etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


lunedì 20 aprile 2015

I DATI, LA MANIPOLAZIONE DEL JOBS ACT E L’ETICA

 Però, signor Simplicio, venite pure con le ragioni 
e con le dimostrazioni vostre o di Aristotele,  
e non  con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno 
a essere intorno al mondo sensibile, 
e non sopra un mondo di carta. 
Galileo Galilei “Dialogo sui massimi sistemi del mondo” II




In questi giorni stiamo vivendo una polemica che a dir poco è vergognosa. Ciò che lascia perplessi è la mancanza di sdegno! Il nostro Paese si è dimenticato della propria cultura e della propria coscienza critica tanto da lasciarsi prendere in giro anche su qualcosa così importante e vitale come il lavoro. Certo che le paludi delle sabbie mobili non avvertono chi incauto vi passeggia spavaldo ed è quello che sta accadendo purtroppo a molti di noi: non si accorgono che pian piano la terra che ci stanno scavando in fondo creerà una voragine che ci inghiottirà senza neanche darci il tempo di pensare. Queste affermazioni non vogliono essere un monito, non aspiro a tanto, vorrei solo che fossero d’aiuto per una riflessione che le allinei correttamente  inquadrate nella loro giusta luce. Appare evidente come non tutti infatti comprendano l’importanza che l’esattezza dei dati riveste nella nostra realtà, non capiscano la manipolazione dell’ “angloffagine” di Renziana invenzione  Jobs Act (tra l’altro anche linguisticamente errato) ed infine non pretendano che di etica non se ne parli soltanto, ma che si faccia qualcosa di concreto in merito.
I DATI
Senza approfondire il ragionamento sull’importanza dei dati, vorrei sottolineare che nell’attuale società la conoscenza dei dati è divenuto un elemento fondamentale per prendere le decisioni quotidiane. Abbiamo bisogno dell’ora esatta, delle indicazioni meteo, delle indicazioni stradali del Tom-Tom,  dei dati di borsa, dei prezzi di mercato, delle tariffe delle utenze, di bilancio, dell’andamento del Pil, del livello dello spread, degli scioperi, della disoccupazione ecc. ma questi dati non sono soltanto numerici, nominali, reali o di proiezione, sono anche iconografici, audiometrici, psicografici, socio-economici, politici. Sono dati che divengono audiovisivi, mostrati, teletrasmessi, strillati, assertivi, prospettici ecc. Ciò che vorrei sottolineare in questa breve riflessione è l’importanza dei dati che così come presentati attraverso l’uso dei mass media impiegati, possono divenire veri pur se non lo sono.
Allora il problema su cui non sempre ci soffermiamo è capire qual è la qualità dei dati, la loro fonte, il sistema di rilevazione, il sistema di valutazione nonché il sistema di proiezione e di diffusione. Sappiamo bene che i numeri e le statistiche sono in grado di rappresentare tutto e il contrario di tutto. Pensiamo al “Pollo di Trilussa” pensiamo ai vari sistemi di valutazione percentuale basati su medie aritmetiche, medie ponderate, medie geometriche ecc. Pensiamo alle campionature effettuate dagli esperti statistici, all’errore insito nella rilevazione, all’equivocabilità del dato. Questo per quanto concerne la fonte e la rilevazione, ma pensiamo anche alla valutazione, alla discriminazione dei dati e questo è facilmente comprensibile se prendiamo due fenomeni del nostro tempo e del nostro Paese come l’evasione e la disoccupazione. Per l’evasione non esiste una valutazione della qualità del dato: se non si pagano le tasse e le imposte si è immediatamente classificati evasori e perseguitati dall’Agenzia delle Entrate attraverso quella “ghigliottina esattiva” che conosciamo come Equitalia, anche se le tasse non si sono pagate per puro incidente. Per la disoccupazione invece la qualità del dato non esiste più da qualche anno a questa parte: essendo cambiata l’origine del dato ormai la disoccupazione non è più un dato di fatto bensì un criterio soggettivo http://www.istat.it/it/archivio/8263 . Infatti  mentre fino al 2005 la posizione di occupato si faceva corrispondere più o meno alle Posizioni di Lavoro (PL)  a tempo parziale o saltuario,  rapportandole al cosiddetto Lavoro a Tempo Pieno (ULA) per cui in corrispondenza dei differenti settori gli occupati venivano valutati in base alle ore lavorate rapportate al tempo pieno. Attualmente gli Occupati sono individuati, a prescindere dal lavoro a tempo pieno, tra coloro che  con oltre 15 anni di età hanno lavorato nella settimana dell’indagine dell’ISTAT, almeno 1 ora retribuita (anche non retribuita se in azienda familiare). Quindi capite bene che se una persona lavora un’ora a settimana viene statisticamente calcolata come occupato pur in realtà lavorando soltanto 52 ore all’anno (1 ora X 52 settimane) quindi non è un occupato bensì è un disoccupato vero e a tempo pieno. Se consideriamo infatti che per un lavoro a tempo pieno e indeterminato si calcolano circa 36 ore alla settimana per cui per un anno intero, tolte le 4 settimane di ferie, si possono calcolare 36 ore x  48 settimane equivalenti ad un totale di ore lavorate, considerando l’ULA, pari a 1.728. Perciò se si sottraggono le 52 ore lavorate dalle 1.728, del lavoro a tempo pieno, si hanno 1.676  ore che divise per 36 danno circa 46,5 settimane per un equivalente periodo pari a 11,64 mesi di disoccupazione.  Ecco qui che ragionando in termini monetari possiamo definire anche il problema della povertà crescente: una persona anche guadagnando nella migliore delle ipotesi 100 euro l’ora e quindi a settimana dovrebbe poter vivere con  euro 14,30 euro al giorno!
LA MANIPOLAZIONE DEL JOBS ACT 
Il discorso della manipolazione dei dati riveniente dalla nuova legislazione introdotta e sbandierata come soluzione ottimale della disoccupazione non ha bisogno di molte dimostrazioni per capire la manipolazione dei dati effettuata per mezzo della nuova normativa. Il Premier dice che con questo provvedimento ci saranno le “tutele crescenti” vale a dire più lavoro a tempo indeterminato; che le imprese potranno assumere con più facilità; che i nuovi occupati finalmente potranno andare in banca ed ottenere un mutuo per acquistare la casa;  che l’occupazione crescerà consistentemente grazie alla nuova legge! Io non vorrei sembrare pedante però basta che ciascuno di noi si interroghi sulle suddette “castronerie” riportate in maniera “scoopistica” dalla maggior parte dei mass media, senza che, tranne rare eccezioni come Stefano Folli,  fosse fatta un’analisi critica delle parole del premier. I giornali ormai riportano “dati non veritieri”, non perché i numeri siano errati, ma solo perché strumentalmente manipolati, facendoli passare per “veritieri” attraverso la loro maniera di diffonderli, attraverso “l’ignoranza diffusa” di chi fa giornalismo riguardo alla natura delle affermazioni riportate. E l’errore di questo tipo di “stampa” da cui invito tutti i cittadini di “buona volontà” a dissociarsi manifestamente, non fa altro che alimentare il “decisionismo renziano” facendo riprecipitare, il nostro Paese,  in maniera inimmaginabile nei primi anni ’20 del secolo scorso, quando un certo decisionismo del genere, supportato da un informazione “ignorante e strumentale” in presenza di una opposizione frammentata ed inconcludente, ha creato i presupposti che hanno condotto al fatidico “Ventennio”.  Per tornare alla manipolazione del Jobs Act, pochi infatti si soffermano sulla differenza tra contratti trasformati e nuovi contratti che si riferiscono al Dlgs 23/15: accettano supinamente di credere che l’occupazione è aumentata perché lo dice il Premier! Ma una cosa sono nuovi occupati e altro è la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato a tutele crescenti. La sostanza è una sola: la precarietà resta, anzi è destinata ad aumentare. La giustificazione è nei dati, nella loro rilevazione: ottenuti dal Ministero del Lavoro rispetto a quelli Istat. Ma la realtà è che la disoccupazione continua ad aumentare e che aumenterà ancora di più nei prossimi anni dato che il comma tre dell’art. 1 di questo decreto recita: “Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.” ciò sta a significare che non ci sarà più limite alla possibilità di licenziare. Basta infatti che anche le imprese che abbiano meno di 15 dipendenti, ne assumano con la presente normativa uno più dei 15 prescritti per poter licenziare senza problemi anche quelli che assunti in precedenza godevano di un contratto a tempo indeterminato. Ecco perché l’informazione che il Premier veicola attraverso la stampa è strumentale. Così come lo è quella relativa alla cosiddetta “fuga dei cervelli” che il Premier, dalla visita negli USA spaccia come “diritto di chiunque di andare a coronare i propri sogni all’estero!” Come si fa a non capire che questa è una “Matteata”!! I cervelli in fuga non sono altro che la nuova categoria degli “emigranti italiani del nostro tempo”. Non vanno all’estero per libera scelta, ma semplicemente perché qui non c’è lavoro per loro! I nostri emigranti contadini sono stati sostituiti dopo un secolo da emigranti laureati a pieni voti, ma pur sempre emigranti! E il Premier invece di prendersi le responsabilità per la propria incapacità di creare spazi occupazionali di eccellenza per questi cervelli, “ciurla nel manico” respingendo responsabilità che sono solo sue. Chi vuole governare non può dirsi fuori semplicemente perché ne è incapace. Si badi bene però, non incapace perché “diversamente abile” altrimenti mi guarderei bene da tale affermazione, ma incapace, perché “politicamente ignorante” vale a dire senza retroterra politico, senza capacità organizzative a livello di cultura politica, senza una squadra capace di esprimere le soluzioni giuste per il Paese. Tutti i problemi derivanti dagli appalti e corruzioni varie lui asserisce di risolverli a) maledicendo i Gufi; b) mettendo più seri controlli; c) decidendo secondo la sua testa! Questa non è politica, però è una situazione molto pericolosa perché l’inconcludenza politica dell’opposizione sposandosi con il decisionismo mirato di chi pensa di poter governare “decidendo a prescindere”, se non ci si rende conto in fretta, porterà attraverso l’Italicum alla creazione di una sola Camera legislativa, asservita, grazie alla maggioranza ottenuta con un premio, al Premier, che farà le leggi non più “ad personam” bensì più pericolosamente potremmo dire maccheronicamente  “ad Partitum” generando quella impositività normativa non più mediata da un senato, come nell’attuale  “bicameralismo perfetto” ma senza possibilità di replica! E il dato è che i mass media riporteranno le parole del Premier diffondendo supinamente che “le decisioni servono alle riforme e che sono funzionali al cambiamento!”
L’ETICA
Per concludere vorrei che ci domandassimo: dov’è l’etica pubblica? Dove sono i presupposti di un’economia dello sviluppo? Dove sono coloro che potrebbero declinare l’etica anche in politica e che sappiano distinguere la veridicità dei dati? Perché l’attuale Premier ed i suoi ministri non sono in grado di creare posti di lavoro e continuano a fare “partite di giro”? Sappiamo che il Premier ha dato 80 euro in busta paga  a qualcuno, ma sappiamo anche che altri si son visti defalcare le pensioni nei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile di un importo complessivo pari a circa 1200 euro. Come mai? Come mai sta facendo così anche l’attuale presidente dell’INPS e che forte della sua Lobby sta inventando, senza ricordarsi che le leggi dello stato sono quelle che creano i comportamenti e che i cittadini che le hanno subite non devono essere vessati, pur se hanno ottenuto dei privilegi. I diritti acquisiti ed imposti per legge non possono essere cancellati perché coloro che vengono dopo non sanno risolvere i problemi. La solidarietà non passa per il taglio alle pensioni, bensì per la creazione di ricchezza da parte di chi ha la capacità di farlo in termini di governo e dirigenza.  Il diritto è tale perché vi sia certezza. Le leggi non possono cambiare gli status delle persone, semplicemente perché vi sono degli “incapaci” chiamati a dirigere il Paese. In Italia abbiamo visto che i professori, molto bravi quando sono in Facoltà di Università rinomate, poi all’atto pratico messi di fronte alla realtà si rivelano  incapaci di gestirla e tanto per non fare nomi basta tornare ai danni creati dal Governo Monti che ora ci troviamo a fronteggiare non solo sotto il profilo economico, ma anche politico con l’avvento di questa squadra di governo e sociale determinato da una dilagante corruzione unita a disoccupazione e disinteresse per lo sviluppo del Paese.  Così, tornando al prof. Boeri, come può tale alto dirigente INPS inventarsi un taglio delle pensioni  prendendo a riferimento la differenza tra retributivo e contributivo, quando ad imporre il retributivo ed il sistema pensionistico era una legge? Come poteva un lavoratore fare i versamenti con un sistema contributivo che, anche se lo avesse voluto, era impossibile perché legalmente inesistente? Ed ora come può tale Presidente, anche docente del lavoro suggerire tale soluzione ben sapendo che le pensioni che darebbero un senso al taglio che egli suggerisce non sono certo quelle della fascia dei 5 mila euro mensili in su, ma  sono quelle della fascia media che anche se nominalmente hanno un valore di 3.000 euro in realtà come potere d’acquisto ne hanno  solo 1.800 se basta? Se le persone sono andate in pensione con un certo importo ed hanno preso impegni contando su quell’importo, stabilito per legge, ora come può qualcuno pensare di fare tabula rasa di quei diritti e di quelle obbligazioni? Ma il prof. Tito Boeri, che una volta scriveva su www.lavoce.info , registrando con serietà le distorsioni del sistema, perché ora invece di fare demagogia non fa uno studio sui dati oggettivi a sua disposizione per chiedere al governo di creare posti di lavoro per permettere il pagamento delle pensioni invece di dare al Premier, non voglio credere per dovere di riconoscenza per la carica ricevuta con i relativi benefici, indicazioni su come creare posti di lavoro come il sottoscritto ha fatto sulle pagine di questo Blog? La sua proposta è semplicemente immorale e fondata probabilmente su una “sindrome di onnipotenza”. Per fortuna che è intervenuto il ministro Poletti a mitigare quanto suggerito dal suddetto “luminare”  http://www.avvenire.it/Economia/Pagine/Pensioni-nessun-taglio-Poletti-corregge-Boeri-.aspx con la sua proposta per il ricalcolo delle pensioni con una sforbiciata ai trattamenti più alti quantificati con il sistema retributivo e superiore ai contributi che effettivamente sono stati versati, altrimenti si rischierebbe di abbassare ancora di più il livello di povertà in cui versano i pensionati italiani appartenenti al ceto medio. Di fronte a questa realtà come si può ritenere che le mire e gli intenti di questa proposta siano etici e non strumentali? La domanda sorge spontanea proprio perché chi propone le soluzioni è un tecnico ed un tecnico sa bene che le partite di giro servono solo a quadrare la contabilità e non a creare sviluppo e allora? Quali sono i dati? Quali sono le leggi? E soprattutto qual è l’etica che sottende queste idee? Credo che pian pianino dopo “l’etica personale” delle mazzette e degli appalti se ne stia affermando una ancora più perniciosa “l’etica di facciata a salvaguardia della poltrona ottenuta” e questo può essere letto bene nelle parole dell’attuale Presidente INPS: “Una proposta organica per la riforma pensioni, che prevede sì più flessibilità in uscita per la pensione anticipata, ma anche il ricalcolo delle pensioni con una sforbiciata ai trattamenti più alti quantificati con il sistema retributivo e superiore ai contributi che effettivamente sono stati versati perché si ritiene necessario ricostituire il patto intergenerazionale magari attraverso un prelievo sulle pensioni più alte".  Vi sembra Etica questa?