etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


lunedì 8 settembre 2014

L’ETICA E LA POLITICA TRA IDEA E REALTA’

La realtà è più importante dell’idea
Esiste anche una tensione bipolare tra l’idea e la realtà. La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. È pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma. Da qui si desume che occorre postulare un terzo principio: la realtà è superiore all’idea. Questo implica di evitare diverse forme di occultamento della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza saggezza.
L’idea – le elaborazioni concettuali – è in funzione del cogliere, comprendere e dirigere la realtà. L’idea staccata dalla realtà origina idealismi e nominalismi inefficaci, che al massimo classificano o definiscono, ma non coinvolgono. Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento.
Bisogna passare dal nominalismo formale all’oggettività armoniosa. Diversamente si manipola la verità, così come si sostituisce la ginnastica con la cosmesi.185 Vi sono politici – e anche dirigenti religiosi – che si domandano perché il popolo non li comprende e non li segue, se le loro proposte sono così logiche e chiare. Probabilmente è perché si sono collocati nel regno delle pure idee e hanno ridotto la politica o la fede alla retorica. Altri hanno dimenticato la semplicità e hanno importato dall’esterno una razionalità estranea alla gente.
papa Francesco Evangelii Gaudium n. 231 e n.232.





L’ETICA
I fatti di questi giorni, soprattutto quelli concernenti i discorsi sui massimi sistemi, (ad eccezione di Piercamillo Davigo) fatti a Cernobbio ed alla Festa dell’Unità di Bologna da diversi esponenti del mondo della politica e dell’economia, mi hanno lasciato molto perplesso. Non che sia ancora illuso che questo Paese abbia la possibilità di cambiare sulle chiacchiere; sono disincantato e per questo convinto che occorre veramente un grande sforzo di volontà democratica per ricostruire su dati di fatto oggettivi, questo popolo italiano dalle sue fondamenta. Si, purtroppo le prassi attualmente in atto vedono l’interesse  rivolto al solo scoop mediatico e non portano a nulla di concreto. Siamo un popolo che non esiste in termini sociali, in cui l’idea condivisa della fraternità, della solidarietà, della giustizia e men che meno del concetto vero di pace, come base essenziale allo sviluppo, non esistono. Ecco perché vorrei oggi prendere in considerazione uno di quei quattro principi, riportati da papa Francesco, su cui confliggono tutte le realtà sociali di ogni tempo e che come dice “costituiscono « il primo e fondamentale parametro di riferimento per l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali ». E’ importante rifletterci su perché la loro forza consiste nella capacità di orientamento allo sviluppo ed alla convivenza sociale che rappresentano i pilastri su cui si costruisce la cultura  identitaria di un popolo. Ma non solo,  la loro interiorizzazione da parte di tutti coloro che hanno incarichi di dirigenza, sociale, politica o economica e con questo vorrei mettere all’interno del discorso anche padri e madri di famiglia latitanti sotto il profilo della loro oggettiva responsabilità, determinerebbe quel salto di paradigma culturale a livello etico che molti invocano a parole, ma ben pochi perseguono nei fatti.

LA REALTA’ E’ PIU’ IMPORTANTE DELL’IDEA
Come al solito basta aprire il Corriere della Sera per rendersi conto della situazione. L’editoriale di Antonio Polito ne stigmatizza il primo punto: la distanza fra le chiacchiere e la realtà. Lo fa riferito al premier Matteo Renzi che mette sempre più in evidenza la sua diligenza nell’aver studiato alla scuola di Berlusconi. Mutatis mutandis tutto resta com’era prima.  Ciò che rileva molto bene l’Editorialista in primis è spiegato proprio  nel titolo in cui si nota l’analogia con il movimento della “lumaca” vale a dire “un centimetro e mille giorni” e questa affermazione rappresenta un altro principio cioè il primo di quei quattro, di cui parleremo una prossima volta ossia che “il tempo è superiore allo spazio”! Nella mia odierna riflessione invece vorrei mettere in evidenza il terzo principio  e cioè che “la realtà è più importante dell’idea”.  Ma questo principio per i politici dal carattere “parolaio” e mediatico come chi ci ha governato negli ultimi trascorsi vent’anni, resta un non senso, una frase appartenente ad un'altra lingua, un principio di fronte al quale si resta del tutto indifferenti.
La testimonianza di tutto ciò, tornando all’articolista, la troviamo nella frase “E in effetti finora, nei duecento giorni già passati, l’azione di governo non ha dato i frutti sperati, come lo stesso Ministro Padoan ha riconosciuto”.


L’IDEA
Ecco delinearsi come il principio citato non tocchi assolutamente il Premier: "Gli 80 euro sono un'idea di civiltà: l'idea che chi ha sempre pagato si vede restituito qualcosa. E' un atto di giustizia sociale più che una misura economica". Lo ha detto il premier Matteo Renzi chiudendo la Festa dell'Unità a Bologna. Ma mi domando, il Premier sa che la giustizia sociale passa per lo sviluppo? Il Premier sa che ha tante di quelle opportunità vere da cogliere senza bisogno di correre dietro alle riforme “ideali” anche se apprezzabili, come quella del senato. A parte l’effetto annuncio le riforme non sembrano né avere luogo, né dare risultati concreti. Infatti il problema è proprio che per “L’idea di civiltà” la gente continua a trovarsi in una realtà di indigenza! La riforma del lavoro non deve partire dalla riforma dello Statuto dei lavoratori, bensì dalle nuove opportunità di lavoro proposte ed individuate. Ma dove sono? Perché continuare a parlare di cambiamento dello Statuto dei lavoratori invece di  creare nuovi posti che cambierebbero essi stessi in automatico e in maniera funzionale, al di là delle posizioni sindacali, le regole dello Statuto? Neanche per l’inglese può essere accettato, infatti alcuni nostri politici e giornalisti, continuano a parlare di jobs act, quando in inglese la parola aggettivata anche se plurale perde la s! Ma diciamo le cose in italiano e non prendiamo le idee da twitter e dall’inglese. Grazie a dio la nostra lingua continua a permanere uno dei più begli idiomi esistenti nel mondo!

UNA PARTITA DI GIRO
Gli 80 euro avrebbero avuto un senso se poi ordinati ad un cambiamento di marcia. Invece che cosa fa questa “idea di civiltà” toglie i soldi da una tasca per trasferirli in un’altra senza alcun valore aggiunto. Così dicasi dei tagli alle pensioni. Infatti qual è il risultato? Che gli 80 euro dati ad alcune categorie comportano il blocco dello stipendio di altre, che però non devono lamentarsi. Non devono esserci “gufi” del malaugurio a contrastare le decisioni del Governo! Così sarà anche per la riforma del terzo settore, con i bond di solidarietà, il 5 per mille stabile,  il servizio civile triennale e all’estero, gli immobili non utilizzati e quelli confiscati alla criminalità ecc., tutte realtà che non hanno alcuna base di investimento, ma si muovono sulle cosiddette “partite di giro”. Il Premier non sa che la revisione della spesa passa per la via degli investimenti divisi tra produttivi ed improduttivi; tra spesa corrente e spesa per investimenti; tra investimenti a breve, medio e lungo termine che abbiano però entrambe ben individuati i canoni di ritorno economico e di impatto sociale in termini di settori di progettualità ben definiti. Non sarà anche per questo che girano voci di “resa” da parte dell’innovativo ministro Cottarelli?  E poi che dire? Del fatto che sia più facile costituire un’impresa in Polinesia che in Italia? Il Premier non sa che l’impresa è un bene d’ordine e va considerata come tale e non già svilita come ha fatto il precedente governo con l’impresa da “un euro”! E per i giovani per giunta! Ma questi governi invece di tuonare solo sui boiardi dei passati regimi, e a ragione, imparino però a prendere quanto di buono questi avevano fatto come la famosa legge De Vito, conosciuta come “la 44”.

UN MINISTRO GOVERNA NON FA AFFERMAZIONI
Il premier non si è reso conto della grave affermazione fatta a Cernobbio dal suo ministro Federica Guidi che “le aziende non hanno più un portafoglio utili a sei mesi, ma a sei giorni”? Ma il ministro che ci sta a fare? L’idea prevale sempre sulla realtà.  Il premier sa che cosa significa “esportazioni”? Sa che significa “turismo” e perché si privilegiano, se ce ne sono, idee “ideologiche”,  dimenticando la realtà dei fatti? Le elucubrazioni mentali non servono a niente. Il Premier non può continuare a pensare di vincere di nuovo le prossime elezioni solo perché non ci sono alternative. Il Premier deve cominciare a pensare che questo suo comportamento che potremmo chiamare di “idealpolitik” porterà prima o poi allo sfascio del Paese. I tagli lineari, la mancata attuazione di nuovi obiettivi di politica-economica, la mancata azione di richiamo verso banche e assicurazioni, la mancata gestione del valore dell’euro, lasciato in balia delle banche, degli speculatori e purtroppo al solo seppur efficientissimo  Mario Draghi, che però per nostra fortuna, privilegia la realtà rispetto all’idea, lasciano prevedere guai sociali in arrivo che il “Premier che ci mette la faccia” dimostra non solo di non capire, anticipare o saper come mitigare perché anche questa “faccia” non è reale, bensì un’idea che si cambia quando si vuole. D’altronde anch’egli è cresciuto in una scuola partitica che dice: la politica si sa che è fatta così!  Ciò che lascia a desiderare è i suoi trascorsi Scout, dove, chi li conosce sa bene che  la realtà è sempre stata la cosa primaria da gestire con la responsabilità nei confronti della Sestiglia, del Reparto, del Clan e del Gruppo!

LA REALTA’
Andiamo ora ad osservare la realtà invece che l’idea: L’accusa di Davigo, a Cernobbio è che “l’emergenza forte è la corruzione” e questo governo, non ha fatto nulla in termini di riforme, se non mettere una stimatissima persona come Raffaele Cantone a Presidente dell’anticorruzione addetto  al controllo dell’Expo’ di Milano, delle attività del Mose ecc., lasciandolo solo però e senza dargli utili strumenti oltre alla tradizionale collaborazione della Guardia di Finanza! La voce forte di quest’ultimo si è levata a Cernobbio non solo per rilevare che “dagli anni 90 per la lotta alla corruzione non si è fatto nulla” ma anche per sottolineare che : “Gli imprenditori corrotti sono come quelli collusi con la mafia, Confindustria li cacci”.  La stessa cosa dicasi per la situazione della magistratura, della volontà di abolire l’azione penale obbligatoria, del voler ricondurre l’azione del magistrato sotto il controllo politico…per evitarne la corruzione! Altra realtà che deve essere affrontata, anche se messa in evidenza in maniera rude da Marchionne è il fatto che la Ferrari non vince da sei anni e allora? Il management sembra ricalcare quello che avviene per Alitalia, per le Ferrovie dello stato e guarda caso anche per la Società che gestisce Italo il cui fondatore è proprio il buon Montezemolo! L’altra realtà è la forza brutale dell’ISIS  e di Mosca che trovano il Premier come importante interlocutore in qualità di presidente protempore della Comunità Europea…..l’idea della pace in questo caso è soverchiata dalla nostra attività di chi ci reputa quarto o quinto o ottavo produttore di armi nel mondo: gli articoli “Made in Italy” più venduti:  carri armati, aerei, elicotteri, navi, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa (venduti ai corpi di Polizia di Spagna, Romania, Brasile, Bangladesh, fra gli altri).  L’azienda più forte: Finmeccanica (9º posto nella produzione mondiale di armi) e le sue filiali: Agusta Westland, Alenia Aeronautica, Selex, Mbda. [Vedi la Relazione della Camera dei Deputati per l'elenco completo delle aziende coinvolte] e quindi…..un’altra realtà che il Premier non vede, ma che diviene sempre più pesante è rappresentata dalla xenofobia: a Pratola Peligna sono   state formate, nell’Istituto comprensivo “Gabriele Tedeschi”, due classi  esclusive per soli italiani..e gli altri? Emarginati in sezione B! Un’altra realtà è l’aumento degli imprenditori stranieri nel manifatturiero italiano dal 2009 sono  + 15% cinesi (17.847) e + 3,8% (42.806) altri stranieri….La domanda sorge spontanea ma……. gli italiani? Un ultima realtà che viene messa in rilievo dal Corriere della sera è la prassi delle frodi e dei raggiri messi in atto nel nostro Paese con falsi incidenti, falsi contratti che creano truffe alle assicurazioni e agli assicurati, agli anziani raggirati dalle società di erogazione di energia con i cambi di utenza, dalle banche con prodotti tossici, falsi contratti d’affitto per prendere la caparra e sparire. Per non parlare dell’aumento del gioco d’azzardo  nei bar ed on line, sempre più incentivati visto che con i proventi si aiuta l’arte e nel contempo si permette al PIL di crescere!!

LE SOLUZIONI
Ma qual è la scala delle realtà da affrontare? A mio avviso la netta corrispondenza tra valore dell’Euro e prezzi relativi; in secondo luogo la soluzione del problema del debito pubblico; in terzo luogo la ripresa di investimenti produttivi sul territorio ed il ritorno alla distribuzione delle terre supportato da programmi di formazione mirati; la ripresa degli investimenti produttivi sul territorio; l’avvio di nuove campagne di credito per l’attività imprenditoriale, della rivitalizzazione dei trasporti come servizio pubblico essenziale; l’avvio di programmi di edilizia popolare (seria e non come quella dei palazzinari degli anni 80 dei complessi di Corviale e di laurentino 38 o di Tor Bella Monaca) a riscatto; con privilegio della formazione artigianale e del recupero dell’ambiente  anche per mezzo di un turismo ricettivo pianificato tramite incentivi a chi all’estero è interessato alla nostra cultura, alla nostra gastronomia, alle nostre bellezze naturali e perché no anche alla nostra storia ed alle nostre tradizioni. Questa è la realtà superiore all’idea. Non sono chiacchiere ed il Premier è bene che ci pensi prima che la situazione precipiti facendogli “perdere la faccia” se anche questa non era una “idea di facciata”.  

lunedì 4 agosto 2014

ETICA, COSTITUZIONE E LEGGE ELETTORALE

….Il fondamento delle nostre leggi mirava  a questo, a che i cittadini siano quanto più possibile felici ed in sommo grado reciprocamente concordi; ma dei cittadini non potrebbero mai essere concordi, laddove tra di loro vi fossero [d] molte liti giudiziarie e molte ingiustizie, ma laddove esse fossero quantomeno grandi e meno numerose possibile. Diciamo dunque che nella città non deve esserci né oro né argento, e neppure grande possibilità di arricchirsi con un turpe mestiere e con l’usura né con turpi guadagni legati alla vendita del bestiame, ma solo ciò che l’agricoltura dà e produce e di questo quanto non costringerà chi lo raccoglie a trascurare il fine che hanno per natura le ricchezze; questo è l’anima e il corpo, che senza la ginnastica e [e] il resto dell’educazione non sarebbero mai degni di considerazione. Perciò dunque più di una volta abbiamo detto (Cfr. I 631c; III 697b; V 728e sgg.) che la cura delle ricchezze va stimata come ultima; essendo infatti tre tutti i beni per cui ogni uomo si dà pensiero, ultimo e terzo viene il pensiero della ricchezza, se è giustamente orientato, secondo viene quello del corpo, primo quello dell’anima. In particolare se la costituzione che ora stiamo delineando assegna in questo modo gli onori, è stata redatta correttamente. Se invece una delle leggi ivi stabilite [744a] palesemente tributerà nella città un maggior onore alla salute più che alla saggia temperanza, o alla ricchezza più che alla salute e alla vita temperata, sarà evidentemente mal stabilita. Ebbene il legislatore deve spesso chiarire questo a se stesso. Chiedendosi «che cosa intendo fare?» e «Vado diritto all’obiettivo o manco lo scopo?». E così forse egli stesso verrà a capo della sua legislazione e alleggerirà gli altri; ma in nessun altro modo ci riuscirebbe…..PLATONE “Le Leggi”  Ed. BUR, Libro V 743 d,e; 744a, pp.- 439-441


ETICA

Tutti ci rendiamo conto che le linee più segmentate del nostro tempo sono rappresentate da macrotendenze economiche e sociali che seppur legittime risultano politicamente mal concepite.  Siamo tutti d’accordo a voler cercare di contrastare questa situazione di “confusione collettiva” in cui la ricerca di modi di esistenza e di svago sempre più sofisticati ci impongono di vendere la nostra coscienza al miglior offerente di chimere.  Sentiamo tutti il grido piuttosto lancinante e diffuso per la rivendicazione di un potere più largamente condiviso per il diritto a intervenire in maniera più incisiva sui meccanismi della sanità e della giustizia. Però nessuno sembra volersi realmente muovere. Non tutti siamo d’accordo sulle forme ormai consolidate di natura pedagogica che assecondino, strumentalizzandola, la crescita globale della personalità dell’adolescente senza punti di riferimento assiologici. Però la moda dell’indifferenza e del relativismo etico è il filo conduttore di tutti i percorsi formativi. Tutti osserviamo con differente livello di percezione la perniciosità di guardare all’aspirazione estetica e ad un uso del corpo non tanto perché sia in sintonia con l’ambiente, quanto più per la ricerca di un estremo consenso estetico e mediatico: un corpo volutamente “bello” palestrato, siliconato o intriso di botulino pur di farne risaltare la perfezione estetica voluta, minacciata dall’adipe, dalle rughe o dalla magrezza dei seni o dalle visione rinsecchita delle labbra. Non più vecchiaia e saggezza, ma perenne e spensierata gioventù, manifestata con eccessi di entusiasmo e di esibizionismo, da chi sentendo che la vita sta passando non sa accettare i propri limiti storici rendendosi ignaramente ridicolo agli occhi chi lo osserva con curiosità.  Comunque chi cerca di porsi contro tali  stili di vita viene additato come “moralista” come colui che inconscio della realtà e del tributo da pagare al progresso vuole  pietrificare lo sviluppo sociale solo perché ne reclama una misura più umana e ragionevole. In tale contesto ciò che appare evidente è che la complessità del problema della libertà del volere, si scontra con la superficialità dell’omologazione globale. L’etica imporrebbe una riflessione più profonda sul problema della liceità delle nostre azioni, vale a dire se ci è lecito di fare ciò che noi vogliamo o vorremmo fare, al di là delle conseguenze soggettivamente percepite. Certo si tratta di una analisi più profonda del proprio stato di libertà è esattamente assimilabile alla liceità del fare o non fare, senza rendersi conto che a volte il non fare è peggiore del primo.  Basta pensare alla cosiddetta omissione, all’omertà, alla mancata rivendicazione o reazione tendente a definire la propria posizione.  Il concetto  etico di libertà origina dall’ammissione che tutte le nostre azioni siano condizionate o meglio determinate, sia dal movente dei sensi che dai motivi più complessi della ragione. Ciò che ci muove in senso etico sono le passioni e le emozioni così come la coscienza razionale informata dalla dimensione morale delle responsabilità implicite. Detto questo andiamo ad osservare come questa dimensione etica sta coinvolgendo la vita legislativa del nostro Paese.

LA COSTITUZIONE

Senza fare la storia della nostra costituzione vorrei solo esprimere una considerazione importante e cioè che la costituzione essendo una legge fondamentale dovrebbe tendere al massimo della perfezione in termini di elaborazione, di aspirazioni nelle relazione umane, da essere considerata quasi immutabile. Se i principi fondamentali e l’organizzazione conseguente sono improntate sulla perfezione che deve regolare i rapporti della società, allora l’impulso al cambiamento è un impulso che va seriamente valutato. Il cambiamento sappiamo che è necessario come forza operante per il raggiungimento di un fine al quale si giunge per via dinamica, ma se tale fine si discosta dai principi che ne hanno determinato la nascita allora il mutamento è da temere perché rappresenta un processo di degenerazione e di corruzione progressivo che seppur presentato come migliore necessità esistente al momento, rappresenta una deriva pericolosa che coinvolge rischiosamente gli uomini e la loro società che li sospinge verso il baratro della palude anarchica. Le regole e le leggi sono la base del vivere civile, l’etica come coscienza del rispetto delle regole ne diviene l’essenza a livello umano. La società che non sa darsi leggi per il proprio bene comune è una società costretta a subire da inerme le imposizioni e le avversità della storia. Forse questo tono può sembrare molto perentorio, ma pensiamo ai problemi veri che scaturiscono dal voler cambiare la nostra costituzione e al clima di confusione che già stiamo vivendo. Innanzitutto ricordiamo che la nostra costituzione al momento della sua formulazione, è stata pensata, elaborata e definita in un concorde consenso di umanità da tutti coloro che abbiamo chiamato “padri costituenti” e che avevano un progetto sociale da raggiungere. Oggi il cambiamento della nostra carta si basa su slogan, su imposizioni di tresche partitiche pilotate da do ut des, da interessi occulti e striscianti che ne hanno già, nelle modifiche al titolo V della seconda parte della costituzione il 18 ottobre 2001 e quella del pareggio di bilancio introdotto il 20 aprile 2012, deformato i lineamenti di bene comune propriamente inteso e il suo fine primario. Questi cambiamenti minano l’unità  della nazione e la dimensione di bene pubblico dello stato. Ora non sappiamo dove si andrà a parare. Quelli che stanno cambiando la nostra legge fondamentale non possono certo chiamarsi “padri costituenti” mancando di un retroterra politico serio e veritiero sostituito da un interesse partitico fazioso ed economicamente mirato a fini  di profitto e a giochi di potere. Questi parvenu della politica ragionano su bicameralismo perfetto, su rappresentanti eletti o non eletti, non con finalità politica, ma secondo la percezione dei loro interessi, mentre il bene del Paese è lasciato a se stesso. Una legge costituzionale ha bisogno di un popolo che parli la stessa lingua e i cui rappresentati si sentano impegnati ad esprimere il meglio del meglio possibile e non a farsi la guerra per mantenere o far saltare delle poltrone. Forse i padri costituenti nell’ideare il parlamento così come da sempre lo conosciamo cercavano la maniera migliore di creare un organismo che garantisse la migliore formazione delle leggi e pertanto le leggi migliori. La struttura democratica del paese, concepita ed espressa nella nostra costituzione, resta, a dispetto di chiunque non lo voglia per propri motivi riconoscere, la migliore e la maggior garanzia di equilibrio di gestione democratica dello stato moderno. Non se ne abbiano gli statunitensi! Non abbiamo bisogno di guardare al presidenzialismo o ai sistemi degli altri, non abbiamo bisogno di rifarci ai loro modelli, ma siamo noi il miglior modello per loro. La nostra è una cultura fatta di etica e di leggi. La nostra storia forse è la più completa in termini di esperienza di forme di struttura dello stato. Noi siamo il paese delle XII Tavole che elaborate dai decenveri legibus scribundis, furono, non solo la prima forma di diritto scritto ed una garanzia per i plebei, ma divennero patrimonio culturale di tutti i cittadini romani chiamati a conoscerle comma per comma e del mondo a venire.  Siamo il paese di Giustiniano che in un impero vastissimo rivede un sistema costituzionale e legislativo inquinato dalla miriade di modifiche introdotte dai diversi governanti per interessi di parte e crea il Nuovo Codice Giustinianeo, le Pandette ed il manuale scolastico Istituzioni, ma non solo, perché oltre a far tradurre in lingua greca le Novellae costitutiones pensò già allora a fare gli aggiornamenti semestrali del Codex ed eravamo nel 565 d.c.! La magna Charta di Giovanni Senza Terra e Napoleone con i suoi codici non fecero altro che proseguire su questa linea. Come possiamo accettare una revisione costituzionale nella maniera che i mass-media ci riportano?

LA LEGGE ELETTORALE

Riguardo alla legge elettorale non voglio entrare nel merito, televisione e giornali ci riempiono tutti i giorni di notizie relative ai compromessi su composizione delle camere, abolizione del senato, preferenze no, preferenze si e via dicendo. Ciò che vorrei sottolineare in proposito è che innanzitutto la legge elettorale non è il fine bensì uno strumento. La proporzionalità è il rispetto della democrazia e le preferenze sono una scelta necessaria per il suo rispetto. Se poi qualcuno vuole una sola camera in sede legislativa, un senato di eletti o non eletti, se un altro  vuole le preferenze, se uno vuole la lista uninominale ecc. ciò significa che manca il concetto di ciò che significa il rispetto della democrazia garantito dalla volontà di fare il bene comune. Qui si evince sempre più che gli accordi di partito fanno premio sulla linearità democratica. Non si pensa alle garanzie dei ruoli, si parla di immunità parlamentare intendendola invece come impunità penale procurata dai voti ottenuti. Si parla di preferenze scambiandole per voto di scambio, si parla, in caso di reintroduzione delle preferenze, di difficoltà future espresse da Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di Domenica 3/8, grazie alla nuova legge anticorruzione della Severino, di mantenere un parlamento scevro da avvisi di garanzia per connivenze mafiose ecc. Ma allora? di che cosa vogliamo parlare? Confondiamo l’oggetto con il soggetto, il mezzo con il fine? Alla base ci deve essere una rinnovata visione etica della politica e gli strumenti per organizzarne le strutture sono molto semplici, bastano alcune regole condivise, rappresentati non solo dalla correttezza di coloro che concorrono per dedicarsi alla vita politica e amministrativa con il coinvolgimento responsabile del partito nella scelta di questi uomini pena l’esclusione dalla corsa elettorale ed il pagamento di penali in caso di corruzione o concussione anche non ancora definitivamente accertata, ma pure dalla necessità di rispettare tutti i raggruppamenti partitici in termini costituzionali tornando alla proporzionalità effettiva per il rispetto delle minoranze, con un voto di preferenza che sia garantito dalla visibilità e pubblicizzazione del programma del singolo candidato e dal capo lista,  sul quale fondare le coalizioni prima della fase elettiva, con una presa di responsabilità sulla base di un codice etico che contempli situazione personale, situazione patrimoniale ex ante e ex post, sulla missione del mandato legata alla singola competenza vagliata nella lista e soprattutto l’impossibilità di ricandidarsi per lo stesso mandato parlamentare. In tal modo non solo i partiti dovranno scegliere di preparare i propri candidati a ricoprire la carica, ma dovranno, essendo garanti, stare attenti ai loro comportamenti e magari perché no, attuare una metodologia di certificazione etica che il Comitato da 10 anni, instancabilmente propone anche alla classe politico amministrativa ed i cui passi sono: 1) competenza professionale; 2) conoscenza dei limiti etici della professione; 3) trasparenza; 4) censura sociale. Se si attuasse questa metodologia manifestata dalla presa di coscienza  in un codice etico e controllata da un Comitato etico esterno non autoreferenziale, certo le cose non cambierebbero subito…ma si potrà ipotizzare, a ragion veduta, seppur lentamente una vera inversione di tendenza.

lunedì 14 luglio 2014

ETICA E CULTURA MAFIOSA DELL’INCHINO

…..Vennero i carabinieri, il maresciallo nero di barba e di sonno. L'apparire dei carabinieri squillò come allarme nel letargo dei viaggiatori: e dietro al bigliettaio, dall'altro sportello che l'autista aveva lasciato aperto, cominciarono a scendere. In apparente indolenza, voltandosi indietro come a cercare la distanza giusta per ammirare i campanili, si allontanavano verso i margini della piazza e, dopo un ultimo sguardo, svicolavano. Di quella lenta raggera di fuga il maresciallo e i carabinieri non si accorgevano. Intorno al morto stavano ora una cinquantina di persone, gli operai di un cantiere-scuola ai quali non pareva vero di aver trovato un argomento cosí grosso da trascinare nell'ozio delle otto ore. Il maresciallo ordinò ai carabinieri di fare sgombrare la piazza e di far risalire i viaggiatori sull'autobus: e i carabinieri cominciarono a spingere i curiosi verso le strade che intorno alla piazza si aprivano, spingevano e chiedevano ai viaggiatori di andare a riprendere il loro posto sull'autobus. Quando la piazza fu vuota, vuoto era anche l'autobus; solo l'autista e il bigliettaio restavano.
- E che - domandò il maresciallo all'autista - non viaggiava nessuno oggi?
- Qualcuno c'era - rispose l'autista con faccia smemorata.
- Qualcuno - disse il maresciallo - vuol dire quattro cinque sei persone: io non ho mai visto questo autobus partire, che ci fosse un solo posto vuoto.
- Non so - disse l'autista, tutto spremuto nello sforzo di ricordare - non so: qualcuno, dico, cosí per dire; certo non erano cinque o sei, erano di piú, forse l'autobus era pieno... Io non guardo mai la gente che c'è: mi infilo al mio posto e via... Solo la strada guardo, mi pagano per guardare la strada…..
Leonardo Sciascia: Il giorno della Civetta pag.1


Dire che i fatti di Oppido Mamertina e di San Procopio siano sconvolgenti è come dire che in estate fa caldo. Infatti ritengo che nessuno si senta veramente colpito, anche se i mass media hanno messo un po’ più in rilievo del solito l’accaduto. Anche se il Vescovo Milito ha assunto una posizione che dice “drastica” promettendo energici provvedimenti, ma solo dopo l’analisi dei fatti. Anche se il Sindaco di San Procopio afferma al telegiornale che “dopo i fatti di Oppido Mamertina vi pare che si faceva l’inchino? San Procopio non si inchina a nessuno!” non ci sono state reazioni veramente immediate ed incisive. Ma perché? Come si spiega? Queste storie evidenziano nella loro emblematicità la situazione dell’Italia. Ciò che è successo ad Oppido Mamertina, e a San Procopio, succede tutti i giorni in qualsiasi posto ed in qualsiasi città o luogo che si chiami Italia. Perché? Perché da noi esistono i cosiddetti “uomini di rispetto”, vale a dire quelli a cui si deve qualcosa, ma non solo in termini materiali come la riconoscenza per una raccomandazione o un sostegno fisico, ma anche per la sola idea di “protezione” che suscitano: vale a dire che l’inchino si fa per ricordare all’uomo di rispetto che in caso di bisogno…….può intervenire. Ecco allora che l’inchino diviene naturale, come segno di rispetto da un lato e come monito, a chi lo osserva dall’esterno, dall’altro. Quanto dico vale anche per quelli che come il Comandante Schettino, hanno voluto fare un inchino che è costato la vita a diverse persone. Non c’è posto per l’etica in siffatta visione del rispetto. Quest’amara considerazione non deriva da una generalizzazione, ma da qualcosa che ho vissuto, vivo e viviamo tutti i giorni nelle nostre realtà anche quelle più piccole. Basta ricordare il detto “non si muove foglia che dio non voglia” per spiegare la cultura mafiosa dell’inchino e del “rispetto”, che attanaglia i nostri comportamenti. In fin dei conti anche nei Promessi sposi, Renzo fa l’inchino davanti all’Azzeccagarbugli recandogli i due capponi. Ma quello che vorrei qui richiamare non è la condanna della criminalità mafiosa, che grazie a dio ancora è sentita dalla maggioranza. Quello che vorrei condannare invece è la cultura mafiosa della necessità di “protezione” che guida i nostri comportamenti nel momento che abbiamo una necessità o un preciso interesse da soddisfare. Purtroppo non sempre si riesce a far capire alle persone la differenza tra comportamento onesto e comportamento mafioso, ma questo è normale perché non c’è nessuno che lo insegna. Anche in politica si parla di “clientela” e non si parla di mafia che quando si ha a che fare con fatti criminosi. In realtà si deve parlare di mafia ogni qualvolta ciascuno di noi si trova a voler ottenere il proprio obiettivo con le buone o con le cattive, volendosi far spalleggiare, anche quando ha pienamente ragione perché non ha certezza del diritto, da….chi può….intervenire! Chissà perché nel nostro Paese c’è l’idea che tutti abbiamo bisogno di un politico, di un cardinale, o di un “mmammasantissima”! Alla base esiste sempre la prova manifesta che c’è qualcuno in grado di manipolare cose, strutture, burocrazia, se non anche situazioni familiari in tutto ciò che implica un atto di volontà degli uomini. Io credo di poter dare una giusta interpretazione non solo perché le mie origini calabresi mi hanno dato la possibilità di osservare e valutare i diversi comportamenti dei miei conterranei e traslarli poi anche nei comportamenti di altre persone che pur se appartenenti ad altri territori, manifestavano i medesimi atteggiamenti; ma anche perché, oltre a presiedere il Comitato di Promozione etica Onlus, la mia visione è frutto di studio e ricerche a supporto di un corso che ho tenuto, per alcuni anni, nella Facoltà di Scienze Sociali in Gregoriana, dal titolo “Lobby e controllo etico dei gruppi di pressione”. In tale corso mi sono trovato di fronte alla necessità oggettiva di dover spiegare a chi, provenendo da altri Paesi non capiva, come la criminalità organizzata, da noi conosciuta sotto i nomi di  Mafia, N’drangheta, Sacra Corona Unita e Camorra, non fosse altro che degenerazione criminosa di atteggiamenti culturali di gruppi di pressione esistenti in qualsiasi Paese del mondo ed in qualsiasi insieme d’uomini. Anche se è di difficile comprensione, deve essere chiaro a tutti che tale atteggiamento aggregativo sta alla base di ogni democrazia e diviene condannabile solo nel momento che adotta sistemi prevaricatori dei diritti degli altri. Quando i miei allievi americani facevano finta di non capire, li mettevo davanti all’esempio del Far west di casa loro, alla corsa all’oro, alle lotte tra allevatori e coltivatori, a quella serie televisiva che quando ero bambino mi faceva impazzire: I fratelli Cartwright che difendevano i propri interessi con le pistole e…a buon diritto, anche adesso si continua a fare! Quando gli allievi inglesi trovavano difficoltà a comprendere la maniera di trasformarsi della cultura aggregativa in pericolosa lotta votata alla difesa di interessi faziosi li mettevo di fronte alla creazione della massoneria inglese che non può esimersi da pesanti responsabilità, in difesa dei propri interessi, che potrebbero essere riscontrate nel colonialismo; nella protervia astensione dal processo di unificazione europea (1810-12; 1940-41); nella difesa incondizionata del loro  nazionalismo esasperato che ad essere risvegliato in ogni inglese basta la parola d’ordine To save the nation! Per non parlare della repressione del popolo irlandese; della crudeltà e dei massacri operati a danno di popolazioni extraeuropee (India, Afghanistan, Kenya...); dell’imperialismo economico e del sostegno in Europa all’egemonia USA per favorire gli interessi delle multinazionali. Certo non ci si pensa, ma alla base ci sono sempre state aggregazioni di interessi di chiaro stampo “mafioso” il cui intento criminoso è sempre stato più o meno malcelato. La stessa cosa dicasi per gli allievi francesi  e spagnoli i cui antenati in qualche modo possono essere considerati i capostipiti della cultura mafiosa italiana dato che il Regno delle due Sicilie, dove il fenomeno mafioso si è sviluppato nelle configurazioni che conosciamo, era sotto il dominio prima dei francesi degli Angioini (Vespri siciliani) e poi degli spagnoli (Aragonesi e Borboni). Allora? Come spiegare questo fenomeno? Come risolvere il problema?  Al primo quesito la risposta la si trova nella Sollicitudo Rei Socialis ai punti 36 e 37, che riassumo nelle cosiddette strutture di peccato legate ai due atteggiamenti: Brama di profitto e Sete di potere.  Questi due atteggiamenti che sonnecchiano nella parte più profonda della componente animale dell’uomo, si sprigionano in maniera incontrollabile facendoli risvegliare repentinamente quando si finalizzano alla creazione di gruppi volti ad ottenere ciò che si vuole: potere o ricchezze, nella certezza di averne il potere che le posizioni, politiche, gerarchiche, religiose, finanziarie ecc. di alcuni degli appartenenti garantiscono. Leggendo i giornali lo si può constatare scientificamente. Questa certezza quindi si materializza di volta in volta, in gruppi di pressione che possono essere classificati in tre modi a motivo della loro finalità: confessionali, funzionali e criminali. Nei primi possiamo trovare massonerie e gruppi religiosi come Opus Dei, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione; i secondi sono molto ben rappresentati da partiti politici, associazioni di categoria e sindacati; in quelli al terzo posto si annoverano invece le mafie conosciute sotto il nome di Cosa nostra, N’drangheta, Sacra Corona Unita e Camorra. Ma senza dilungarmi vorrei concludere sul processo che genera questa realtà di unione, di interessi taciuti e di omertà. Il primo è rappresentato dall’incapacità di giudicare. Ognuno si ritiene capace e di esserne dotato a sufficienza, senza rendersi conto che la facoltà di cui la nostra mente è dotata per discernere tra vero e falso e tra bene e male, ossia la coscienza morale, non si acquisisce da soli, ma c’è bisogno che qualcuno la insegni come esercizio e come processo che sin da bambini ciascuno deve fare. Ecco la risposta al secondo quesito. Non basta soltanto l’apprendimento e la conoscenza delle cose ci vuole anche l’insegnamento dei principi e delle virtù. L’etica e non la repressione, l’insegnamento di Maestri e Parroci, veri e non solo carabinieri e forze dell’ordine. Perché il processo in parola si sviluppa proprio su questa falsa percezione che fa investire le famiglie per l’educazione dei propri figli in scuole private, in palestre, piscine, scuole calcio, corsi di nuoto ed in tutto ciò che serve ad apparire e ad affermarsi e fare soldi. Accontentandosi per contro di non investire che una parte appena marginale delle proprie energie  e risorse per una loro educazione, morale, civica, sociale e spirituale.  A tale processo se ne aggiunge un altro che è quello del “farsi gli affari propri” di saper tacere di saper fare silenzio. Un silenzio maligno e pernicioso che nasce dalla paura, dall’interesse personale oppure ancor peggio dalla “necessità” del quieto vivere, del non immischiarsi nei fatti che non ci toccano direttamente coprendo così in maniera subdola e non dichiaratamente soprusi, ingiustizie e vergogne. Questo processo di formazione del pensiero si struttura proprio da bambini quando certi script impongono di rimanere fermi, indecisi,  di adattarsi, di non pensare, di essere incapaci. Si ingenera così la formazione di un pensiero “handicappato”, anomalo, incapace di formarsi in maniera critica e di uscire dalla propria testa per confrontarsi con altre idee, altre posizioni. Si comincia a pensare in maniera omologata, uniforme al pensiero di chi comanda e di chi ha il potere. Il pensiero infatti si può classificare come: 1) pensiero pensante, in termini virtuosi, perché rivolto alle tre progettualità essenziali dell’uomo sociale, politica ed economica nel senso di strutture e aggregazioni di persone, di bene comune e di giustizia sociale; 2) pensiero calcolante, perché rivolto esclusivamente all’accaparramento di ricchezze in termini di proprio tornaconto ed allo sfruttamento degli altri in termini di proprie finalità; 3) pensiero dominante che può essere anche sinonimo di pensiero unico che sulla base di una ideologia più o meno materializzata, imposta od accettata, obbliga tutti coloro che partecipano al gruppo, per propria volontà, propri fini, o soltanto per necessità, ad adeguarsi allo stesso pensiero  del capo o a quello di chi ha il potere ed agli stessi sistemi: da qui nasce il muto consenso, che diviene, coesione di gruppo, pressione di interessi, silenzio strisciante, omertà mafiosa….ecco come si genera la cultura mafiosa dell’inchino. 


lunedì 30 giugno 2014

L’ETICA DELLA GAZZA NERA CHE RIDE SUGLI ARANCI

Forse è un segno vero della vita:
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
della chiesa. Pietà della sera, ombre
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno:
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
per la prima marea. Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli, forza il puledro sui campi
umidi d’orme di cavalle, apri
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.
Salvatore Quasimodo: “Ride la Gazza nera sugli aranci” dalla raccolta  “Ed è subito sera” -  Mondadori Editore.



Sono tornato dal Congo domenica 15 giugno dopo un tour de force amministrativo, universitario ed accademico presso l’Università Cattolica del Congo dove insegno e partecipo ai lavori del Consiglio di Amministrazione. Oltre che presentare una proposta di piano strategico per la riorganizzazione dell’Università  ho anche partecipato ad una due giorni di discussione sulla visione accademica di questa università in termini di percorsi formativi, evoluzione del pensiero, strumenti accademici quali biblioteca ed altre attività accademiche da promuovere attraverso centri di ricerca. Sono stati quindici giorni di intensa attività di grande spessore umano ed intellettuale che mi hanno convinto sempre più della necessità che alla base di ogni azione umana debba esserci un pensiero, un’idea, una visione. Ho capito che il futuro per divenire realtà ha bisogno di essere determinato e circoscritto dalla scintilla intellettuale che solo l’uomo attraverso la sua dignità può far scoccare.

COSA HO VISTO: FATALISMO E VOGLIA DI VIVERE
Ho visto cose che già conoscevo e scoperto altre che non immaginavo come realtà di un popolo che rinchiuso ormai nella sua incapacità di uscire da una schiavitù coloniale non possiede più la linea dell’orizzonte. Non possiede, o ha perso la capacità di aggregarsi. Pur provvisto di intelligenze vivaci e attive, non ha idea di che cosa sia la consistenza storica dell’evoluzione. Ha perso la capacità di riscoprire nell’intimo dell’uomo quella fiamma divorante della speranza fattiva e si lascia vivere all’insegna di un fatalismo storico, pessimista e perverso che abbrutisce qualsiasi barlume o idea di riscatto umano. Ho visto anche cose che non avevo ancora conosciuto come la capacità inaspettata di confrontarsi con idee nuove, la voglia di vivere non solo per oggi, ma anche per qualche momento in più da dedicare a se stessi. Ho conosciuto ambiti di abbandono in cui la forza della vita impone pur se velatamente di fare qualcosa. Ho visto le attese dei bambini e le loro insistenze per mangiare gli avanzi di cibo lasciati sul tavolo da chi ormai sazio, paga il conto e se ne va.  Ho visto gruppi di gente che cercavano di vendere qualsiasi cosa, di mercanteggiare non tanto e solo per vendere ma per costituirsi in relazione nuova, per farsi notare, per dare un senso di risveglio relazionale alla propria spenta esistenza. Ho visto anche l’allegria nella miseria, il ballo snodato e il canto ritmato tra i cumuli di immondizie; ho visto la forza della vita così dirompente che in quegli ambiti di povertà non mi sarei mai aspettato così esplosiva. L’immagine che mi viene in mente è di quelle piante che pur abbarbicate in un antro di muro arido e cementificato dove non sembra possibile vivere, continuano a crescere, aggrappate ad uno spirito di sussistenza che soltanto il forte attaccamento ad una linfa vitale profonda e sconosciuta permette loro di avere vita. Così alcuni di essi pur se abbandonati a se stessi nella condizione più miserabile riescono tuttavia non solo a sorridere alla vita, ma ancor di più a fare in modo che la vita stessa si pieghi su di loro in un abbraccio di perdizione, ma pur sempre un abbraccio in cui si ritrovano senza lamentarsi.

LA CORRUZIONE E L’ INCOSCIENZA
Ho visto  il traffico caotico e irruento, generato dal mancato rispetto delle regole più elementari della circolazione, traffico con imbottigliamenti mostruosi, con poliziotti corrotti che invece di dirigere il traffico aspettano di essere chiamati a permettere di passare nel groviglio di macchine a colui che ha fretta e che si dimostra pronto a dare una ricompensa per tale servizio. La corruzione non sembra avere limiti, interdizioni e livelli: appare essere un fiume grande come il Congo in cui tutti hanno il loro diritto di navigare per raggiungere la meta agognata. Ho visto tre e a volte anche quattro persone su un motorino, adulti e bambini, sprezzanti o incosciente del pericolo e…di casco manco a parlarne!  Camionette da trasporto che sfrecciavano sulla strada, cariche di gente pigiata come sardine, gente in perenne movimento, gente che cammina, gente che va, che passeggia o che si muove senza sembrare abbia una meta.

LA FEDE SUPERSTIZIOSA
Ho visto migliaia di persone raccolte per la festa di Pentecoste, ho sentito cantare tutta la notte, canti invocazioni, nenie, salmi e quant’altro si potesse, per invocare miracoli che a volte anche posticci fanno esplodere la credulità dell’assemblea. Che queste sette religiose si chiamino Vainquer du Christ, come quella che era di fronte alla mia abitazione o in altra maniera non fa niente, ciò che conta per chi le frequenta è che il loro animismo bisognoso di fede si senta accolto, attratto, trasportato ed illuso fin nel più profondo delle viscere. Sono pronti a dare tutti i soldi che hanno, a restare svegli tutta la notte pur di vivere l’illusione dell’attesa del miracolo; la sensazione che la loro vita cambierà di lì ad un istante è ciò che gli imbonitori religiosi riescono a trasmettere, senza che il sacrificio di privarsi di denaro ottenuto con estrema fatica li faccia ragionare. Mi è stato detto che a volte questi imbonitori di sette cristiane riescono ad accumulare somme pari anche a 250 mila dollari al giorno! Mi sono sempre domandato perché? Ho parlato con alcuni di loro, ma senza soddisfazione, non sanno spiegare il loro bisogno di illudersi in un sogno miracoloso che loro chiamano fede e che è lontano mille miglia dalla nostra mentalità.

IL SENSO DELLA VITA
Loro vivono e danno senza chiedere niente di più che vivere un’illusione che può durare un minuto, un’ora o una notte intera..… per loro il risultato non conta ciò che importa è la vita, è il momento che vivono, è l’emozione vitale che respirano. In questa realtà trascorrono il giorno e la notte,  in un susseguirsi di volute come in una trottola vorticosa che gira all’impazzata e che pur dandogli le vertigini dello spostamento incerto e tentennante non perde tuttavia l’equilibrio del vortice che li attira e li ipnotizza in una dinamica in cui il senso della velocità diviene l’unico elemento di stabilità del movimento e perciò della loro esistenza. Ho visto ridere e piangere, chiedere l’elemosina e aggredire, fermarsi e fuggire..il tutto sempre in una logica che la nostra visione della vita non ci permette di penetrare.

COSA MANCA LORO
Anche in Università, a mio giudizio, la loro voglia di apprendere e di fare conoscenze di una realtà nuova è minata dalla mancanza di metodo, dalla scarsa attitudine logico-sequenziale, dalla ingenuità consolidata del loro modo di ragionare. Anche se studiosi, mancano tuttavia delle strutture mentali speculative che il nostro cervello di occidentali ha ormai incamerato e fatto proprio da secoli. Ciò che loro manca è innanzitutto la base di conoscenze gerarchicamente impostate e scientificamente selezionate. Conoscenze tecniche e strutture intellettuali che permetterebbero loro di fare un salto di paradigma incredibile in termini evolutivi e pragmatici. Mancano di quello che noi chiamiamo organizzazione e cioè della capacità di porre in essere processi finalizzati ad una efficienza ricercata e voluta per un miglioramento della qualità della vita. Manca il concetto di organizzazione in cui tempi e metodi abbiano un significato, dove il cominciare dai piedi o dalla testa significa riuscire o fallire in un progetto. Per la maggior parte di essi questa realtà dell’organizzazione non esprime alcun senso. Ciò che conta è che dalla testa o dai piedi loro riescano a fare il lavoro, che poi i risultati siano positivi o negativi questo non conta perché affoga nel mare del loro fatalismo storico. Infine ciò che a loro manca in assoluto, tranne quando sono in automobile lanciata a suon di clacson per passare per primi all’incrocio, è la determinazione e la capacità di autodeterminarsi: nessuno glielo ha insegnato e tantomeno richiesto per cui non esiste per loro la decisione precisa che spinge ad agire rispettando tempi metodi e condizioni, per loro tutto è possibile, tutto è elasticamente approcciabile, tutto ha un senso indefinito. Sembrerebbe che stia generalizzando troppo…..ma credetemi è proprio così! Tornando a casa domenica sera mi chiedevo se il mio approccio alla loro realtà fosse giusto, se valeva veramente la pena di lavorare per dare loro una possibilità di inserirsi in una visione nuova, in una realtà di sviluppo reale sia intellettuale che pratico passando per una ristrutturazione dell’Università, per una revisione dei percorsi formativi e per una costruzione di nuove strutture di umanità, sociali, politiche ed economiche.

AFRICA NERA….E..L’ITALIA?

Sono convinto di sì e mentre faccio queste riflessioni, mi accorgo che il mondo di cui sto parlando non appartiene solo all’Africa Nera: qui da noi sembrano valere le stesse logiche! Infatti mentre la prima settimana di rientro è già trascorsa, apro un giornale che ho sulla scrivania è il Corriere della Sera di giovedì 19 scorso e in prima pagina trovo l’editoriale “La mescolanza dei principi” che parla della “corruzione castale della magistratura”; proseguo con “Il deficit culturale che opprime la Rai”; passo al “Giallo del nuovo scambio di embrioni”;  e poi a “Il Boss Iovine: Il pentito accusa: pagai i giudici per i miei processi”; a pagina 12 leggo il “Mistero di Brembale” le indagini sull’omicidio di Yara dal titolo “ La conferma del Dna: Bossetti figlio illegittimo” e nell’articolo in basso “La rabbia del padre « Io, preso in giro per quarant’anni»” Che dire? In quale Paese sono? Ma sono tornato dal Congo? Guardo ancora il giornale e trovo le tracce dei temi della maturità: mi avvince il titolo “Ride la gazza nera…..” e capisco il perché questa nostra Italia sta andando verso il baratro! Abbiamo si le conoscenze, ma non abbiamo la sensibilità per sapercele godere! Certo è che abbiamo sviluppato tecniche di organizzazione, ma che guardano solo alla maniera migliore di “sbarcare il lunario” o a come poter “fregare gli altri” insomma  mirate, solo e in generale, a far denaro! Noi non manchiamo di determinazione, ma ci serve, non certo per accrescere la nostra umanità, bensì per ottenere dagli altri quello che ci interessa! Allora l’insegnamento etico che sta in questa poesia è di tornare ad una visione onesta del bello, a rivivere quell’emozione profonda che determina la dimensione della nostra umanità, a riascoltare toni di esistenza, in cui i segni della vita vera sono rappresentati dalla spensieratezza e dall’entusiasmo giovanile che fondano la realtà che vive di immagini, di emozioni, di profumi e colori, in un disegno di speranza infinita, di ideali di solidarietà gratuita che spingono l’animo a ritrovare se stesso nei suoni anche più semplici come quelli della gazza nera che ride sugli aranci…..se etica è conoscenza del bene, se etica significa l’espressione più profonda del nostro saper vivere responsabilmente insieme come esseri umani che inneggiano alla vita, dai pochi studenti che hanno scelto questo titolo credo di poter supporre  che il ridere della gazza possa essere stato inteso dai più: in maniera beffarda! Così come con “sprezzo beffardo” taluni guardano all’etica! (E.G. n.57)