etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


mercoledì 12 dicembre 2012

L’ETICA E LA GIUSTIZIA NELLE COMUNICAZIONI SOCIALI




                                                                             “11. Speciali responsabilità morali circa il           retto uso degli strumenti di comunicazione sociale 
incombono sui giornalisti, gli scrittori, gli attori, 
i registi, gli editori e i produttori, i programmisti, 
i distributori, gli esercenti e i venditori, 
i critici e quanti altri in qualsiasi modo 
partecipano alla preparazione e trasmissione 
delle comunicazioni. 
È evidente, infatti, quali e quanto grandi 
responsabilità pesino su di loro 
nell'evolversi della società odierna, avendo 
essi la possibilità di indirizzare al bene 
o al male l'umanità con le loro informazioni e pressioni.
Dovranno pertanto conciliare i propri
 interessi economici, politici ed artistici 
in modo da evitare ogni opposizione 
al bene comune. 
Per raggiungere più facilmente questo intento, 
faranno bene a dare la loro adesione a quelle 
associazioni professionali capaci di imporre ai loro membri - 
se necessario anche impegnandosi all'osservanza di un «codice morale» - 
 il rispetto dell'onestà nelle loro attività e doveri professionali…..”.
Atti del Cocilio vaticano 
“II - DECRETO SUGLI STRUMENTI DI 
COMUNICAZIONE SOCIALE - INTER MIRIFICA”

   
In questo post vorrei mettere in evidenza giusto un paio di concetti che forse in questa vicenda Sallusti, non sono tenuti nella debita considerazione: il primo è la responsabilità morale di chiunque rediga, comunichi o rilasci una dichiarazione o una notizia non vera o manipolata; il secondo è il piano della giustizia che attiene al settore delle comunicazioni sociali. Ho volutamente lasciato trascorrere qualche giorno dalla notizia dell’arresto, evasione, fuga e rientro agli arresti domiciliari di  Alessandro Sallusti, per avere una maggior lucidità di riflessione.
E’ inutile ricordare i fatti che lo hanno portato alla condanna di un anno e due mesi di detenzione. Come tutti sappiamo la condanna definitiva è avvenuta al termine del terzo grado di giudizio. Ciò significa che l’imputato ha avuto tutto il tempo e tutti i modi per difendersi e far valere le proprie ragioni. Senza entrare nel merito del giudizio, metterei subito in evidenza che ogni cittadino è sottoposto alla legge ed al proprio giudice naturale. Una cosa che non riesco a capire è perché tale prassi non deve essere rispettata anche per i giornalisti. Chi fa il giornalista o sceglie di fare il direttore responsabile, non lo fa certo per coercizione, bensì per libera scelta. Allora perché persone come Sallusti si sentono discriminate per il solo fatto che non un giudice, bensì tre gradi di giudizio lo hanno trovato colpevole ed hanno comminato la pena prevista dal codice penale. Vorrei capire per quale motivo le normali persone devono accettare le decisioni della magistratura ed invece questo “personaggio” si permette di contrattare con la giustizia. Non solo non ha rispettato la prescrizione degli arresti domiciliari, ma è andato anche al “Giornale” e come pubblicato da Repubblica “A nulla è valso l'appello di Alessandro Sallusti, che di prima mattina aveva pregato le forze dell'ordine di non "violare" il Giornale e aveva proposto ai magistrati uno "scambio": "Io mi consegno a San Vittore se la polizia non viene in redazione", aveva scritto su Twitter. Ma invece a mezzogiorno la polizia è arrivata in via Negri 4, alla sede del quotidiano, per notificargli l'arresto ai domiciliari, ripreso in diretta dalle telecamere di Tgcom24. Due uomini della Digos lo hanno portato via tra gli applausi dei colleghi. Prima di lasciare la redazione per andare a casa con gli agenti, Sallusti ha rilasciato qualche dichiarazione: "Non sono entrati al Giornale, sono entrati nei giornali. Peccato che sia finita così". "E' una ferita - ha proseguito - per tutti noi. Non si esegue l'arresto di un giornalista all'interno di un giornale. La nostra categoria.. Beh dovrebbe avere un sussulto, no?". E ha annunciato: "Evaderò dai domiciliari e andrò in carcere. Tornerò qui a lavorare, mi arresteranno e andrò definitivamente a San Vittore". Proposito messo in pratica alle 12.45, quando il direttore ha abbandonato l'abitazione dove gli agenti lo avevano appena lasciato.”
A leggere queste righe c’è da rimanere allibiti. Verrebbe da dire che si avverte una tracotanza da “quarto potere” con cui si propone addirittura uno scambio…ma con quale diritto…. e poi finisce anche……con gli applausi dei colleghi.  Per non parlare delle successive dichiarazioni…… Allora è ben comprensibile perché in Italia abbiamo poca credibilità: siamo il Paese dei due pesi e delle due misure…..siamo il Paese dove le caste hanno il potere di opporsi anche alla giustizia. Ma questo ovviamente non attiene solo al Direttore del Giornale, ma anche a politici, a mafiosi, a corrotti e corruttori….ciascuno si avoca un proprio diritto di replica nei confronti della giustizia. Eppure sappiamo bene che le responsabilità sono enormi, soprattutto per quanto concerne il reato di diffamazione. Alcuni giornalisti del nostro Paese non ne percepiscono la gravità.  A cominciare dal  direttore del Tg di La7che ha detto "Arrivare a una misura coercitiva è davvero assurdo" la Repubblica riporta ancora "Purtroppo questa - ha continuato - è la inevitabile conclusione di una vicenda insensata. E' insensato che un giornalista venga arrestato per omesso controllo per diffamazione. I reati a mezzo stampa o cagionano gravissime conseguenze alla persona diffamata o non ha senso parlare di misure di questo tipo". Tale affermazione potrebbe essere parafrasata dicendo che “è semplicemente assurdo condannare una persona per un tentato omicidio che però non ha avuto le gravi conseguenze attese”.  Senza riportare le considerazioni dello stesso tenore effettuate da altri giornalisti, direi che occorre ripensare il metodo di giudizio adottato da questa casta: se la legge deve essere eguale per tutti questa va applicata anche al Direttore del Giornale. Se poi invece a latere si vuole discutere dell’inerzia della politica  questo nessuno lo impedisce. Ma una sentenza di un potere istituzionale, per giunta con un giudizio espletato nella massima correttezza della procedura, non deve essere discussa, tanto meno dal diretto interessato.  Però quello che si evince dal suo comportamento è la cosiddetta “sindrome di onnipotenza” che viene dimostrata dal condannato e che è emblematica perché rappresenta lo spaccato di ogni casta che anche in Parlamento, guada caso, come presentato da Ballarò, ha elaborato sì, una legge sull’incandidabilità, ma che permette a tutti i condannati del parlamento, (tranne a uno solo sembrerebbe) di essere rieletti senza problemi ed è stata talmente ben congegnata da permettere perfino Marcello Dell’Utri, nonostante la severa condanna di ripresentarsi in parlamento, poiché patteggiata in un periodo pregresso. Non si capisce però perché per partecipare ad un concorso per bidello nella scuola o usciere in un ministero, una qualsiasi pendenza è ostativa per la partecipazione. Tornando al reato di diffamazione a mezzo stampa, a livello etico c’è da rilevare che l’informazione e quindi la trasmissione della notizia, avviene attraverso i mass media che rappresentano un bene d’ordine che deve essere severamente tutelato per la salvaguardia della correttezza dell’informazione stessa e del corretto impatto sull’opinione o nell’immaginario di chi legge o viene informato. La severità della sanzione a mio avviso, data la mancanza di coscienza, si rende necessaria e importante sia per quanto riguarda la persona che non può essere calunniata impunemente, sia perché se non vi sono sanzioni severe le notizie possono essere strumentalizzate a fini politici, a fini speculativi o semplicemente a fini di raggiro. Che sicurezza potrebbe avere il cittadino sulla veridicità di una notizia pubblicata, se non sapesse che l’estensore della stessa o il responsabile che non controlla adeguatamente sono puniti in maniera esemplare? La responsabilità dei giornalisti e di tutti coloro che si occupano ci comunicazioni sociali deve essere chiara ed inequivocabile e soprattutto non discutibile.  La corretta informazione infatti è un presupposto di democrazia e di equilibrio relazionale a livello sociale. La dignità della persona umana anche se soltanto sfiorata da falsa comunicazione riceve un impatto negativo di indescrivibile portata e pertanto deve essere strenuamente difesa perché altrimenti si svilisce un diritto fondamentale dell’uomo. Detto questo concluderei con il secondo concetto che concerne il piano della giustizia delle comunicazioni sociali, questo deve essere di chiara trasparenza a livello organizzativo e di netta correttezza e onestà sotto il profilo etico. La giustizia che si invoca infatti è quella di carattere commutativo che rende evidente in termini di nocumento, ciò che si determina, con false notizie, nei confronti della persona diffamata o calunniata. Sul piano della giustizia deve essere chiaro che le parole, le scritte, gli scoop dei mass media, sono esattamente come “colpi di pistola” una volta sparati non si possono più fermare. Allora devono essere valutati i due momenti, quello della diffusione che è molto forte ed incisivo, e quello della rettifica che di solito viene fatta valere solo dall’interessato nella completa indifferenza della maggior parte dei lettori. Il peso del momento della diffusione è quindi cento volte maggiore rispetto a quello della rettifica. Essendo così differenti i pesi sul piano della giustizia va quindi esattamente valutato l’impatto e pertanto va anche valutato il fine perseguito, oltre al danno causato. L’unica circostanza che possa essere invocata è l’errore anche se resta molto arduo separarlo dall’eventuale dolo o dalla mira economica che ha fatto scattare la decisione volontaria di pubblicare la falsa notizia.  Sotto il profilo etico dunque la salvaguardia della dignità di ciascun uomo deve essere e permanere la discriminante oggettiva della liceità di pubblicazione di una qualsiasi notizia, dunque il giornalista o chi si occupa di comunicazione sociale deve ponderare bene l’entità del danno, che la propria decisione produce e soprattutto prima di pensare alle conseguenze giuridiche sarebbe opportuno che consideri le conseguenze a livello morale che questa comporta.