etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


martedì 30 luglio 2013

L’ETICA DELL’ACCOGLIENZA


Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni  giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una  passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme  di emozioni, proprio quelle che fanno  brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. 
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza, per  inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. 
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia  in se stesso. 
Muore lentamente chi distrugge  l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. 
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non  risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. 
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. 
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Pablo Neruda 



Credo che occorra rompere gli indugi. Credo che occorra esporsi. Credo occorra avere il coraggio finalmente di sapersi schierare, non più dalla parte del più forte o del più “danaroso”, bensì dalla parte della Verità. Perciò questo schierarsi significa stare dalla parte dell’uomo. Uomo come essere umano e non come “cittadino”, “connazionale”, “extracomunitario”, o “spettatore”, “consumatore” o qualsiasi altro attributo che il nostro vissuto quotidiano attribuisce non già all’uomo in quanto tale, ma alla sua funzione, a prescindere che sia vera o solo percepita. Basta con la cultura dell’aggressione al diverso, basta con la cultura del settarismo o del portare avanti  ideali politici per mascherare la propria voglia di affermazione. Basta con i manifesti di facciata che lasciano il tempo che trovano perché mancanti della sostanziale  componente umana!
LA DIGNITA’
Ma allora che dobbiamo fare? Dobbiamo riscoprire la dignità dell’essere umano. Dobbiamo finalmente uscire dalle nostre gabbie ideologiche per portare una parola nuova, una parola di speranza, non già a servizio dei propri interessi,  ma per la promozione del bene comune. Purtroppo la parola dignità nel nostro Paese è stata dimenticata da almeno 20 anni, da quando si è scoperta la prima Tangentopoli! Cosa possiamo fare? La Dignità è propria di ciascun essere umano, non già perché qualcuno gliela attribuisca, ma semplicemente per la sua eminente umanità. Ogni uomo è dotato di dignità quindi semplicemente perché è uomo e non perché sia riconosciuto come cittadino o come componente di una comunità o come appartenente ad un gruppo sociale. L’uomo è uomo e basta, non possiede specie di appartenenza né istinto animale: l’uomo è uomo perché nel suo intimo possiede la scintilla dell’intelletto. La capacità di entrare in relazione con gli altri uomini e con il mondo intero. L’uomo, grazie alla propria dignità, non ha bisogno di essere riconosciuto come presenza perché l’essere umano deve essere presente a se stesso come elemento di conoscenza universale. La coscienza della propria dignità informa la sua conoscenza e ne completa la strumentale umanità. Ciascun uomo possiede una vita e questa vita anche per chi non crede nell’eternità, è eterna comunque, perché è determinata da uno spirito interiore, da un respiro trascendente che anche coloro che non credono non sanno spiegare come si origini e dove vada a finire. E’ quello spirito che solo la parola dignità può esprimere appieno.
LA DERIVA DEL RIFIUTO DELL’ALTRO
Ragioniamo allora. Perché vogliamo le differenze? Perché vogliamo il rifiuto dell’altro? Perché offendiamo l’altro nella propria sfera di dignità? Perché cerchiamo di sopraffare l’altro che vediamo sempre come una minaccia invece di considerarlo una ricchezza? Io credo che gli episodi di intolleranza di questi giorni, (lasciando perdere se interessano ministri parlamentari, autorità dello Stato o gente comune) siano da considerare con molta attenzione, perché indicano la deriva incredibile che il nostro Paese ha imboccato e dalla quale stenta sempre di più ad uscire.
Perché non possiamo ritrovare la bellezza delle emozioni e dei sentimenti che hanno sempre fatto grande l’uomo, non tanto per la sua espressione di potenza, quanto più per il suo spessore di umanità. La differenza infatti è che mentre la potenza, il dominio e la ricchezza passano di anno in anno, lo spessore di umanità cresce ed accresce le potenzialità della comunità umana. Vale la pena ripetersi il noto detto, che “fa più rumore nella foresta, un albero che cade piuttosto che i mille altri che crescono”, ma la foresta se non ci fossero questi ultimi non esisterebbe.
CHE FARE?
 Allora ecco cosa dobbiamo fare: essere alberi che crescono nella foresta!  Ma come? Innanzitutto dandoci principi di riferimento. Di cui il primo è la ricerca della Pace. Ricerca di quell’equilibrio interiore che solo l’uomo avverte come sostanziale nella propria vita.
Scegliere il primato della diffusione della pace. Scegliere di costruire equilibri di eminente umanità. Ma per avere un equilibrio di pace occorre lottare contro l’impostazione competitiva del mondo attuale che basa il proprio successo sull’aggressività e sulla violenza. Affinché ci sia un equilibrio di pace occorre imparare a riconoscere l’altro come uomo. Quindi interrogarsi su quello che chiamerei il principio fondamentale della comunità degli uomini vale a dire il principio di accoglienza.

PRINCIPIO DI ACCOGLIENZA
Ma perché è un principio? Perché l’accoglienza è l’elemento che edifica l’uomo. E’ l’attitudine infatti su cui si crea la comunità, su cui si basa il riconoscimento dell’altro come proprio simile e Da cui origina il rispetto dei diritti di ciascun uomo. Ma come possiamo praticare questo principio dell’accoglienza laddove troviamo tanta “violenza ostativa” ad un principio fondamentale dell’uomo che è quello di appartenere al territorio in cui nasce? Perché non si riesce a comprendere che come uno non può appartenere ad altra discendenza che quella del proprio sangue, così non potrà mai dire di essere nato in un luogo diverso da quello in cui ha avuto origine? Se uno è nato in un luogo, quello rimane il suo luogo di nascita per tutta la sua vita e non lo può cambiare neanche se lo volesse ed allora perché non lo si vuole riconoscere? Qual è il falso ideologico a livello partitico che impedisce ad uno nato su suolo italiano di essere considerato italiano? Qual è la logica che sottende questo rifiuto se non la paura “stupida” di perdere il proprio potere? La scelta di appartenenza dovrebbe essere esclusivo diritto della persona stessa interessata e non già della comunità che abita quel territorio. A nessuno è dato di esprimere giudizi di razza o di etnia oltre che offensivo è atteggiamento ingiusto e miope.  Sappiamo infatti che il territorio ha valore solo se è popolato di uomini, a prescindere che vi siano nati o che vi siano emigrati, l’importante è che vogliano vivere su quel territorio ed edificarvi la propria vita, altrimenti resta un territorio e basta, senza poter aspirare a divenire nazione stato o luogo di accoglienza di una comunità di uomini che chiamiamo Popolo.
IUS SOLI E IUS SANGUINIS
Domandiamoci allora perché ci dovrebbe essere differenza fra ius soli e ius sanguinis? Chi ha il potere super partes di stabilirlo? Perché non si riesce a comprendere che nessuno di noi, persona o popolo, ha ereditato la terra e che questa è un bene universale di tutti ed i confini sono cose inventate dagli uomini? Perché non riusciamo a comprendere che i confini hanno determinato guerre e morti come è successo per l’Italia nella prima guerra mondiale, e poi, ci siamo accorti che prima ancora che fosse passato un secolo tali confini sono stati aboliti dalla nascita dell’Unione Europea e dal Trattato di Schengen ragione per cui tali confini non esistono più. A che sono valsi quei morti? Quelle atrocità? Per avere un idea dell’immane assurdità di quella guerra basta andare al cimitero Monumentale di Ronchi dei Legionari. Allora tutti quei morti a che cosa sono serviti? Perché non si può apprendere dalle popolazioni primitive del Madagascar a fare posto ai nuovi venuti invece di respingerli con guerre e violenze? Dobbiamo riscoprire l’etica dell’accoglienza, l’importanza di ciascun uomo per il bene comune, dobbiamo riscoprire che la dignità è un principio di riferimento e non già un diritto da assegnare come la cittadinanza. Dobbiamo riscoprire il valore della dignità che risiede nella personalità di ciascun uomo come essere unico ed irripetibile. Dobbiamo imparare che ciascun essere umano è una ricchezza inestimabile per l’umanità intera perché non sappiamo quello che egli potrà esprimere nella sua vita a prescindere dal luogo di nascita o dalla stirpe. Il progresso è sempre stato determinato dall’intelletto degli uomini e dalle loro intellezioni, nonché dalle loro emozioni, dal loro coraggio, dalla loro capacità di relazione e soprattutto di riconoscimento delle diverse potenzialità umane esistenti in ciascun uomo. Il progresso è sempre stato determinato dalla capacità di accoglienza dell’altro, dalla disponibilità ad integrarlo, benché diverso, nella comunità per permettergli di esprimere al massimo le proprie attitudini e qualità esistenziali. E allora finirei questo mio pensiero con una riflessione importante che di solito non viene evidenziata, ma che dovrebbe pesare come un macigno per tutti coloro che non riconoscono il principio di accoglienza: il Prodotto interno lordo del nostro Paese, non cresce, non solo per l’ignoranza,  il falso ideologico e le incapacità manifeste della nostra classe dirigente, ma soprattutto perché non vengono supportate le potenzialità degli uomini che vivono su questo territorio, siano essi autoctoni o immigrati, siano essi riconosciuti o non riconosciuti, comunitari o extra-comunitari, siano essi bianchi o neri, siano essi cittadini o no, siano essi abili o disabili….il mancato rispetto della loro dignità ed il mancato supporto delle loro potenzialità ci deprime molto più di qualsiasi ciclo economico negativo.