(prof. Romeo CIMINELLO )
L’economia
attuale sembra spingersi sempre di più verso ciò che si chiama “libero
mercato”. Con questa parola si vuole affermare la centralità dei prezzi come
indicatori e dello scambio come momento fondante della relazione sociale,
rispetto all’antropologia umana che invece pone al centro la personalità
dell’uomo rispetto ai suoi bisogni che sono di diversa natura e cioè naturali,
personali, relazionali, e spirituali. Da qui si comprende agevolmente come il
mercato, per quanto libero, non possa soddisfare tutti i bisogni dell’essere
umano perché non tutti i bisogni sono «solvibili», vale a dire che
dispongano di un potere d'acquisto o che siano suscettibili di essere
acquistati sul mercato, e che non tutte le risorse sono «vendibili», vale a
dire cioè, in grado di ottenere un prezzo adeguato. Esistono perciò numerosi
bisogni umani che non hanno accesso al mercato ed altrettanti beni che non
possono essere legittimamente prezzati (Giovanni Paolo II ,
Enciclica Centesimus Annus n. 34).
Di fronte a questo limite del
mercato ci si accorge che bisogni collettivi e qualitativi non possono essere
soddisfatti mediante i suoi meccanismi e che ci sono esigenze umane importanti
che sfuggono alla sua logica perché ci sono dei beni che, in base alla loro
natura, non si possono e non si debbono vendere e comprare (Giovanni Paolo II ,
enc., C.A. n.40.2).
Se il mercato non è la soluzione
giusta, dove possiamo ricercarla? Credo che essa vada ricercata nel senso della
solidarietà che deve permeare anche la vita economico-sociale. La solidarietà
permette infatti di tenere in massimo rilievo la responsabilità di ciascuno
rivolta alla salvaguardia della dignità umana in ogni suo aspetto nonché alla
promozione di tale dignità nell’ambito della sua vocazione integrale e per il
bene dell' intera società. L' uomo infatti è l' autore,
il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale (Concilio Vaticano II,
Costituzione Pastorale Gaudium et Spes n. 63.1). Ecco dunque che il fondamento
dello sviluppo dell’attività economica dell’uomo non può ridursi alla mera
crescita economica o patrimoniale, ma perché ci sia sviluppo autentico esso
deve essere integrale, vale a dire rivolto alla promozione di ogni uomo e di
tutto l’uomo (Paolo IV, Enciclica
Populorum Progressio, n.14).
Tali esigenze conducono quindi alla
necessità di introdurre nuovi meccanismi come la finanza etica, di cui sentiamo sempre più parlare, ma che non
sempre riusciamo ad inquadrare con proprietà concettuale.
Definirei la finanza etica come Strumento di sviluppo solidale a sostegno delle attività di promozione
umana con obiettivi di bene comune propriamente inteso”. Questa definizione
apparentemente complessa esprime in
maniera chiara ed inequivocabile l’esistenza di una tangibile alternativa al
concetto di finanza tradizionale pur senza tuttavia rigettarne i meccanismi
essenziali. La differenza evidente tra le due configurazioni è data dal fatto
che la finanza etica si riferisce alla persona umana come destinatario ed al
suo sviluppo come obiettivo, mentre quella tradizionale pone come suo obiettivo
il maggior rendimento economico possibile e come destinatario il capitale
inteso come motore speculativo. Inoltre mentre la finanza etica privilegia l’uomo
e l’idea progettuale con la giusta remunerazione dell’investimento, quella
tradizionale si muove all’interno di un mercato che fonda la propria
remunerazione sulla legge della domanda e dell’offerta, al di là di ogni nozione
di equità e che non fonda certo i suoi principi sull’idea di giustizia
commutativa. Vorrei ricordare infatti che la giustizia commutativa è una delle tre dimensioni della giustizia
sociale, le altre due sono: la giustizia
redistributiva e la giustizia legale.
L’accumulo di ricchezza generato
dalla finanza tradizionale può nella maggior parte dei casi chiamarsi “Capitalismo di sottrazione” che è la prassi in
uso di far valere il prezzo di mercato e non il valore effettivo, come fattore
di riferimento, dando a chi ha maggior forza contrattuale la possibilità di
approfittare di differenze di prezzo, legalmente giuste, ma moralmente
illegittime, spropositate nei confronti della parte più debole. Mentre
l’accumulo di ricchezza della finanza etica si esprime attraverso un “Capitalismo di addizione” che è quello
virtuoso dell’imprenditore che addizionando i fattori produttivi, crea prodotti
la cui vendita ad un prezzo equo di concorrenza effettiva copre i costi e
permette l’autopotenziamento dell’impresa ed è rivolto allo sviluppo del
contesto sociale.
La finanza etica poi va inquadrata in
due grandi branche: il credito etico
e la finanza etica, senza
dimenticare il commercio equo e solidale e le botteghe
del mondo.
E’ importante fare questa distinzione
perché mentre il credito etico riguarda
attori e strumenti bancari, erogati nel nostro Paese per es. da Banca Etica,
Banca Etica Adriatica e Banca Prossima, come finanziamenti sia di capitale di
finanziamento che di funzionamento, ad imprese che privilegiano l’utilità
sociale rispetto alla massimizzazione del profitto, nonché finanziamenti di
microcredito; la finanza etica
riguarda invece attori e strumenti di investimento es. fondi etici, project
financing, finanza pubblica, micro finanza.
Riguardo al credito etico possiamo dire che si tratta di un' idea grandiosa, ancorché tutta da assimilare nella
nostra cultura, che ha come obiettivo ambizioso quello di introdurre un cambiamento copernicano nel
sistema bancario, ovvero garantire il credito a soggetti che le banche
tradizionali classificano come “non
bancabili” cioè non degni di fiducia perché privi di garanzie patrimoniali,
ma che invece hanno un progetto
economicamente sostenibile e socialmente importante, capace di generare non
solo ricchezza ma anche lavoro.
Il microcredito, finanziando queste necessità primarie, di solito
strumenti come computer, ciclomotori ed altre attrezzature elementari, con
piccole somme riesce a permettere l’avvio delle attività, altrimenti non
consentite dal credito tradizionale. Stessa cosa dicasi per la micro finanza, rivolta al finanziamento
di piccoli progetti imprenditoriali soprattutto per lo sviluppo del terzo
mondo. Il microcredito è il
finanziamento effettuato alla persona, mentre la micro finanza riguarda piccoli finanziamenti erogati per progetti di
sviluppo di microimprese di solito a carattere familiare.
I fondamenti della finanza etica sono rappresentati dalla scelta
umana dell’investimento, dal senso del progetto di vita che si vuole sostenere
ed al quale si sceglie di aderire in piena trasparenza, mirando ad un risultato
socialmente rilevante.
In Italia sono state codificate in sette punti le caratteristiche
della Finanza etica pubblicate nel Manifesto
della finanza etica (“L'Euro Solidale” di Elisa Baldessone, Marco
Ghiberti):
1. Ritiene che il credito,
in tutte le sue forme, sia un diritto umano;
2. Considera l'efficienza una componente della
responsabilità etic;
3.
Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio
di denaro;
4.
E' trasparente;
5. Prevede la
partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte dei soci
ma anche dei risparmiatori;
6.
Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale
e ambientale;
7.
Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne
orienta tutta l'attività.
In tale contesto quindi è utile ricordare che i primi fondi etici sono stati il Pax
World Fund (Usa 1971), il Friends Provident Stewardship fund (UK
1984) e il San Paolo Azionario Internazionale Etico (Italia 1997). Nella valutazione della gestione
di questi fondi sono stati introdotti dei criteri che hanno definito
l’effettiva appartenenza alla categoria dei “Fondi etici”: i criteri negativi (o di esclusione) e criteri positivi (o di inclusione), ovvero indicatori maggiormente
in uso per definire quello che viene comunemente chiamato “Il rating etico”
che è una valutazione sintetica di un investimento finanziario secondo
criteri socialmente responsabili.
La finanza etica si avvale dei cosiddetti indici etici, indicatori del mercato
azionario individuati per selezionare imprese socialmente responsabili in base
alla loro rispondenza a determinati requisiti sociali e ambientali. Il primo
indice etico internazionale è stato il
DSI 400 (Domini Social Index 400) (Usa 1990) lanciato nel 1990 dalla società statunitense
di analisi e ricerche sulla sostenibilità Kld, l’attuale indice Msci Kld 400 Social
Index. Anche la Borsa di Londra si è dotata dal 2001 di un indice ispirato ai principi e
criteri di responsabilità sociale e grazie alla consulenza dell’istituto di
ricerca britannico Eiris, l’indice Ftse4Good. L’indice
etico più famoso comunque è il Dow Jones
Sustainability Index (Usa 2003). In Italia il primo indice etico italiano è
FTSE ECPI Italia SRI Index che analizza periodicamente la documentazione
pubblica delle prime 100 società quotate su MTA ( Mercato Telematico Azionario).
I criteri negativi
riguardano l'industria degli armamenti, del gioco d'azzardo o della
pornografia. Criteri che vengono applicati non
solo alle imprese operanti in un determinato settore, ma anche gli
Stati: possono essere esclusi infatti i titoli di Stato di Paesi che applicano
la pena di morte, la tortura o che sono responsabili di sistematiche violazioni
dei diritti umani. I criteri positivi sono quelli che
consentono di selezionare imprese o Stati considerati virtuosi e quindi degni
di ottenere finanziamenti per il loro manifesto impegno nella tutela del
capitale ambientale, sociale ed umano. I criteri positivi poi possono essere distinti i tre ambiti: ambientale, sociale e di governance, ovvero la politica di
gestione dell’impresa, le sue scelte strategiche operate attraverso il top
management concernenti mission e vision
in termini di obiettivi di sviluppo sostenibile. I criteri di inclusione
in ambito sociale identificano comportamenti meritevoli da parte di imprese e
Stati in tema di rispetto dei diritti umani, dei minori e dei lavoratori,
tutela della salute e della sicurezza sociale, impegno a favore dell'inclusione sociale delle categorie
svantaggiate e del dialogo con le comunità ed i gruppi di interesse ad ogni
livello. Esempi di criteri positivi nell' ambito
della governance sono rappresentati, nel caso degli Stati, dal rispetto dei
diritti civili e politici senza pregiudizi di tipo razziale, etnico, religioso
o di genere, dall' impegno nella
salvaguardia e nella promozione della pace attraverso il dialogo diplomatico,
dall' intervento a sostegno di Paesi
non sviluppati, di quelli colpiti da guerre o catastrofi naturali e delle
popolazioni del terzo mondo, dalla rinuncia all' applicazione
della pena di morte e dall' assenza
di corruzione nelle strutture dello Stato; nel caso delle imprese, dall' adozione di criteri di trasparenza nell' amministrazione finanziaria, dall' assenza di episodi di corruzione e concussione,
dalla gestione efficace dei rischi sociali ed ambientali, dall' instaurazione di relazioni stabili e positive con gli azionisti. C’è da rilevare infine che pur se risulterebbe
quanto mai auspicabile che ogni fondo di investimento etico avesse un Comitato etico, attualmente soltanto
alcuni se ne sono dotati e non sempre rispondenti alla “rigorosità etica”
valutata anche sotto il profilo tecnico, ma con inserimenti di criteri di
“consenso” legati alla “compliance” al commercio equo e solidale, ai premi e
riconoscimenti sociali o ad appartenenze religiose. Riguardo ai capitali investiti, i fondi etici
gestiscono in Europa circa 75 miliardi di euro in Green social and ethical fund in Europe; il Paese dove la finanza
etica è più diffusa è la Francia con 27 miliardi di euro; in Italia la finanza
etica è appena a 2,3 miliardi di euro.
Gli strumenti della Finanza etica
Poiché, come abbiamo osservato, non esiste una definizione
univoca di finanza etica, in termini di concretezza tangibile si indirizza su
tre applicazioni riferite agli strumenti finanziari:
1. il microcredito,
che nasce come strumento di sviluppo economico che permette l' accesso ai servizi finanziari alle persone in
condizioni di povertà ed emarginazione specialmente in quei paesi in cui non è
presente uno sviluppo di carattere industriale come nei paesi in via di
sviluppo dove tantissime famiglie riescono a sopravvivere grazie al lavoro
svolto come artigiani o nelle loro piccole imprese agricole o cooperative di
produzione nell' ambito di quella che
è stata definita economia informale o meglio ancora sfera del lavoro sommerso.
Per queste famiglie l’impossibilità di accedere al
prestito bancario a causa dell' inadeguatezza
o della mancanza di garanzie reali e delle microdimensioni imprenditoriali, ha
significato da un lato l’accettazione di immensi sacrifici, però dall’altro ha
anche sviluppato un acuto e profondo senso di solidarietà che ha portato alla
creazione delle cosiddette “tontines”.
Con questo nome si suole indicare una prassi di compartecipazione ad uno schema
di fondo comune che prende il nome dal suo ideatore Lorenzo Tonti, un banchiere
napoletano, che intorno al 1653 iniziò questo tipo di schema finanziario. Le tontines sono quindi delle associazioni
molto antiche in cui i partecipanti pagano una quota e alimentano una cassa
comune di cui ciclicamente dispongono per portare a termine i loro progetti.
Tale piccola e primitiva organizzazione finanziaria ha permesso alle famiglie e
soprattutto alle imprese ritenute troppo piccole dalle banche tradizionali per
ottenere credito di svolgere egualmente le proprie attività produttive e di
avviarsi e svilupparsi libere dall' usura.
2. la microfinanza
è rivolta alle fasce di popolazione più deboli così come attuata dalle Banche
dei poveri nei paesi del Terzo mondo e, in anni recenti, anche in quelli
ricchi. La situazione di crisi che si è verificata negli ultimi tre anni
comunque, ha sviluppato anche nel nostro Paese flussi di micro-finanza
soprattutto per la piccola impresa e gli artigiani che ai canali tradizionali
non possono accedere e si devono rivolgere quindi al social lending o prestiti peer-to-peer.
Queste aree del microcredito e della microfinanza possono esse classificate
come sostegno al fabbisogno finanziario indistinto e senza vincoli di
destinazione per l’avvio e sostegno di attività economiche definibile come
"lotta all' esclusione
finanziaria";
Queste sono solo alcune delle argomentazioni a
testimonianza della complessità della materia e delle molte problematiche che
la finanza etica suscita all’economia sociale e che tengono vivo il dibattito
su tale realtà e la cui risposta per la portata delle sue implicazioni non può
essere data in questa sede ma potrà costituire oggetto di approfondimento e
studio di future analisi per coloro che credono negli ideali di fraternità del
genere umano come è stato sottolineato nell’VIII Convegno di Greccio – I
Francescani e l’uso del denaro – tenutosi il 7-8 maggio 2010.
Cronache e Opinoni, Giugno 2011.
Cronache e Opinoni, Giugno 2011.
!!! PRENDETE IL TEMPO DI LEGGERE CE PROVA CHE HA CAMBIARE LA MIA VITA !!!
RispondiEliminaIl mio nome è signora VETA BORDEIANU ho 40 anni sono una madre di una figlia di 3 anni. Un mese fa mia figlia soffriva di cancro al cervello. Ho avuto 20000€ per garantire il suo recupero così mi metto alla ricerca di prestito. Ma purtroppo per me io stavo frodare di essere creditore senza scelta che ho perseverato nella mia ricerca per fortuna che il mio coraggio mi ha messo sulla persona giusta Karen GARCIA PINTO di signora che mi ha dato un prestito di 20000€ in 72 ore solo tramite bonifico bancario, che ha permesso la guarigione di mia figlia e l'apertura della mia piccola impresa. Questa prova è per te che sono stanchi di essere rifiutati dalle banche. Avete abbastanza sai dove mettere la testa che segue i vostri problemi finanziari. Avete bisogno urgente, veloce, affidabile e legittimo di un singolo indirizzo di finanziamento per essere soddisfare. Indirizzo email:
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