etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


giovedì 30 agosto 2012

Quali scenari etici per l'Euro?


“La presente trattazione sulle “Operazioni in cambi” si basa sulla convinzione che il principio informatore della materia deve essere la conoscenza  della medesima per il migliore espletamento delle pratiche commerciali e finanziarie da parte di cambisti  ed operatori economici, e non deve essere invece, come purtroppo largamente acquisito, l’intento di mera speculazione!  Quindi la raccomandazione primaria che si fa a coloro che si accostano per la prima volta alla materia è che il mercato dei cambi va considerato come un’attività inquadrata in un vasto intreccio di norme valutarie nazionali ed internazionali, dove nulla è lasciato al caso e la cui operatività, oltre ad essere inserita in tali norme, è anche salvaguardata da etiche comportamentali di tutti coloro che vi partecipano…..” dalla Prefazione di: Romeo Ciminello, “Le operazioni in cambi” Buffetti editore, Roma Febbraio, 1984.


Quando scrivevo questa frase della prefazione, sul manuale su cui si sono preparate per un quindicennio almeno due generazioni di cambisti italiani e cioè dal 1983 fino al 1998 che sono sicuro, se non hanno nella propria biblioteca una versione originale, ne hanno almeno una copia fotostatica affettuosamente conservata, non immaginavo minimamente che, dopo trent’anni, saremmo giunti a questa situazione di eurocaos. Già allora sottolineavo due necessità, la prima concernente la conoscenza della materia e la seconda, rafforzativa della prima, rappresentata dalle etiche comportamentali dei partecipanti. La materia dei cambi e la disciplina bancaria e monetaria mi hanno sempre appassionato perché amando cimentarmi con la complessità dei sistemi, i cambi rappresentavano un universo sistematico all’interno del quale era sfidante, per me, penetrarvi  per capire e svelarne i meccanismi. Non per niente mi specializzai poi in Discipline bancarie con una tesi sul Sistema monetario internazionale. Oggi dopo tanto tempo, riflettendo sulle considerazioni che vorrei proporvi in questo post, ho scorso sommariamente il mio libro e ho rivisto come in una carrellata cinematografica, in quello che vorrei dirvi, le stesse motivazioni che mi spinsero a scrivere quel manuale: la necessità di conoscenza vera dei cambi e del mondo monetario. Si allora come oggi, vedo che la maggior parte delle persone che si occupano di economia, politica economica, di realtà bancaria e monetaria, come d’altronde succede in molte altre discipline, conoscono e affrontano i problemi solo in minima parte e pertanto non sono in grado di creare intorno a sé  quel supporto di conoscenza necessario su cui far generare o prendere le decisioni più adeguate, che nel nostro caso, sono la salvaguardia di quel bene d’ordine che chiamiamo Euro o meglio Unione Europea. Questa ovviamente, è una mia convinzione che deriva dall’osservazione di una realtà in cui vedo coinvolti economisti, studiosi, giornalisti, politici, professionisti, bancari ecc. e non solo italiani, ma anche operanti a diversi livelli in Stati, Enti ed Organizzazioni internazionali. La situazione pertanto possiamo dire che è generalizzata, anzi globalizzata e purtroppo, la testimonianza che ciò che dico è vero, si riscontra nel fatto che siamo in una fase della nostra storia in cui, voluta o no, regna una grande confusione derivante proprio dalla mancanza di conoscenza dei fatti. Come diceva B.J. Lonergan in una sua lezione: “..la conoscenza dei fatti è una cosa e la comprensione dei fatti conosciuti è un’altra” (Comprendere e essere, ed. Città Nuova, Roma 1993) ed è il presupposto che mi ha spinto e mi spinge tuttora alla ricerca di quella verità che pur se giudicata soggettivamente scaturisce però dalla comprensione effettiva dei fatti conosciuti. Allora senza andare oltre perché credo che chiunque legga i miei post abbia ben capito che la finalità etica dei miei discorsi sta proprio nella promozione della conoscenza, anzi della conoscenza del bene nelle sue tre categorie di bene d’appetito, bene d’ordine e bene valore. Vado subito al nocciolo della questione:  quali potrebbero essere i probabili scenari futuri, conseguenza logica delle decisioni  europee dei politici…..professori….giudici….funzionari…..e…professionisti di turno su cui i mercati tesseranno le loro aspettative speculative?  
Prima di rispondere però, vorrei che tutti prendessimo atto che  Mario Draghi sta rivelandosi come il più lungimirante dei banchieri europei finora in azione, non soltanto per le sue capacità tecniche quanto più per le sue doti di intellezione nei meandri della politica monetaria di una Europa senza moneta. Si dico bene: senza moneta, perché l’euro non è la moneta europea, ma più verosimilmente una unità di conto, di cui si serve l’UE, la cui natura monetaria è ancora imperfetta, così com’è imperfetto il suo valore intrinseco. Infatti  tutti sanno che la moneta deriva o da un legame ad “un contenuto aureo” oppure , in regime di corso forzoso, da un Governo che la crea  secondo i propri bisogni interni ed internazionali. Niente di tutto ciò per l’Euro. Tornando a Mario Draghi dobbiamo sottolineare che persino Angela Merkel ne ha riconosciuto la grande professionalità al punto di porsi contro manifeste prese di posizione di suoi connazionali, uno dei quali è proprio Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, suo ex consulente, che continua a sparare a zero contro Draghi riportato anche come “disturbatore delle quiete” e “fondamentalista” mentre lo Spiegel vede la Bundesbank come unica posizionata contro il resto del mondo e Alexander Dobrintdt  definisce Mario Draghi “un falsario di monete” (cfr. Corriere della Sera del 28/8/2012 pag. 8 “L’affondo di Weidmann contro Draghi”.  A Mario Draghi va tutto il mio plauso e di tutti quelli che, a mio avviso hanno chiari i termini in cui si muove la politica monetaria ai fini del bene comune. Le sue mosse infatti, come ho più volte sottolineato sono state di una finezza tecnica e di un tempismo dosatissimo, degne di un intelligente ed astuto stratega che al di là delle prese di posizione dei suoi generali, sa qual è il fine della propria battaglia e il punto di arrivo della propria azione. Ciò che più mi preoccupa invece è l’incompetenza nonché la mancanza di visione politica manifestata  dai politici euroscettici tedeschi, unitamente alla posizione quasi ai limiti della competenza professionale, presa dal Presidente della Bundesbank, che a mio avviso potrebbe essere tacciato di “falso ideologico”. Infatti se ai politici è permesso dire ciò che vogliono in base agli obiettivi politici che possono anche “non avere senso” o essere “strumentali” a finalità elettive, ciò che non è ammissibile è la posizione di un banchiere centrale che come presidente della Bundesbank non può assolutamente considerarsi “incompetente” quindi la sua posizione deve essere giudicata, da chiunque “mastichi” di politica monetaria, come asservita a uno scopo. Ma andiamo per gradi affinché tutti possano comprendere.   La BCE ha il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi e pertanto Draghi è abilitato ad andare sul mercato, in maniera autonoma e senza bisogno di “permessi” attraverso il sistema bancario per mantenere detto equilibrio: anche i titoli del debito sovrano si esprimono con un prezzo. Ben sa Herr Jens Weidmann che tale prezzo non è frutto espresso da un valore reale, bensì dal gioco della domanda e dell’offerta e pertanto per tenerlo in equilibrio c’è bisogno di un intervento calmieratore della speculazione da parte dell’Ente preposto a tale servizio: la BCE. Inoltre sfatiamo subito il problema dei costi che devono sopportare i tedeschi per causa nostra. Non diciamo stupidaggini. Essi contribuiscono come tutti i proporzione e poi pur se è vero che le rispettive banche centrali dovranno fornire moneta e questa viene accumulata con manovre impositive, ciò non significa però che la sottoscrizione di debito sovrano sia senza remunerazione, anzi la BCE andando sul mercato secondario in maniera diretta farebbe anche dei buoni profitti comprando a prezzi stracciati, con uno sconto del 15-20% ciò che ha un valore facciale di 100. E il Presidente della Buba sa bene che l’Euro è irreversibile e quindi non capisco a che gioco stia giocando, se non a far si che la volatilità dei mercati provocata dalle sue parole, permetta a qualcuna delle sue banche di guadagnare in termini speculativi. Mi piacerebbe far notare a questo solerte Presidente che invece di occuparsi di ciò che dovrebbe fare la BCE, dovrebbe forse dedicarsi ad una maggiore vigilanza sul proprio sistema bancario dato che è su tutti i giornali che la Deutsche bank e altre banche tedesche sono quelle che, in Europa, hanno “in pancia” la maggior quantità di titoli tossici nonché il maggior livello di “leva” tra le banche europee. Non si riesce a capire inoltre, il motivo per cui la Bundesbank sia contraria ad una vigilanza centralizzata, dell’intero sistema bancario europeo, in capo alla BCE. La storia ce ne saprà dare conto. 
Tornando al problema dell’euro e degli scenari che si profilano essi sono sostanzialmente quattro. Per ragioni di spazio e di attenzione, dei primi due ne parliamo ora, rimandando gli altri, ben più complessi, al prossimo post.

Il primo scenario che chiamerei oltre che etico anche il più sensato vede la BCE che viene fatta operare, attraverso la riforma dei trattati, come banca centrale effettiva senza bisogno di dare licenze bancarie a fondi vari. Comunque a prescindere dalle tecnicalità, scelte, MES, EFSF, e varie modalità di Fondi Salva stati, c’è una linearità operativa  per cui l’euro comincerà a stabilizzarsi sulla base di una presa di posizione non “antispread” come impropriamente stigmatizzato dai giornali, bensì “antispeculazione” con il sistema che ho indicato nel precedente post, che è ben altra cosa. Tale posizione che assumerebbe la BCE sarebbe supportata dai diversi Governi con la riforma e stipula di accordi “comunitari” per la stabilizzazione e lo sviluppo dell’UE e non mirati alla “debacle” “alla fuoriuscita” od al “default” di uno o più stati dell’UE. Sicché oltre a dare i tempi giusti di rientro agli stati che devono  riequilibrare i propri conti, ci saranno ulteriori riforme dei trattati, sia quelli politici, che monetari e soprattutto fiscali. In questo scenario avendo una Banca centrale che si occupa, in maniera manifestamente legittimata da tutti i partners, della propria moneta ed implicitamente della credibilità del proprio governo, l’Unione può mettere mano finalmente in maniera concreta all’unione politica, economica e fiscale dell’Europa. Vale a dire che l’armonizzazione fiscale terrà conto delle necessità di sviluppo dell’intera Unione basata sul confronto politico determinato dalla rappresentatività dei popoli e dei territori. Si calcolerà un comune euro-debito garantito da Titoli UE; si giungerà ad un sistema bancario europeo con una vigilanza comune della BCE; ci sarà una comune politica dei redditi, nonché una politica estera unificata. La gabbia  del voto all’unanimità dovrà essere riservata soltanto alle impostazioni o variazioni di un impianto costituzionale europeo unanimemente condiviso anche se non ancora definito. Tutte le altre decisioni dovranno avere un carattere di maggioranza qualificata in base a coalizioni che tengano conto di tre elementi precisi: a) la consistenza dei popoli; b) l’estensione territoriale; c) il contributo di ciascun Paese al PIL dell’UE. Tale base permetterà intanto di cominciare a stabilire il profilo ed i poteri di chi deve operare in Europa e pertanto si potrà cominciare a fare una netta distinzione tra i Paesi UE la cui moneta è l’Euro e la cui politica economica finanziaria, dei redditi e fiscale è unificata e Paesi come il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca e la Norvegia che non appartenendo all’UE si trasformerebbero in partners privilegiati, ma senza avere le stesse prerogative dei Paesi dell’Unione. Lo step successivo sarebbe quello della creazione di uno stato democratico in cui vige la divisione dei poteri: legislativo, esecutivo e giurisdizionale. Si disegnerebbe con ciò una realtà di natura pienamente politica i cui territori sarebbero suddivisi in regioni amministrative, enti autarchici territoriali con pieni poteri  di governo locale.  Questo è lo scenario che ritengo etico, in cui la salvaguardia dell’Euro prelude alla costruzione di una vera Unione Europea che non sia più basata sulla libera concorrenza, bensì sulla visione politica di popoli che unendosi in visioni di sviluppo comune si autodeterminano in maniera democratica.      
   
Il secondo scenario, auspicato da alcuni, ma, pur se ne parlo, per me improbabile è quello che vede la Bce sprovvista dei propri poteri e quindi nell’impossibilità di presiedere e governare  la politica monetaria a causa dei cosiddetti Falchi: Tedeschi, Olandesi e Finlandesi. In tale scenario poiché la rigidità delle posizioni non permette un miglioramento della situazione, si arriverebbe ad un accordo per un male minore: dividere l’Unione Monetaria in due velocità. A euro at two speeds (Cfr. www.oecdobserver.org) A mio giudizio l’autore dell’articolo citato, affronta l’argomento in maniera molto superficiale, parla del fenomeno come se fosse una  soluzione semplice. Comunque non è il solo perché anche altre persone come l’economista americano Allan Meltzer, ex membro – per due volte – del consiglio economico della Casa Bianca che ha dichiarato: “La moneta unica potrà sopravvivere solo se si divide la zona euro”,  ed altre che ho avuto modo di sentire ne parlano alla stessa maniera basta andare su internet. Ciò che mi stupisce è che anche eminenti professori, di cui non cito il nome per rispetto, sono andati a Ballarò per parlarne e se non erro di “Euro Plus” dandolo quasi per scontato. Lo scenario sarebbe il seguente: innanzitutto si creerebbero due monete euro correlate tra loro da un rapporto di cambio e gestite dalla medesima BCE. L’euro debole che chiamiamo “D” varrebbe il 70% dell’euro forte che chiameremo “F”. Ciò significa che improvvisamente in una sola notte ci sarebbe una svalutazione per i Paesi PIIGS del 30% rispetto a Germania, Francia, Olanda, Finlandia, Benelux e Austria. I debiti dei Paesi dell’euro “D” sarebbero ripagati con valuta svalutata del 30%, ma tali titoli non verrebbero più accettati dai Paesi ad euro “F” e quindi occorreranno nuove emissioni  di titoli indicizzati denominati in euro “D”. Tuttavia l’indicizzazione non avrebbe senso in quanto l’euro debole “D” avrebbe già subito una svalutazione talmente elevata che nuove emissioni si collocherebbero soltanto sul mercato interno dei PIIGS dovuto al netto rifiuto dell’estero rappresentato dai Paesi dell’euro “F” che nel frattempo si disferebbero anche con notevoli perdite del residuo debito sovrano dei PIIGS rimasto nei loro portafogli. L’afflusso di valuta però genererebbe inflazione anche nei Paesi virtuosi dell’euro “F”.  Questo quadro a prima vista, potrebbe sembrare veritiero e plausibile, ma credetemi non lo è. Chi lo propone infatti pare non tenga conto del fatto che il rapporto di cambio tra i due euro ancorché fisso non potrebbe reggere nel tempo perché la speculazione continuerebbe a vendere allo scoperto euro “D” facendo swap in cambi con euro “F”, vale a dire che lo speculatore si indebiterebbe in euro forte pagando un interesse minimo e lo scambierebbe in euro debole investendolo in titoli di debito il cui differenziale di tasso di interesse sarebbe almeno pari all’inflazione attesa più una percentuale di premio al rischio che lo renda appetibile in termini reali. Nel frattempo si genererebbe una corrente di vendite di euro “D” che la BCE non potrebbe contenere data la differenza di peso. Un’altra mancata considerazione dei fautori dell’euro a due velocità è il fatto che mentre quando si è passati dalle “vecchie monete” all’euro, queste erano ben individuabili ed il passaggio è stato graduale, attualmente come si potrebbe individuare la differenza tra l’euro “F” e l’euro “D”. Chi potrà definirne la categoria di appartenenza nel tempo? Inoltre come si determinerebbe il valore dell’Euro “D” per ciascun singolo Paese? A partire da quale criterio? Si dovrebbero stampare nuove banconote di E e di D? Non dimentichiamo che il PIL dell’Unione è circa 10 mila miliardi di Euro (USD. 12.228)  su cui il rapporto di indebitamento medio dei Paesi virtuosi è pari al 72,8% mentre quello dei Paesi PIIGS è pari ad una media del 111,32%  quindi ogni punto percentuale di interesse per questi ultimi equivale a 100 miliardi di euro. Quanto incide ciò in termini di inflazione sul valore reale? Il rapporto potrebbe essere  D/F= 1,30 e F/D= 0,7692. Però se questo rapporto può essere accettato come fisso in prima battuta, come evolverebbe in termini di svalutazione competitiva nei confronti dei Paesi virtuosi? La Germania non potrebbe più contare sulla propria competitività ottenuta in termini di minor costo dell’indebitamento in termini di CCUP (Costo del Capitale per Unità di Prodotto) e pertanto maggior incentivazione delle proprie aziende verso l’export. Anche per il calcolo del tasso di interesse compatibile con la situazione vi saranno problemi in quanto postolo al 2% per il recupero dell’inflazione come da criteri di Maastricht, quanto dovrebbe essere richiesto in aggiunta in termini di premio al rischio? Non dimentichiamo che la “ristrutturazione” del debito greco attraverso lo swap volontario, è costato agli investitori circa il 74% del valore in portafoglio. Allora come si collocherebbe?  Cosa farebbero le Agenzie di rating dato che il raggiungimento del 7% significa il default del Paese? Occorrerà allora che la banca centrale dell’euro “D” stampi moneta, jacendo daltare il rapporto fisso e paghi con moneta sempre più svalutata. Ma chi è disponibile ad accettarla in cambio e a quale parità? La BCE pertanto non potrà avere una conduzione schizofrenica per l’euro F e l’Euro D e quindi questa soluzione implicherà necessariamente  l’emissione dell’Euro “D” da parte di un’altra banca centrale e con ciò mi sembra ovvio sottolineare quanto questo “nonsense” dell’euro a due velocità, sia non solo impossibile così come è stata prospettata, ma che porti anche in maniera non graduale bensì immediata alla disintegrazione dell’Eurozona per cui è semplicemente, a mio parere da non considerare…..
Gli altri due scenari li vediamo nel prossimo post!