etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


giovedì 4 ottobre 2012

Dimensione profetica della Dottrina Sociale della Chiesa



Il capillare e profondo inserimento della nostra Associazione nel tessuto sociale di base e il suo riconosciuto contributo alla costruzione dello Stato democratico, dall’ottobre del 1944 in avanti, ci inducono a riflettere non solo sul suo glorioso passato, ma anche sul suo presente e, ancor più, sul suo futuro. E, quindi, prendendo spunto dal ricco e prezioso testo qui di seguito riportato, è da osservare che  è la storia stessa a chiedere, con crescente e pressante urgenza, di riflettere su quali “nuove responsabilità” incombano sull’Associazione, considerato che l’attuale nuova situazione di crisi diffusa, in una società globale multiculturale, multietnica e multi religiosa, crisi generata dai sempre più accelerati processi della globalizzazione richiede, da parte sua, “un nuovo atteggiamento”. È sempre più urgente quindi intensificare la nostra riflessione per discernere su quel che possa ciò significare: si tratta, soprattutto, di valutare di “cosa” disfarci come di un peso,  di “cosa” valorizzare e potenziare e quali nuove vie, nella continuità, intraprendere.
È certo che la “storia non si arresta … è necessario tener conto dell’imprescindibile realtà, la realtà in tutta la sua estensione”, in un momento di grave crisi in Europa e nel mondo, sul piano strutturale e dei valori e, per quel che riguarda, in particolare il nostro Paese, anche di annunciate, non trascurabili riforme, soprattutto costituzionali.
E, allora, quali “anticipazioni” vuole dare/è in grado di dare la nostra Associazione di donne cristiane, nell’espressione della sua missionarietà nel sociale?
In breve, quale può essere la sua capacità di “profezia”, sia al suo interno, da parte delle singole associate, che al suo esterno, in quanto soggetto collettivo, di chiara identità e testimonianza cristiana, in un mondo sempre più complesso, profondamente ed estesamente in cambiamento? 
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Il discorso sociale della Chiesa applica la Parola di Dio alla vita degli uomini e della società, come anche alle realtà terrene che ad esse si connettono, offrendo “principi di riflessione”, “criteri di giudizio” e “direttrici di azione” (enciclica Sollicitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II, 1987 par.8); il Papa conclude tale osservazione, aggiungendo che “esso (il discorso sociale) è ordinato alla condotta morale“ delle persone e delle società. Questa definizione è molto chiara: essa mostra che la dottrina sociale della Chiesa non si riduce a un insieme di prese di posizione, quali possono essere definite dagli attori sociali: questi individuano “le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie”, (Paolo VI, Octogesima Adveniens, 1971 par.4), in funzione di principi fondamentali sui quali fondare le proprie decisioni. In altri termini, essi inscrivono il Vangelo nel contesto socio-culturale del momento. E’ su tale livello che è possibile discernere il carattere profetico della dottrina sociale della Chiesa.

Conviene qui rifarsi all’allocuzione che Pio XII rivolse al Patriziato romano, il 14 gennaio 1945. Suo scopo era quello di convincere una classe sociale, tradizionale e ridotta di numero, che nuove responsabilità incombevano su di essa, nel contesto della ricostruzione del dopo-guerra. Si trattava di far scoprire a un gruppo sociale, abituato a dare preminenza alla tradizione, che la situazione nuova richiedeva, da parte sua, un nuovo atteggiamento; non si sarebbe infatti più trovato in una società stabile e gerarchizzata, ma democratica e in costante cambiamento: “La storia non si arresta” disse loro; “sarebbe un’impresa vana e sterile fare marcia indietro … e voler ricondurre il mondo a un punto di partenza, (anche se alcuni lo giudicano) malauguratamente abbandonato” e concludeva “è necessario tener conto dell’imprescindibile realtà, la realtà in tutta la sua estensione”.

È in tale prospettiva che comincia a manifestarsi il carattere profetico della dottrina sociale della Chiesa. Le situazioni in cui tutto sembra possibile, poiché le popolazioni hanno l’impressione che un mondo nuovo cominci, si riproducono periodicamente nella storia: così è stato al momento della Rivoluzione americana nel XVIII secolo, in cui un autore americano, Payne, pensava che tutto fosse divenuto possibile, come al tempo di Noé dopo il diluvio, poiché il passato era abolito; altrettanto è accaduto negli anni ’50, in cui si credeva possibile l’instaurazione di una pace perpetua, fondata sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Il cristiano non rifiuta questa aspirazione, ma non fa affidamento sui soli sentimenti per condurla a termine; non si lascia portare dal politically correct del momento:  la interpreta alla luce di Cristo; vede nell’immensa crescita umana alla quale assiste un motivo di speranza; ma egli sa che tutto non è possibile e che devono essere compiute delle scelte, nel rispetto delle leggi costitutive che il Creatore ha dato al mondo. Il suo scopo non è quello di realizzare di colpo, con un programma ritenuto efficace, la città ideale sulla quale può sognare, ma, tenendo conto degli arresti  della realtà e dell’impossibilità di negarli, cerca in qual modo anticipare la venuta di Cristo nella realtà presente.  
L’atteggiamento sociale del cristiano profetizza la sua fede nel mondo a venire. Per lui, il Cristo è la chiave che permette di comprendere il senso della storia nella quale è impegnato. Affermazione che ha un doppio significato per il cristiano, poiché riguarda:

Il suo atteggiamento verso il mondo. La diversità del mondo e lo scontro fra civiltà non spaventano il cristiano perché per lui la situazione presente, per quanto caotica possa apparire, non è peggiore di molte altre che l’hanno preceduta  nel corso della lunga storia della umanità; riconosce attraverso tali crisi una crescita generalizzata verso “un di più” in universalità, in solidarietà e in esigenza di rispetto della persona umana. Già Paolo VI dichiarava nel suo messaggio per la giornata della pace nel 1972: “Ogni uomo oggi sa di essere persona e persona si sente. Cioè di essere inviolabile, essere agli altri eguale, essere libero e responsabile. Diciamo pure: di essere sacro”.

Il suo atteggiamento personale. Il cristiano sa che ogni essere umano ha vocazione a lavorare, là dove si trova, al divenire dell’umanità. Il suo comportamento e le sue scelte nella vita quotidiana “anticipano” nel presente la fede che egli ha nella riconciliazione dell’umanità nel Cristo. Egli è, al suo livello, profeta del mondo a venire. E’ guidato per questa missione dall’insegnamento della Chiesa in materia sociale, nel quale trova “un corpus dottrinale, che si articola man mano che la Chiesa, nella pienezza della Parola rivelata da Cristo Gesù e con l’assistenza dello Spirito Santo, va leggendo gli avvenimenti mentre si svolgono nel corso della storia” (Sollicitudo Rei Socialis,1). 

Pdre Joseph Joblin, sj - (Cronache e Opinioni n.6 giugno 2010)

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