etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


giovedì 7 giugno 2012

Etica e uscita dall'euro: come si distrugge un bene d'ordine



“I nostri paesi sono diventati troppo piccoli per il mondo d’oggi, rispetto alla tecnologia moderna, all’America e alla Russia del presente, alla Cina e all’India del futuro. L’unità dei popoli europei raggruppati negli Stati Uniti d’Europa fa sì che aumenti la qualità della vita e che regni la pace. È la grande speranza e l’opportunità della nostra epoca.” Jean Monnet


Dopo aver ascoltato il programma l’"Infedele" di Gad Lerner in onda su La7 lunedì sera, non posso fare a meno di tornare sull'argomento Euro.
Ritenendo la trasparenza e la verità elementi dovuti ai telespettatori ed a tutti coloro che vogliono capire la gravità effettiva della situazione, vorrei spiegare che non occorre andare in tv per presentare il piano A o Piano B dell’Euro. C’è bisogno invece di una analisi vera della situazione per spiegare che la realtà dell’eurozona va salvaguardata innanzitutto nella mente e nel cuore di ciascuno di noi, perché si tratta di un bene d’ordine che uomini di buona volontà hanno contribuito a far nascere. Un bene d’ordine di una portata innovativa eccezionale, pur se perfettibile, ma che la storia ci ha consegnato in maniera veramente apprezzabile. Ora se agli uomini di buona volontà sono succeduti altri uomini o “donne” incapaci di avere un pensiero pensante e costretti in gabbie ideologiche o in tecnicismi imparati nelle diverse scuole economiche, ciò non significa che dobbiamo rassegnarci a dare loro ragione ed a dare loro spazio…
Essendo la problematica molto complessa e comprensibile a fondo solo da alcuni esperti in grado di interpretarla, credo che sia importante spiegare i significati del piano A o B di abbandono dell’euro, e di quali interventi necessiti la situazione attuale per salvaguardare questo bene d’ordine.
A mio avviso questa presa di coscienza diviene un must quando un tecnico come Paolo Savona dice che secondo lui la perdita di valore  dell’euro ipotizzata in caso di uscita dell’Italia con alla lira, sia intorno al 40%. La situazione sarebbe talmente grave che la cosiddetta ipotesi B non è neanche da considerare, soprattutto se si fanno due calcoli: a) il valore dell’euro che era stato fissato a 1936,27 in realtà oggi si è fortemente dimezzato vale a dire che la capacità di potere d’acquisto di un euro almeno in Italia si aggira sulle ottocento/mille lire del vecchio conio. b) Se volessi acquistare un bene che prima dell’entrata in circolazione dell’Euro costava due mila lire, ora dopo 10 anni di circolazione scontando una inflazione “ufficializzata” in maniera strumentale anche da “Altroconsumo” pari ad un complessivo 7%, il totale da pagare dovrebbe essere Itl 2.071,81 pari a euro 2.071,81:1936,27= euro 1,07. In realtà tutti sappiamo che se andiamo a prendere un tramezzino che prima del 2002 costava Itl. 1.500 adesso costa minimo euro 3,50 quindi facendo il calcolo inverso vediamo subito la svalutazione effettiva subita: Euro 3,50X1936,27= ITL. 6.777, vale a dire 4 volte e mezzo il prezzo iniziale.
Questo è avvenuto perché come a tutti noto, nei mesi immediatamente successivi all’entrata in circolazione dell'euro come moneta fisica si verificarono delle conversioni di prezzo di beni e servizi tra valute nazionali e moneta unica a volte anche molto distanti da quelle stabilite ufficialmente. Il mancato controllo da parte del Governo Berlusconi e soprattutto del dicastero Tremonti comportò che nel nostro Paese, soprattutto nei mercati rionali e locali dei beni alimentari e dei beni di largo consumo (quelli cioè dove gli acquisti sono di basso valore assoluto), spesso si convertivano i prezzi con 1 euro a 1000 lire, invece che a 1936,27, riducendo così di quasi della metà il valore reale della moneta. Ricordo che il prezzo delle zucchine subì un amento del 272%. (Infatti nei mercati rionali è assurdo parlare di concorrenza perché le casalinghe che li frequentano, raccontano di veri e propri mini-cartelli che stabiliscono prezzi uniformi per quasi tutte le derrate). Comunque anche nei servizi pubblici, si fecero forti arrotondamenti su prezzi e tariffe che svilirono il valore dell’euro. Non c’è stato quindi né controllo né alcuna possibilità di difesa. Il risultato pertanto, se vogliamo essere onesti ci fa dire che dobbiamo riconoscere che nell’euro c’è qualcosa che non va, ma non nella moneta, bensì nella politica monetaria e cioè nel mancato sviluppo ragionevole del suo valore che implica una mostruosa potenza inflativa che nessuno degli organi istituzionali vuole mettere in evidenza, ma che sta portando l’eurozona allo sfascio.
La conseguenza più evidente è che tutti siamo diventati di ovviamente più poveri in quanto mentre i salari sono restati fermi al calcolo del cambio ufficiale di Itl 1936,27 in realtà il loro valore essendosi dimezzato fa sì che colui che aveva uno stipendio di 2 milioni delle vecchie lire riceve ancora oggi circa 1.000 euro; ma per vivere, mantenendo il precedente regime, egli deve spendere 2.000 euro circa, cioè il doppio di ciò che guadagna e quindi non avendoli è costretto ad indebitarsi e perciò se prima poteva vivere con 250 euro a settimana ora non riesce ad arrivare alla terza settimana del mese perché deve spendere 500 euro e lo stipendio gli è sufficiente appena per sole due settimane. Lo stesso dicasi per chi possedeva un patrimonio di 200 milioni delle vecchie lire. Il valore non è 100 mila euro come dovrebbe essere, bensì dimezzato, in termini di potere d’acquisto a 50 mila. Ecco perché siamo diventati tutti più poveri. Se ora andiamo a calcolare la perdita ulteriore data dal ritorno alla lira e prevista in un 40%, i 50 mila euro che rappresenterebbero teoricamente circa 100 milioni diverrebbero 60 milioni della nuova lira. Direi che è un assurdo!  
Chiarito questo presupposto, passiamo ai successivi approfondimenti che però sono tanti ed è difficile affrontarli tutti in questa sede.
Quindi mentre mi riprometto di scrivere un articolo sistematizzando gli argomenti, qui per brevità, desidero mettere in evidenza:

a)  Che cos’è l’Euro e perché dall’euro non si può uscire;
b)  Perché siamo arrivati a questo stato di cose; 
c) Che cosa si sarebbe dovuto fare e non si è fatto ma che adesso diviene perentorio fare.

Ovviamente sono solo enunciati, ma non crediate che non si possano adeguatamente approfondire: se volete su domanda posso dare tutte le spiegazioni che mi richiederete.
Allora procedendo con ordine cerchiamo di spiegare perché dell’Euro non si può uscire, almeno in termini giuridicamente plausibili e definiti.

a) Che cos’è l’Euro e perché dall’euro non si può uscire

1)  L'Euro è un bene d’ordine perché crea equilibrio sociale ed economico e non serve solo a facilitare i viaggi: ha solide motivazioni economiche e politiche; è una moneta stabile, associata a livelli ridotti di inflazione e a bassi tassi di interesse che aumenta la solidità delle finanze pubbliche e quindi la credibilità e fiducia nelle istituzioni. La moneta unica è complemento del mercato unico e lo rende maggiormente efficiente perché determina trasparenza dei prezzi, elimina i costi di cambio, rende più fluidi i meccanismi finanziari e creditizi dell’economia europea, facilita gli scambi internazionali e conferisce all’UE una posizione di maggiore forza sulla scena mondiale. Inoltre, riesce a sopportare meglio gli shock economici esterni, dovuti a improvvisi ed inattesi rialzi del prezzo del petrolio, dei prezzi delle materie prime o delle fluttuazioni speculative dei mercati valutari.
2) La moneta unica mette al riparo dalle svalutazioni competitive e pesa di meno in termini di tasso di interesse (costo del denaro).
3)  L’Euro permette di rapportare tra i diversi Paesi: debito pubblico, deficit di bilancio, disallineamento dei tassi di interesse, livello di inflazione.
4)   L’Euro consente di ridurre il costo degli interessi del debito pubblico.
5)   L’Euro permette di usufruire di una maggiore stabilità dei flussi di capitale.
6)   La moneta unica presenta una garanzia implicita di stabilità.

Inoltre il Trattato di Maastricht ed i suoi aggiornamenti non contemplano possibilità di recesso dall’Euro; per abbandonare la moneta comune, l'unica eventuale strada, per la Grecia o altri Paesi in difficoltà, è uscire del tutto dall'Unione europea. Un'ipotesi puramente teorica  e improbabile, pur se tecnicamente e politicamente possibile.
L’Art. 49 del Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009 pur non prevedendo espressamente una procedura per l'uscita volontaria di uno stato membro dall'Eurozona afferma, manifestamente, il diritto di ogni Stato di uscire dalla Ue, facoltà prima non prevista nei Trattati e utilizzabile solo per via interpretativa con il ricorso alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, che lascia spazio al recesso anche quando i trattati non lo prevedono espressamente, se, questo diritto, può essere dedotto dalla natura del trattato o dalla volontà delle parti.

b) Perché siamo arrivati a questo stato di cose 

1)  Il meccanismo economico di una economia aperta funziona in maniera che le imprese e le famiglie introitino risorse monetarie che impiegano per il pagamento dei fattori produttivi le prime e per beni di consumo e servizi le seconde. Tutto il resto del sistema gira intorno a questi due pilastri. Infatti, Banche, Pubblica Amministrazione, Banca centrale ed Estero sono complementari al sistema. Il pagamento dei fattori produttivi da parte delle imprese avviene a fronte dei ricavi ottenuti dalle vendite; l’acquisto di beni e servizi da parte delle famiglie avviene a fronte di introiti da remunerazioni del lavoro prestato; le banche fungono da intermediari, tra imprese e famiglie, per coprire i gap temporali tra reperimento delle fonti e ritorni degli impieghi; la Pubblica Amministrazione si occupa della giustizia redistributiva per mezzo della Fiscalità; la Banca Centrale è fornitrice di liquidità e prestatrice di ultima istanza; l’Estero è una fonte di approvvigionamento reale e monetario. Il tutto viene contabilizzato in termini di Prodotto Interno Lordo o in termini di Bilancia dei Pagamenti divisa tra Partite correnti e Movimenti di capitale.
2)  Il flusso monetario all’interno del Paese viene garantito dal debito Pubblico oppure dall’Estero. Infatti quando viene emesso debito pubblico in funzione di attività produttive, lo stesso deve essere sottoscritto dai cittadini, oppure dalla banca centrale oppure dall’estero.  Va da sé che tale flusso è possibile fintantoché c’è denaro disponibile, fiducia e credibilità.
3)  Se il debito pubblico non viene sottoscritto da nessuno dei tre operatori allora lo Stato deve: a) tagliare le spese; b) aumentare imposte, tasse e contributi; c) incrementare gli introiti dall’estero.
4)  Se i cittadini non sottoscrivono il debito pubblico, l’estero non eroga prestiti, la banca centrale non acquista debito sovrano e le spese sono incomprimibili, la soluzione che resta è: licenziare i lavoratori; non pagare gli stipendi; ridurre la spesa pur se necessaria; aumentare la fiscalità.
5)  Lo Stato quindi nelle sue componenti pubbliche o nelle sue componenti imprenditoriali private deve poter trovare la maniera di reperire risorse monetarie per pagare i fattori produttivi o per il sostegno al welfare ed ai settori socialmente più bisognosi. Se lo Stato non riceve le risorse monetarie necessarie può chiedere alla propria banca centrale di emettere maggior quantità di moneta per sottoscrivere o garantire il proprio debito pubblico. Per riassumere possiamo dire che se lo Stato non attinge risorse monetarie da cittadini o dall’estero, tramite investimenti, fiscalità ed introiti da export, è bloccato.
6)  Ciò che è accaduto alla Grecia e si sta cercando di alimentare in via analogica in Italia: difficoltà di emissione del debito pubblico, mancata sottoscrizione dall’estero o richiesta di tassi esorbitanti, aumento dello spread, incapacità della Banca centrale di stampare moneta e sottoscrivere debito pubblico; taglio della spesa pubblica e riduzione dello stato di welfare con impatti negativi su pensioni, istruzione e sanità.

c) Che cosa si sarebbe dovuto fare e non si è fatto ma che adesso diviene perentorio fare

1)  Non è stata creata una Banca Centrale provvista di tutti gli attributi, per cui non è permesso finanziare direttamente debito sovrano.
2) Non è stato creato un meccanismo di compensazione che entri in azione al raggiungimento delle soglie di divergenza economica in termini di competitività.
3)  Non sono stati creati punti di intervento di aggiustamento concordato o automatico di politiche fiscali, salariali e di sovvenzione.
4)  Non è stato integrato il debito europeo nella ragione del 60%.
5)  Non è stata creata una discriminante sulle diverse finalità di debito per investimenti e debito per spesa corrente.
6) Non è stato creato un intervento programmato per l’abbattimento del debito che facesse leva su investimenti da parte di paesi virtuosi;
7)  Non sono stati creati strumenti idonei come Zero coupon o di tipo Brady bonds a lungo termine.
8)  Non è stato monitorato l’impatto del cambiamento operato nei patrimoni dalla perdita progressiva di valore pilotata dalla speculazione internazionale.
9) Non sono stati creati piani di redistribuzione delle plusvalenze che transitno dalla Borsa al settore Immobiliare e viceversa lasciando al mercato la libera accumulazione in termini di rendite di posizione da bolle speculative di Borsa, degli immobili, delle materie prime, del petrolio e dell’oro.
10) Non sono stati infine, creati strumenti finanziari di indirizzo economico reale che possano certezza di sviluppo in costanza di valore.

L’etica ci impone di riflettere su questo bene d’ordine per capirne e salvaguardarne il grande valore. 

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