etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


La famiglia nel Magistero sociale della Chiesa. P. Josip Jelenić sj

La famiglia nel Magistero sociale della Chiesa
di  P. Josip Jelenić sj

Conferenza 2, 17 febbraio 2012, ore 17,30-19,oo, Via della Pigna – Roma


Il testo che segue è una proposta panoramica riguardo alla famiglia, secondo il Magistero sociale della Chiesa che può servire come base e punto di partenza per un successivo approfondimento.

Alcune considerazioni introduttive
Sfogliando i documenti sociali del Magistero troviamo numerosi riferimenti alla famiglia. Oltre a quelli direttamente e interamente ad essa dedicati, la maggior parte degli altri la menzionano e trattano in modo indiretto. In altre parole la famiglia nel Magistero sociale occupa un’alta posizione. Ciò è naturale poiché essa è riconosciuta come dimensione fondamentale e fondante, la stessa società, in cui trova il suo ambiente naturale nell’essere, crescere e maturare.
Vorrei iniziare la mia riflessione con  un’osservazione che non mi pare fuori luogo riguardo al tema proposto. Esistono due tentazioni: una per i sociologi e altra per la DSC. I primi spesso assolutizzano la concezione della famiglia, riducendola a gruppo visibile, fondamentale della società cioè esclusivamente a “fatto sociologico”, trascurando la relazione personale, interpersonale, spirituale. La DSC, da parte sua, deve porre attenzione a non idealizzare la sua visione di famiglia trattandola in modo ideale, cioè lontano dalla famiglia reale rimanendo una bella speculazione, magari teoricamente corretta, ma lontana dalla vita famigliare quotidiana. Tale pericolo è tanto più realistico quando si usa prevalentemente il metodo deduttivo, cioè partendo dai principi e imponendoli in modo forzato alla realtà stessa secondo i quali la famiglia deve ordinarsi. Tutti sono quindi invitati alla collaborazione nella ricerca e nello studio della famiglia, fondamentale per la vita dell’uomo e insieme complessa nella sua realtà relazionale e sociale.

La famiglia nei documenti sociali della Chiesa.
Per rendere l’analisi più semplice e comprensibile seguirò i documenti sociali in modo cronologico. In tal modo è possibile vedere non solo l’atteggiamento del Magistero, ma anche il suo sviluppo, o evoluzione, riguardo allo studio della famiglia.

Quanta cura (Pio IX, 8.12.1864) sui principali errori dell’epoca
Prende posizione contro gli errori del comunismo e del socialismo i quali insegnano che “la società domestica, ossia la famiglia, riceve la sua ragione di esistere solo dal diritto civile; e perciò dalla legge civile soltanto derivano e dipendono i diritti di tutti i padri sui figli, e soprattutto il diritto di procurarne l’istruzione e l’educazione” (QC 5). L’educazione dei figli è, invece, compito e diritto dei genitori e non delle istituzioni ideologiche di qualsiasi sistema politico.

Rerum novarum (Leone XIII, 1891)
Di famiglia si parla in relazione allo Stato (RN 10a), al diritto alla proprietà privata (RN 9); la è affermata famiglia come ente a se stante, cioè anteriore allo Stato stesso (RN 9b), il quale essere a servizio della famiglia, aiutarla, proteggerla e promuoverla. Tale compito lo Stato deve svolgerlo a condizione di rispettare la natura stessa della famiglia. In altre parole, come rileva la RN, si tratta dell’aiuto “in caso di gravi violazioni dei diritti reciproci tra i membri di una famiglia”, come anche tra le diverse famiglie (RN 11). Tale aiuto non deve però costituire una pretesa da parte dello Stato ad “intervenire a suo talento nel santuario della famiglia” (RN 11). La famiglia precede lo Stato perché “è una società retta da potere proprio, che è quello paterno” (RN 10a). L’aiuto giusto, ordinato e rispettoso da parte dello Stato alla famiglia è nell’interesse sia della famiglia, sia della società, sia dello Stato.

Quadragesimo anno (Pio XI, 1931)
“Il domestico consorzio”, cioè la famiglia, poiché “è logicamente e storicamente anteriore al civile” (QA 49; cita la RN 6-30), per sua natura rafforza il diritto alla proprietà privata (QA 45). In breve, lo Quadragesimo anno riprende l’insegnamento sulla famiglia già tracciato dalla Rerum novarum.

Divini Redemptoris (Pio XI, 1937) sul comunismo ateo e sulla dottrina sociale cristiana
Difende l’insegnamento cattolico sulla famiglia in contrapposizione all’ideologia comunista. Uno dei mali che porta il comunismo è la distruzione dei valori fondamentali del matrimonio e della famiglia tramite un emancipazione imposta (DR 11) che mette in questione il fondamento della famiglia, il matrimonio. Dio stesso, infatti, ha voluto il matrimonio e la famiglia: “Come il matrimonio e il diritto all’uso naturale di esso sono di origine divina, così anche la costituzione e le prerogative fondamentali della famiglia sono state determinate e fissate dal Creatore stesso, non dall’arbitrio umano né da fattori economici” (DR 28: cita la Casti connubii, 1930, di Pio XI, enciclica sul matrimonio). Il matrimonio – tra un uomo e una donna – è l’elemento essenziale della famiglia secondo la DSC.

Summi pontificatus (Pio XII, 1939)
Considera il compito speciale della famiglia nell’azione apostolica della Chiesa, tramite l’educazione cristiana dei figli (SP 34).

Allocuzione alle donne italiane su “La fondamentale e multiforme missione della donna nel momento presente” (Pio XII, 1945), in occasione dell’Udienza delle associazioni femminili.
Fra i suoi principali contenuti: Forte richiamo al rispetto della dignità della donna (2). Eguale dignità ma qualità particolari dei due sessi (4) che sono ordinati l’uno all’altro (5). Lo stato matrimoniale ha effetti positivi per tutta la società se è vissuto nell’ordine (6). L’assenza della madre dalla casa produce deformazioni nell’educazione dei giovani (13). Invito alle donne e alle giovani cristiane a partecipare intensamente alla vita pubblica (15).

Mater et magistra (Giovanni XXIII, 1961)
La famiglia si fonda sul matrimonio ed è fonte di vita: “Dobbiamo proclamare solennemente che la vita umana va trasmessa attraverso la famiglia, fondata sul matrimonio uno e indissolubile, elevata per i cristiani, alla dignità di Sacramento” (MM 201). Giovanni XXIII rafferma la posizione di PIO XII riguardo alla famiglia, in relazione, in particolare alla proprietà privata e allo Stato (MM 48).

Pacem in terris (Giovanni XXIII, 1963)
Considera indirettamente la famiglia, in relazione alla pace.

Gaudium et spes (CVII, 1965): Concilio Vaticano II - Costituzione pastorale su “La Chiesa nel mondo contemporaneo”
Dedica alla famiglia la Seconda parte (“Alcuni problemi più urgenti”), Primo capitolo (Dignità del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione), (nn. 47-52).
È indicativo che il Concilio colleghi il bene della persona e della società alla salute, “ben-essere”, alla “felice situazione della comunità coniugale e familiare” (GS 47a). Non si può dire che sia così in tutto il mondo. Ci sono anche Paesi, dove l’istituto coniugale e familiare si trova in una situazione opposta cioè minacciata “dalla poligamia, dal divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni (…), dall’egoismo, dall’edonismo e da usi illeciti contro la generazione”. A ciò si possono aggiungere, anche le difficoltà sulle condizioni economiche, socio-psicologiche e civili” (GS 47b).

I punti capitali della dottrina della Chiesa sulla famiglia sono: il matrimonio (tra un uomo e una donna) e indissolubilità. “L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale (…) vincolo sacro (…)  che non dipende dall’arbitrio dell’uomo. Perché è Dio stesso l’autore del matrimonio” (GS 48a).
La famiglia cristiana (genitori, figli, altri membri), quindi, nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del patto d’amore del Cristo e della Chiesa (cf. GS 48e).
Nel trattare dell’amore coniugale, la GS indica due dimensioni essenziali: il valore umano dell’amore coniugale e le sue manifestazioni e proprietà. In quanto al valore umano dell’amore coniugale, “proprio perché atto eminentemente umano”, afferma la GS, “essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell’amore abbraccia il bene di tutta la persona, e perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti dell’animo e le loro manifestazioni fisiche e di nobilitarli come elementi e segni speciali dell’amicizia coniugale” (GS 49a).
A ciò si aggiunge che “il Signore si è degnato di sanare ed elevare quest’amore con uno speciale dono di grazia e carità”, perciò, è superiore alla pura inclinazione erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente svanisce” (GS 49b).
Riguardo alle manifestazioni e proprietà dell’amore coniugale, è da indicare che “gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorabili e degni e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi” (GS 49c). Per tale impegno, i coniugi devono coltivare “la fermezza dell’amore, la grandezza d’animo, lo spirito di sacrificio” con la preghiera (GS 49d).
Ancora: “L’autentico amore coniugale godrà più alta stima se si formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza della fedeltà e dell’armonia nell’amore oltre che nella sollecitudine dell’educazione dei figli, e se fanno la loro parte nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia” (GS 49e).
La successiva caratteristica di cui parla la Gaudium et spes è la fecondità responsabile del matrimonio. Abbiamo già detto che “il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole” (GS 50a). Si tratta del dovere e della missione propri dei coniugi (GS 50b) che devono essere adempiuti “con umana e cristiana responsabilità e con docile reverenza verso Dio” (GS 50c). Tale decisione, perché responsabile, deve tener conto anche delle “condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, tanto nel loro stato materiale, che spirituale”. Deve considerare “la scala dei valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della stessa Chiesa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi” (GS 50c).
Amore coniugale e rispetto della vita. In via di principio l’amore coniugale è responsabilmente aperto alla vita. Tuttavia, il Concilio riconosce le odierne reali difficoltà che la vita con sé porta e che possono mettere in pericolo la stessa fedeltà coniugale, (cioè il riferimento è alle condizioni sociali ed economiche) o, come indica la GS, le difficoltà nell’ordinare la vita coniugale: “Là dove è interrotta l’intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora, sono in pericolo infatti l’educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri” (GS 51a).
Il documento, inoltre, ci ricorda che “quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale” (GS 51c).
Il discorso sulla famiglia finisce con l’invito a tutti di impegnarsi per il bene del matrimonio e della famiglia. Esso così unisce un “dovere” per tutti, perché “la famiglia (…) è veramente il fondamento della società”. Perciò “tutti coloro che hanno influenza sulla società e le sue diverse categorie (…), devono collaborare al bene del matrimonio e della famiglia” (GS 52a).

Dignitatis humanae (CVII, 1965), Dichiarazione su “La libertà religiosa
Difende il diritto della famiglia ad ordinare la propria vita religiosa e ad educare i figli (DH 5).

Populorum progressio (Paolo VI, 1967)
Mette in relazione l’importanza della famiglia con lo sviluppo autentico e con la collaborazione tra i popoli. “La famiglia naturale, stabile e monogamica”, afferma il documento, “quale è stata concepita nel disegno divino e santificata dal cristianesimo, deve restare ‘luogo d’incontro di più generazioni che si aiutano vicendevolmente ad acquistare una saggezza più grande e ad armonizzare i diritti delle persone con le altre esigenze della vita sociale’” (PP 36; cita GS 52).

Laborem exercens (Giovanni Paolo II, 1981)
Il tema principale della LE è il lavoro e, quindi, lavoratore stesso. Perciò anche la famiglia è vista attraverso l’ottica del lavoro. Esiste una relazione molto stretta tra lavoro e famiglia perché esso è “il fondamento su cui si forma la vita familiare” e l’educazione nella famiglia. Questi due valori – famiglia e lavoro – “devono unirsi tra sé correttamente, e correttamente permearsi”. Tale ruolo del lavoro deve essere capito come “condizione per rendere possibile la fondazione di una famiglia, poiché questa esige i mezzi di sussistenza, che in via normale l’uomo acquista mediante il lavoro” (LE 10a). Lo stesso vale anche riguardo all’educazione dei figli. Cioè il lavoro condiziona il processo di educazione nella famiglia. Inoltre, il lavoro permette la costituzione di una nuova famiglia (LE 10a).
L’uomo con la sua laboriosità sostiene e promuove la propria famiglia (cf. LE 16b). Ciò si riferisce sia all’uomo che alla donna. Perciò la LE si impegna a favore di assegni o contributi alla madre che si dedica esclusivamente alla famiglia (cf. LE 19b). Questo è uno dei modi di vera promozione della donna che non deve farle abbandonare il suo ruolo fondamentale nella famiglia in quanto madre (cf. LE 19c).
Tuttavia, è “la famiglia che costituisce uno dei più importanti termini di riferimento” (per la Chiesa) “secondo i quali deve essere formato l’ordine socio-etico del lavoro umano”. Infatti, “la famiglia è, al tempo stesso una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo” (LE 10a).

Familiaris consortio (Giovanni Paolo II, 1981), “Esortazione apostolica, Sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi (Non fa parte dei documenti della DSC).
Siccome l’intero documento è dedicato alla famiglia, scelgo solo elementi che mi sembrano di maggiore importanza: natura, compiti, difficoltà, sfide. In altre parole, la famiglia viene considerata nel suo compito sociale (cf. FC 42c).
Mi sembra molto importante rilevare che GP II chiede la conoscenza della situazione concreta nella quale si trova la famiglia di oggi: “Poiché il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia riguarda l’uomo e la donna nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve applicarsi a conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia oggi si realizzano” (FC 4).
La famiglia è intesa come prima e vitale cellula della società: tra le due realtà ci sono vincoli vitali e organici. “Poiché il Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento dell’umana società’, la famiglia è divenuta la prima e vitale cellula della società” (FC 42a).
In quanto ai vincoli vitali tra famiglia e società: dalla prima “nascono i cittadini” e in essa trovano “la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa” (FC 42b). Senza famiglia, quindi, difficilmente può esistere e funzionare la società. Esistono, perciò, obblighi reciproci. La famiglia, poiché è la prima scuola di socialità, deve educare i figli nello spirito di apertura verso gli altri alla partecipazione responsabile nella vita sociale: “le relazioni tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della “gratuità” che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda” (FC 43b). In tale modo la famiglia diventa la forza, “il luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione e di personalizzazione della società” (FC 43d).
La società, da parte sua, deve proteggere, rispettare e promuovere la famiglia, secondo il principio di sussidiarietà: “convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti – economici, sociali, educativi, politici, culturali – di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità” (FC 45b).
Il documento, al n. 46b elenca i diritti della famiglia: diritto di ogni uomo e donna a fondare una famiglia e ad avere i mezzi adeguati per sostenerla; di esercitare la propria responsabilità nell’ambito della trasmissione della vita e dell’educazione dei figli; dell’intimità della vita coniugale e familiare; della stabilità del vincolo e dell’istituto matrimoniale; di educare i figli secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e culturali, ecc.
Questi e gli altri diritti della famiglia saranno in seguito ordinati e formulati nella Carta dei diritti della famiglia (1983).

Sollicitudo rei socialis (Giovanni Paolo II, 1987)
A differenza della LE, la SRS non considera direttamente la famiglia. Indirettamente, essa può essere vista in relazione con il principio di solidarietà, in quanto condizione per la costruzione di una società a misura di uomo. La solidarietà si impara e si vive, prima di tutto in famiglia,  per essere poi applicata all’intera società. Solo al n. 25 si parla di concetto errato e perverso di sviluppo umano usato nelle campagne sistematiche contro la natalità. I condizionamenti economici e la “opinione pubblica” possono indurre la coppia nella tentazione di non desiderare dei figli.

Centesimus annus (Giovanni Paolo II, 1991)
Giovanni Paolo II rende evidente l’importanza e la centralità della famiglia in riferimento alla persona tramite la sua relazione diretta con l’“ecologia umana”: “la prima e fondamentale struttura a favore dell’”ecologia umana” è la famiglia, in seno alla quale l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità e al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona” (CA 39a).
In seguito viene chiarita la nozione di ‘famiglia’: “S’intende qui la famiglia fondata sul matrimonio, in cui il dono reciproco di sé da parte dell’uomo e della donna crea un ambiente di vita nella quale il bambino può nascere e sviluppare le sue potenzialità, diventare consapevole della sua dignità e prepararsi ad affrontare il suo unico e irripetibile destino” (CA 39a).
Di fronte alle difficoltà e sfide, alle concezioni errate al riguardo, “occorre tornare a considerare la famiglia come il santuario della vita. Essa, infatti, è sacra: è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. Contro la cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura della vita” (CA 39b).

Compendio della DSC (Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, 2005)
Dedica alla famiglia il Quinto capitolo, La famiglia cellula vitale della società, nn. 209-254.
Il Compendio spiega la famiglia tramite cinque proprietà.
(1) La famiglia è la prima società naturale (n. 209-211) e perciò è di importanza vitale per la persona (n. 212) e per la società (n. 213-214).
(2) Il matrimonio è il fondamento della famiglia: ha valore in se stesso e i suoi tratti caratteristici sono: “la totalità, per cui i coniugi si donano reciprocamente in tutte le componenti della persona, fisiche e spirituali; l’unità che li rende “una sola carne”; l’indissolubilità e la felicità che la donazione reciproca e definitiva comporta; la fecondità a cui essa naturalmente si apre” (n. 217); procreazione ed educazione dei figli (n. 218). Il matrimonio è un sacramento (n. 219-220).
(3) La soggettività sociale della famiglia: /a/ l’amore e la formazione di una comunità di persone (“tanto necessaria in una società sempre più individualistica”) (n. 221), (n. 222-224). Proprio “la natura dell’amore coniugale esige la stabilità del rapporto matrimoniale e la sua indissolubilità” (n. 225). Divorziati (n. 226), unioni di fatto (n. 227), unioni omosessuali (n. 228). /b/ la famiglia è il santuario della vita (n. 230-237). /c/ compito educativo (n. 238-243). /d/ dignità e diritti dei bambini (n. 244-245).
(4) La famiglia è il più importante promotore della vita sociale:
/a/ Solidarietà familiare. Nella famiglia s’impara a vivere con gli altri, prima nella propria famiglia e poi nella convivenza con le altre famiglie. Si tratta della solidarietà effettiva. “La soggettività sociale delle famiglie, (…), si esprime anche con la manifestazione di solidarietà e di condivisione, non solo tra le famiglie stesse, ma pure mediante varie forme di partecipazione alla vita sociale e politica” (n. 246). Così le famiglie si trasformano da oggetto a soggetto dell’azione sociale e politica in tutti i campi (cf. n. 247).
/b/ Particolarmente importante è il rapporto tra la famiglia, da una parte, e vita economica e lavoro, dall’altra. “La famiglia (…) va considerata, a buon diritto come una protagonista essenziale della vita economica, orientata non dalla logica del mercato, ma da quella della condivisione e della solidarietà tra le generazioni” (n. 248).
“Un rapporto del tutto particolare lega la famiglia e il lavoro: “la famiglia costituisce uno dei più importanti termini di riferimento, secondo i quali deve essere formato l’ordine socio-etico del lavoro umano” (n. 249a; cita LE 10). Non si deve mai dimenticare che “il lavoro è essenziale in quanto rappresenta la condizione che rende possibile la fondazione di una famiglia, i cui mezzi di sussistenza si acquistano mediante il lavoro” (n. 249b; vedi anche n. 250, 251).
(5) La società a servizio della famiglia. /a/ Per rendere possibile un rapporto corretto e costruttivo tra famiglia e società è necessario “il riconoscimento della soggettività e della priorità sociale della famiglia” (n. 252). /b/ Questo si concretizza “nel riconoscimento, nel rispetto e nella promozione dei diritti della famiglia” (n. 253). /c/ Con ciò si superano “le concezioni meramente individualistiche” e si assume la “dimensione familiare come prospettiva, culturale e politica, irrinunciabile nella considerazione delle persone” (n. 254).

Caritas in veritate (Benedetto XVI, 2009)
Non tratta direttamente della famiglia, ma all’interno di grandi temi come quelli di uno sviluppo a misura di uomo (CV 9), della fraternità universale, della gratuità, della carità. Al n. 15 richiama l’attenzione sul messaggio della Humanae vitae (Paolo VI, 1968) che “sottolinea il significato insieme unitivo e procreativo della sessualità, ponendo così a fondamento della società la coppia degli sposi, uomo e donna, che si accolgono reciprocamente nella distinzione e nella complementarietà; una coppia, dunque, aperta alla vita” (CV 15b). Benedetto XVI pone l’accento sull’importanza del “collegamento tra etica della vita e etica sociale” (CV 15b). Il tema della procreazione è ripreso al n. 28d: “L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”. Lo sviluppo autentico, quindi, è condizionato dalla generosità alla vita. “Quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (CV 28d). Anche in tale prospettiva, l’aborto non è accettabile, è contro la vita. È la morte della vita.
Il tema della vita, riguardo alla famiglia, è ripreso al n. 44, precisamente il numero che parla di crescita demografica: “si tratta di un aspetto molto importante del vero sviluppo, perché concerne i valori irrinunciabili della vita e della famiglia” (CV 44a; cita PP. 65). “Considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo è scorretto, anche dal punto di vista economico (…). Resta ovviamente doveroso prestare la debita attenzione ad una procreazione responsabile, che costituisce tra l’altro, un fattivo contributo allo sviluppo umano integrale” (CV 44a). Quest’ultimo ne suppone senz’altro “il pieno rispetto dei valori umani anche nell’esercizio della sessualità: non la si può ridurre a mero fatto edonistico e ludico, così come l’educazione sessuale non si può ridurre a un’istruzione tecnica, con l’unica preoccupazione di difendere gli interessati da eventuali contagi o dal “rischio” procreativo” (CV 44a).
Detto questo, è chiaro che “l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica (…) In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare le politiche che promuovono la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società” (CV 44b; cita AA 11).

(Aggiungo la dottrina esposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica riguardo alla famiglia, a cui spesso si richiama anche il Magistero sociale).
Il documento distingue tra matrimonio e famiglia: il primo porta alla seconda. “Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna (1) stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita (2), per sua natura ordinata al bene dei coniugi (3) e alla procreazione e educazione della prole (4), tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento (5)” (C 1601).
Sono essenziali, quindi, del matrimonio: l’unità (1664), l’indissolubilità (1640-1645, 1664), la fedeltà dell’amore coniugale (1646-1651), l’apertura alla fecondità (1652-1654).
La famiglia, nella visione cristiana, si basa sul matrimonio tra un uomo e una donna, e si fonda sul consenso dei contraenti, cioè sulla volontà di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un’alleanza d’amore fedele e fecondo (1662).



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