar, ma, come d'ambo
Ragionato t'avrò, tu stesso il pensa.
OMERO Odissea canto XII (Versi di Ippolito Pindemonte)






In questa riflessione tenterò di mettere in evidenza come l’etica ed il bene comune lascino il tempo che trovano nei mass media, nei luoghi di incontro delle elite e soprattutto nelle indicazioni che certi “personaggi” sapientemente scelti dal sistema, forniscono…proprio come il canto delle sirene che ammaliò Ulisse nell’Odissea al canto XII di cui ho riportato il brano della celebre traduzione di Ippolito Pindemonte. Mentre mi accingevo a descrivere il terzo scenario concernente la disfatta dell’euro, che ritengo scongiurato grazie alla formidabile opera compiuta da Mario Draghi e che spero il 12 settembre non venga ribaltata dagli eventi, sono rimasto profondamente sorpreso da quanto ho letto su due importanti quotidiani in merito alla situazione che stiamo vivendo e da quanto viene riportato a proposito dell’ormai noto Seminario Ambrosetti presso Villa d’Este  di Cernobbio nonché dello spazio riservato ad articoli di esponenti dell’Università e della Finanza che mi spingono a prendere una posizione ben precisa per difendere, come fece Ulisse con i suoi, coloro che in buona fede entrano in contatto con  queste “sirene” che hanno un’unica finalità: parlare di etica per nascondere “… non lontano D'ossa d'umani putrefatti corpi E di pelli marcite, un monte s'alza.”.   Come dicevo, tutto è cominciato quando abbozzando il terzo scenario di una eventuale dissoluzione dell’euro, ma senza ritorno alle vecchie monete coniando invece  l’”Euro Paese” vale a dire  Euroitalia, Eurogermania, Eurofrancia ecc., mi sono reso conto che le difficoltà inerenti a tale soluzione pur permanendo gravi, potrebbero assumere però un’altra configurazione. Infatti gli attuali euro in circolazione potrebbero essere suddivisi proporzionalmente tra i differenti Paesi ridefinendo nel contempo il debito pubblico di ciascuno. Le banconote in circolazione verrebbero quindi immediatamente ritirate, bloccandone la circolazione e sostituendole con banconote catalogate per Paese, con la stampa dei colori della bandiera sul verso. (Ovviamente capirete che sarebbe enormemente difficile in quanto ciò innescherebbe un accaparramento di banconote Euro di vecchio conio da far valere in un secondo momento, a meno che non si stabilisca che dalla data stabilita le banconote senza indicazione del Paese di origine perdano automaticamente di valore e che non possano essere accettate come denaro contante). La procedura per ridefinire il valore dei nuovi “europaese” in termini di parità di cambio, potrebbe essere quella di calcolarlo  sulla base del tasso di interesse di riferimento attribuito ai titoli di stato con scadenza in un medesimo periodo (es. 1 o 2 anni), esattamente come avveniva con le monete del vecchio conio in termini di tasso di sconto e si ripristinerebbe così il cambio, anche nell’Eurozona, con parità differenti calcolate in riferimento al Dollaro Statunitense che  attualmente contro euro è pari ad 1,2600. Sicché partendo da questa idea e ritornando all’incerto per certo, facendo l’ipotesi che oggi si dichiari la scissione dell’Eurozona, diremmo che per ottenere un Dollaro USA occorrono alla data odierna, iniziali euro 0,7936.  Ma cerchiamo di esemplificare, pur se in modo molto approssimativo, al fine di chiarire il ragionamento. Quindi posto questo valore come parità di base, si fisserebbe il cambio per ciascun “Europaese” prendendo a riferimento il tasso di interesse dei titoli di stato ad un anno che andrebbe a scontare il valore unitamente all’inflazione tendenziale del Paese considerato oltre che alle attese di svalutazione e di rivalutazione. In questo modo si creerebbe di nuovo, in maniera ordinata una coerente griglia dei cambi  nei confronti del Dollaro e ciascuno Stato UE avrebbe chiaro il valore del proprio “Europaese”.  L’esempio è il seguente.
Prendiamo in considerazione  la parità $/Eurogermania, e $/Euroitalia con i seguenti dati: 
1) Cambio €/$ 1,26008;  2) tasso di interesse  1,5%; 3) inflazione: 2%;      4)aspettativa di svalutazione : 0,5% 
1) Cambio $/€G 0,7936; 2) tasso di interesse 1,5%;  3) inflazione: 2% ;     4)aspettativa di rivalutazione 2,5%;
1) Cambio $/€I 0,7936;   2) tasso di interesse 3,5%;  3) inflazione: 3,1% ;  4)aspettativa di svalutazione  2,5%
Sulla base di queste ipotesi diciamo che per avere il valore esatto da scontare in termini reali, per ciascun nuovo “europaese” occorre comparare le diverse divise in termini di tasso di interesse più tasso di inflazione addizionando algebricamente le aspettative di svalutazione o rivalutazione per cui verrebbero i seguenti risultati:
- $ 1 (1,5%-2%-0,5%)=1,0404765  che significa che il valore del cambio €/$ alla fine dell’anno diverrebbe 1,0404765 con una perdita prospettica pari al 4,047% a fine anno;  
 - $/€G 0,7936(1,5%-2%+2,5%)= 0,801073728  (1,2483245)  sconto $ = 0,0117555;
 - $/€I 0,7936(3,5%-3,1%-2,5%)= 0,8680096224  (1,1520609613) premio $ = 0,1080190387;
questi risultati portano ad una parità tra  €G/€I  di 1,0835 e per conseguenza la parità inversa sarà €I/ €G 0,9229349. Infatti per verificare basta moltiplicare tra loro le due parità per ottenere l’unità: 1,0835x0,9229349= 1.
Questi calcoli verrebbero effettuati quindi per ogni moneta UE e si formerebbe la griglia delle parità sia contro il Dollaro statunitense che in cross fra di esse. Sperando che il ragionamento, pur se complesso, sia stato comprensibile per tutti, direi di passare ad analizzare ulteriormente lo scenario dal lato dei  poteri delle rispettive banche centrali che riprenderebbero il controllo della propria moneta, del sistema bancario nazionale, della stabilità dei prezzi e di conseguenza anche i governi tornerebbero a gestire in proprio il debito sovrano. La soluzione comporterebbe che internamente a ciascun Paese, nulla cambi perché si continuerà a calcolare tutto in euro. Il problema si evidenzierebbe soltanto nelle cosiddette transazioni transfrontaliere (esportazioni, importazioni, turismo e investimenti esteri). Ciò non toglie però che il problema che origina da un tale scenario sia di duplice natura: il primo politico concernente la disintegrazione delle prospettive europee e con questa anche la revisione dei diversi trattati di cui non possiamo conoscere la conflittualità potenziale; mentre dal lato monetario esploderebbe a rigor di logica, una bolla inflazionistica che per quanto ben gestita farebbe impennare ulteriormente i prezzi ed i tassi di interesse aprendo una spirale viziosa di inflazione, disoccupazione, svalutazione. Oltre che ulteriori immaginabili, anche se difficilmente stimabili, bolle speculative  innescate nella spirale: banca, borsa, finanza, assicurazioni, edilizia ecc.,  a turno e a cascata. Spero vivamente perciò che questo scenario non si verifichi perché la sua attuazione sarebbe di una inaudita gravità attualmente indescrivibile. Torniamo allora alle nostre sirene: a Cernobbio si sono riuniti i “soliti amici” da Monti a Prodi, a esponenti di Goldman Sachs a Tremonti nonché al commentatore economico del Financial Times  Martin Wolf ed allo storico professore di Harward, Niall  Ferguson che per “riaggiustare” l’Europa ricorrerebbe ad “Antichità e Petrella” rispolverando Cavour e  Otto von Bismarck come riportato dal Corriere della Sera di Domenica 9 settembre a pag.2-3. Il tutto credo senza rendersi conto che viviamo in un epoca totalmente diversa in cui tempi della globalizzazione (Tempo/tempo-tempo/virtuale-tempo/spazio e tempo/reazione) con le loro componenti trasversali di accelerazione, superficialità, velocità e aggressività, non permettono di fare paragoni come egli pretenderebbe. A Cernobbio quasi tutti personaggi, della “Vetrina Ambrosetti” in qualche modo sono responsabili o quantomeno attori della crisi in atto, tranne qualche eccezione rappresentata da qualcuno dei componenti del Governo tecnico. Sembrerebbe che siano tutti li oltre che per il probabile “gettone di presenza” anche per fare “opinione” a favore delle proprie lobby. Certo però che a mio avviso, tra le cose più negative vi è lo spazio dato di nuovo nel Workshop anche all’ex ministro Tremonti, da me considerato il maggior responsabile, come ministro delle finanze allora in carica, della crisi dell’euro in Italia, per non averne controllato la circolazione in relazione all’aumento dei prezzi e di conseguenza il valore dell’euro nel periodo cruciale dal 2002 al 2005 (periodo più funesto). Questa “visibilità” credo che sia stato uno degli errori più grandi.  Infatti mentre il premier Monti parla di ”populismo”, e della necessità di ritrovare lo spirito del ’57 dei trattati di Roma  con convegni mirati a recuperare lo spirito europeo, Tremonti invece  si inventa l’idea di un ulteriore referendum sulla UE in accordo con Wolfgang Schaeuble. Sappiamo bene che i tedeschi non sembrerebbero aspettare altro, anche se non si rendono veramente conto della gravità della loro posizione.  Giulio Tremonti che, sparito dalla scena politica, si ripresenta con mirati “libri etici” avvicinandosi sempre più agli ambienti cattolici. Devo ritenere che lo faccia per suoi motivi elettorali e di consenso, non certo per scelta etica essendo come a tutti noto, il padre conclamato degli scudi fiscali. Ma continuiamo. Il Corriere oltre a mettere in evidenza i “populisti d’Europa”  da Marine Le Pen ad Alexis Tsipras passando per i vari Wilders, Strache e Timo Soini plaude allo scenario dipinto da Ferguson  nella divisione delle tre epoche europee, che a mio avviso è quello tipico dello stereotipo statunitense, acquisita ormai dal britannico professore di Harvard, che non va al di là del proprio costrutto mentale: l’Europa non si studia sui libri…l’Europa si vive…e… questo un americano non lo capirà mai! La nostra democrazia non ha nulla a che vedere con il Far West ed inoltre non ci possiamo aspettare un senso veramente critico da chi la storia l’ha vissuta con il filtro della democrazia americana..esportata…per motivi pacifici…con la guerra! Forse questi  illustri colleghi dovrebbero calarsi di più nella storia dell’Europa e della sua antropologia piuttosto che abbozzare giudizi e scenari che non hanno prospettive, ma solo luoghi comuni ormai obsoleti basati su tecniche di bilancio o “efficienza dei tribunali civili o sulla capacità di garantire i piccoli azionisti”…Lasciatemi dire….belle chiacchiere. Così come esattamente ha fatto un altro personaggio che si dice “etico” un tale Gorge Soros, al quale il Corriere ha riservato niente meno che quattro intere facciate dell’inserto “Cultura”. Infatti nell’articolo “Ultimatum a Berlino”  ottimamente tradotto, devo dire da Rita Baldassarre, questo falco della finanza speculativa, reduce dai successi del ’92 su lira e sterlina e dagli insuccessi del ’98 con il suo Quantum Emerging si permette di disegnare scenari che hanno solo un senso: darsi una facciata etica per indirizzare l’opinione pubblica verso alcuni obiettivi che gli permetteranno di fare affari! Fece altrettanto anche nel 1998 in un articolo che lessi sul Sole 24 ore in cui plaudeva ad un ombrello per salvare le borse asiatiche ed i titoli dei Paesi emergenti. In realtà mirava a recuperare qualcosa di quel 45% che aveva perso nelle speculazioni del suo fondo che poi fu costretto a chiudere. Ed il Corriere che fa? Fa lo scoop, gli da uno spazio inaudito per  permettergli di estrinsecare un pensiero etico, che di etica ritengo non abbia neanche un minimo componente. Ma capiamoci, non vorrei che mi si fraintendesse, non ho nulla contro Gorge Soros, lui fa benissimo quello che sa fare, sarà la sua coscienza e la storia a giudicarlo. Io invece vorrei riferirmi alla dimostrata mancanza di senso critico e di valutazione dell’impatto psicologico dell’Editore del quotidiano, che passa per essere uno dei migliori del nostro Paese; sottolineerei la mancanza di visione politica, in termini di bene comune, evidenziata dal suo Direttore che ho sempre stimato e che ora mi pare stia calando molto di tono, dando spazio a posizioni anomale, che potrebbero essere espresse con il detto “predicano bene e razzolano male”. Un Direttore che si lascia avvincere dal lobbistico “canto delle sirene”. Se questi sono i preludi…che cosa sarà il concerto??  Si parla sempre più di poteri forti, di congreghe di tipo massonico e se qualcuno non ci credesse, basta aprire il Sole 24 ore, dove anche lì si dà spazio alle “sirene”,  delle quali l’ultima in ordine di tempo è la voce “etica” di Luigi Zingales, in prima pagina del Sole 24 ore di domenica 9 settembre con “La scommessa di Draghi e il dovere dei governi” che dipinge neri scenari di liberismo e  di fallimento italiani in prospettiva europea e guarda caso anche lui docente in una Università statunitense, con studi al MIT. Esemplare poi la recensione che viene fatta del suo libro a pag. 35  da Giorgio Barba Navaretti in “Un capitalismo migliore”…Pare vero! La realtà comunque è una ed io tengo a ripeterla: se si continua a dare spazio a voci  che non riescono a distinguere tra etica, deontologia, legalità…. Compliance e strumentalità per affari…privati, non andremo da nessuna parte. Tutte le motivazioni addotte dimenticano una sola cosa: la mancanza di etica, quella vera, e non quella della Business ethics,   prova ne è lo stravolgimento del suo significato a fini strumnentali.  Ritengo pertanto che pur se  la situazione è critica, noi italiani ed europei abbiamo sia gli uomini sia le idee, e Draghi l’ha dimostrato non solo con l’effetto annuncio, ma anche con la propria coerenza,  pertanto non abbiamo bisogno di ricorrere alla  “manifattura” come auspicato da Prodi sul Sole 24 ore di domenica 9 settembre “L’Europa punti sulla manifattura”. Credo che invece sia sufficiente ricorrere al territorio, riscoprire le sue potenzialità, ritrovarci nella nostra ricchezza culturale, basta ricostituire la filiera produttiva in ogni regione, di servizi sociali con un nuovo modello di sviluppo che privilegi i servizi alla persona nella salute, nell’assistenza, nella gastronomia, nell’industria turistica, nell’attività florovivaistica, di recupero ambientale  e artigianale… e molte altre per giunta tutte non delocalizzabili! Noi dobbiamo capire che tutti gli scenari che abbiamo di fronte, non sono originati da crisi economica, ma sono effetto generato da una mancanza di etica, mancanza di coscienza del rispetto delle regole per cui  ciascuno di noi deve farsi portatore del dibattito. Occorre saper  schierarsi pur nella consapevolezza che colossi come Corriere della sera, Sole24 ore e Repubblica sono quotidiani “tradizionalmente allineati” che non si possono  “indurre alla verità” su due piedi, ma con un’azione di movimento che isoli le sirene si! Quindi chiunque legga questo post perché crede nell’etica, vale a dire nel rispetto della dignità dell’uomo in ogni suo aspetto e nella promozione del bene comune di cui parlo, dovrebbe fare una scelta onesta e precisa ed unirsi a noi sulla base del seguente invito: cerchiamo di ritrovare nel profondo del nostro essere umano le nostre motivazioni di riscatto, la nostra voglia di costruire, cerchiamo di inserirci in ogni dibattito stando sempre attenti alla verità che ci viene propinata, non facciamoci illudere dalle belle parole, ma guardiamo ai fatti; guardiamo con occhio vigile la realtà e chi ce la propone. Non perdiamo la speranza di costruire e di dialogare con ogni altro essere umano a prescindere dalle diversità. Impariamo ad essere aperti; ma fermi nelle nostre convinzioni sull’uomo e sulle sue capacità relazionali e di sviluppo. Solo in questa maniera giorno dopo giorno ricostruiremo l’Italia e struttureremo un’Europa veramente democratica: con il dialogo, con la determinazione di una vera visione ugualitaria consegnataci dai secoli della storia per le future generazioni, dove ci siano solidarietà e sussidiarietà in funzione del bene comune  e questo senza farci tentare dal canto delle “sirene” anche se veicolato da pregevoli “mass media”, le quali prima o poi, non per motivi loro, ma per ragioni di partito, finiranno per perdere la voce.