etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


mercoledì 19 dicembre 2012

L’ETICA 2BEMOD’A


Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.  (Costituzione Italiana Art.3 ).



Mi corre l’obbligo innanzitutto di spiegare il titolo che ho dato a questo post: l’Etica 2BEMOD’A. Non si tratta di un virtuosismo, ma di un acronimo che nasce dalle concezioni di etica personale che mi sento di attribuire  a 2 BE (Bersani e Berlusconi) rivolte a MO (Monti) con le considerazioni di D’Alema: "Monti che tratta gli altri con un atteggiamento professorale quasi fossero tutti ignorantoni che devono imparare da lui. Questo atteggiamento professorale tradisce uno spirito antidemocratico: molte élite si sentono unte dal Signore. Si tengano l'unto e lascino governare il Paese".. Ho pensato di chiamare così questa idea di etica della situazione, opportunisticamente integrata, tra gli interessati e rivolta ad un bene comune tutto loro,  perché rappresenta la realtà più attuale del panorama politico italiano: confusione. Anche questo termine però va visto in entrambe i  sensi, sia di realtà dai profili non perfettamente delineati, sia come miscuglio disordinato di posizioni. Ma qual è la chiave di lettura? Secondo la mia valutazione ciò che stiamo vivendo a livello politico, sia italiano che europeo è un velato, pur se aspro, conflitto tra poteri diversi che sono costretti a scegliere, per loro stessi, il male minore. Infatti andando per gradi basta interpretare in maniera corretta l’operato dei gruppi di pressione sin dall’insediamento di Monti un anno fa a Capo del Governo.
Questi gruppi di potere, secondo il mio parere, hanno  semplicemente concordato il passaggio di consegne in modo tale da mantenere i propri privilegi. Come anche ben descritto in maniera comica da Beppe Grillo:  Monti è stato nominato al posto di Berlusconi per permettere alle banche ed ai gruppi di potere di recuperare le ingenti perdite dovute alla loro spregiudicata gestione finanziaria, salvaguardando in tal modo la stabilità dell’euro e dei posti di comando (poltrone) attuando una strategia impositiva che, in continuità con il precedente governo, potesse agire, avendo il crisma del “governo tecnico” e quindi la discrezionalità assoluta di attuare qualsiasi manovra, pesando soltanto sulle classi medie e meno abbienti, senza condizione di sottoporsi ad un giudizio politico. Poiché per tutte le fasce sociali, adeguatamente impaurite da campagne mediatiche, si era arrivati “sull’orlo del baratro”, il salvatore della Patria, Mario Monti era legittimato ad attuare qualsiasi piano, alla stregua di un riesumato Quintino Sella. Ma il Governo non ha agito in solitudine, ha sempre avuto il quasi generalizzato consenso di tutto il parlamento. Ovviamente anche del PD di Bersani (non stiamo qui pettinar le bambole) e di D’Alema ("Monti sta logorando la sua immagine. Preservi se stesso, sia utile al Paese, non si faccia coinvolgere negli spasmi di una crisi politica sempre più convulsa e sconcertante per i cittadini".) è tuttavia un gruppo di pressione anche se di carattere funzionale. Osservando la segretezza delle decisioni del partito e la mancanza di trasparenza di alcune attività di suoi esponenti, circa 13 se non erro tra indagati, condannati o arrestati per corruzione, concussione, truffe e abuso d’ufficio, può essere ad ogni buon conto reputato come “massoneria strumentale”.  Ecco allora perché si concorda sulle sforbiciate: le pensioni e il diritto al lavoro contrapposte al mantenimento dei privilegi: nessuna riforma del “porcellum”, nessuna legge incisiva sulla corruzione, nessuna legge che imponesse in maniera chiara e lineare l’incandidabilità politica dei condannati. Quindi il risultato non può essere altro che quello che vediamo sotto i nostri occhi: “plus ça change, plus c’est la même chose” (più cambia più è sempre la stessa cosa).

Allora per terminare questo mio pensiero sulla realtà attuale, concluderei con tre considerazioni. La prima riguarda la novità portata da Bersani con le primarie per la scelta degli uomini da inserire nella lista e quindi si tratta di una vera innovazione che evita le lotte delle preferenze ed evita il dispendio di energie, vitali e monetarie, che caratterizzavano le campagne elettorali aspramente combattute a suon di preferenze. La novità può essere considerata etica in quanto manifesta finalità di vero bene comune, attraverso una decisione di etica applicata: la scelta dei migliori. L’unico problema è che Bersani non ha detto quanti ne presenterà, né se saranno scelti da lui oppure potranno presentarsi spontaneamente. Neanche infine quali caratteristiche debbano avere e che cosa devono fare dopo essere stati scelti nelle primarie. Certo se ci sarà una rosa più ampia, nella quale scegliere,  che garantisca la libertà dei cittadini da una lista imposta, se il CV di ciascuno sarà messo su internet a disposizione di tutti, se la competenza espressa sarà indirizzata verso una funzione di governo preciso, se dopo la scelta delle primarie, i vincitori saranno “obbligati” a frequentare un corso specifico di “etica politica”, per imparare come assumersi responsabilità politiche e quindi etiche, allora il cambiamento potrà reputarsi effettivo, altrimenti continuiamo con l’”Etica delle chiacchiere.” L’unico problema che appare di difficile superamento è il tempo: le primarie fatte il 29 e 30 dicembre potranno avere poco riscontro per via delle feste e allora, dato che non avrebbe più importanza la campagna elettorale in relazione al partito, le primarie potrebbero effettuarsi anche verso la fine di gennaio dopo una campagna informativa adeguata. Vorrei ricordare a Bersani che una delle responsabilità primarie di chi vuole agire per il bene comune è la trasparenza dell’informazione. Se agirà in questa maniera avrà, a mio avviso, un consenso più vero e generalizzato anche da parte dei simpatizzanti di altri partiti.  Riguardo a Mario Monti, se avrà la libertà di svincolarsi e di autodeterminarsi, per mantenere la propria credibilità, ritengo che non possa entrare in nessuna lista. Intanto perché la sua nomina a Senatore a vita non può essere oggetto di dimissioni in quanto non previste dall’ordinamento; poi perché, se si inserisse in una lista, sarebbe nello stesso tempo Senatore e Deputato, cosa inammissibile per il nostro ordinamento parlamentare. Infine, se veramente vuole essere al servizio del Paese, deve organizzarsi per creare, mentre gli altri fanno campagna elettorale, non con gli attuali professori indicatigli da qualcuno, ma con tecnici esperti e adeguatamente valutati nel loro impegno in termini politici, vale a dire per obiettivi di bene comune, come può essere il Ministro Andrea Riccardi, al rilancio del Paese.  
Credo che il professor  Mario Monti possa fare ancora qualcosa per il nostro Paese che lo ha accettato, nonostante tutto; debba qualcosa, non solo alla classe media ma soprattutto a quei cittadini che avendo di meno hanno pagato di più. E se questa non è la logica di ordine politico, potrebbe essere una via da percorrere verso un’etica più mirata al bene comune ed alla salvaguardia della dignità sociale di quelle persone che ancora sono da considerare esseri umani del nostro Paese come recita l’art. 3 della nostra Costituzione…..

mercoledì 12 dicembre 2012

L’ETICA E LA GIUSTIZIA NELLE COMUNICAZIONI SOCIALI




                                                                             “11. Speciali responsabilità morali circa il           retto uso degli strumenti di comunicazione sociale 
incombono sui giornalisti, gli scrittori, gli attori, 
i registi, gli editori e i produttori, i programmisti, 
i distributori, gli esercenti e i venditori, 
i critici e quanti altri in qualsiasi modo 
partecipano alla preparazione e trasmissione 
delle comunicazioni. 
È evidente, infatti, quali e quanto grandi 
responsabilità pesino su di loro 
nell'evolversi della società odierna, avendo 
essi la possibilità di indirizzare al bene 
o al male l'umanità con le loro informazioni e pressioni.
Dovranno pertanto conciliare i propri
 interessi economici, politici ed artistici 
in modo da evitare ogni opposizione 
al bene comune. 
Per raggiungere più facilmente questo intento, 
faranno bene a dare la loro adesione a quelle 
associazioni professionali capaci di imporre ai loro membri - 
se necessario anche impegnandosi all'osservanza di un «codice morale» - 
 il rispetto dell'onestà nelle loro attività e doveri professionali…..”.
Atti del Cocilio vaticano 
“II - DECRETO SUGLI STRUMENTI DI 
COMUNICAZIONE SOCIALE - INTER MIRIFICA”

   
In questo post vorrei mettere in evidenza giusto un paio di concetti che forse in questa vicenda Sallusti, non sono tenuti nella debita considerazione: il primo è la responsabilità morale di chiunque rediga, comunichi o rilasci una dichiarazione o una notizia non vera o manipolata; il secondo è il piano della giustizia che attiene al settore delle comunicazioni sociali. Ho volutamente lasciato trascorrere qualche giorno dalla notizia dell’arresto, evasione, fuga e rientro agli arresti domiciliari di  Alessandro Sallusti, per avere una maggior lucidità di riflessione.
E’ inutile ricordare i fatti che lo hanno portato alla condanna di un anno e due mesi di detenzione. Come tutti sappiamo la condanna definitiva è avvenuta al termine del terzo grado di giudizio. Ciò significa che l’imputato ha avuto tutto il tempo e tutti i modi per difendersi e far valere le proprie ragioni. Senza entrare nel merito del giudizio, metterei subito in evidenza che ogni cittadino è sottoposto alla legge ed al proprio giudice naturale. Una cosa che non riesco a capire è perché tale prassi non deve essere rispettata anche per i giornalisti. Chi fa il giornalista o sceglie di fare il direttore responsabile, non lo fa certo per coercizione, bensì per libera scelta. Allora perché persone come Sallusti si sentono discriminate per il solo fatto che non un giudice, bensì tre gradi di giudizio lo hanno trovato colpevole ed hanno comminato la pena prevista dal codice penale. Vorrei capire per quale motivo le normali persone devono accettare le decisioni della magistratura ed invece questo “personaggio” si permette di contrattare con la giustizia. Non solo non ha rispettato la prescrizione degli arresti domiciliari, ma è andato anche al “Giornale” e come pubblicato da Repubblica “A nulla è valso l'appello di Alessandro Sallusti, che di prima mattina aveva pregato le forze dell'ordine di non "violare" il Giornale e aveva proposto ai magistrati uno "scambio": "Io mi consegno a San Vittore se la polizia non viene in redazione", aveva scritto su Twitter. Ma invece a mezzogiorno la polizia è arrivata in via Negri 4, alla sede del quotidiano, per notificargli l'arresto ai domiciliari, ripreso in diretta dalle telecamere di Tgcom24. Due uomini della Digos lo hanno portato via tra gli applausi dei colleghi. Prima di lasciare la redazione per andare a casa con gli agenti, Sallusti ha rilasciato qualche dichiarazione: "Non sono entrati al Giornale, sono entrati nei giornali. Peccato che sia finita così". "E' una ferita - ha proseguito - per tutti noi. Non si esegue l'arresto di un giornalista all'interno di un giornale. La nostra categoria.. Beh dovrebbe avere un sussulto, no?". E ha annunciato: "Evaderò dai domiciliari e andrò in carcere. Tornerò qui a lavorare, mi arresteranno e andrò definitivamente a San Vittore". Proposito messo in pratica alle 12.45, quando il direttore ha abbandonato l'abitazione dove gli agenti lo avevano appena lasciato.”
A leggere queste righe c’è da rimanere allibiti. Verrebbe da dire che si avverte una tracotanza da “quarto potere” con cui si propone addirittura uno scambio…ma con quale diritto…. e poi finisce anche……con gli applausi dei colleghi.  Per non parlare delle successive dichiarazioni…… Allora è ben comprensibile perché in Italia abbiamo poca credibilità: siamo il Paese dei due pesi e delle due misure…..siamo il Paese dove le caste hanno il potere di opporsi anche alla giustizia. Ma questo ovviamente non attiene solo al Direttore del Giornale, ma anche a politici, a mafiosi, a corrotti e corruttori….ciascuno si avoca un proprio diritto di replica nei confronti della giustizia. Eppure sappiamo bene che le responsabilità sono enormi, soprattutto per quanto concerne il reato di diffamazione. Alcuni giornalisti del nostro Paese non ne percepiscono la gravità.  A cominciare dal  direttore del Tg di La7che ha detto "Arrivare a una misura coercitiva è davvero assurdo" la Repubblica riporta ancora "Purtroppo questa - ha continuato - è la inevitabile conclusione di una vicenda insensata. E' insensato che un giornalista venga arrestato per omesso controllo per diffamazione. I reati a mezzo stampa o cagionano gravissime conseguenze alla persona diffamata o non ha senso parlare di misure di questo tipo". Tale affermazione potrebbe essere parafrasata dicendo che “è semplicemente assurdo condannare una persona per un tentato omicidio che però non ha avuto le gravi conseguenze attese”.  Senza riportare le considerazioni dello stesso tenore effettuate da altri giornalisti, direi che occorre ripensare il metodo di giudizio adottato da questa casta: se la legge deve essere eguale per tutti questa va applicata anche al Direttore del Giornale. Se poi invece a latere si vuole discutere dell’inerzia della politica  questo nessuno lo impedisce. Ma una sentenza di un potere istituzionale, per giunta con un giudizio espletato nella massima correttezza della procedura, non deve essere discussa, tanto meno dal diretto interessato.  Però quello che si evince dal suo comportamento è la cosiddetta “sindrome di onnipotenza” che viene dimostrata dal condannato e che è emblematica perché rappresenta lo spaccato di ogni casta che anche in Parlamento, guada caso, come presentato da Ballarò, ha elaborato sì, una legge sull’incandidabilità, ma che permette a tutti i condannati del parlamento, (tranne a uno solo sembrerebbe) di essere rieletti senza problemi ed è stata talmente ben congegnata da permettere perfino Marcello Dell’Utri, nonostante la severa condanna di ripresentarsi in parlamento, poiché patteggiata in un periodo pregresso. Non si capisce però perché per partecipare ad un concorso per bidello nella scuola o usciere in un ministero, una qualsiasi pendenza è ostativa per la partecipazione. Tornando al reato di diffamazione a mezzo stampa, a livello etico c’è da rilevare che l’informazione e quindi la trasmissione della notizia, avviene attraverso i mass media che rappresentano un bene d’ordine che deve essere severamente tutelato per la salvaguardia della correttezza dell’informazione stessa e del corretto impatto sull’opinione o nell’immaginario di chi legge o viene informato. La severità della sanzione a mio avviso, data la mancanza di coscienza, si rende necessaria e importante sia per quanto riguarda la persona che non può essere calunniata impunemente, sia perché se non vi sono sanzioni severe le notizie possono essere strumentalizzate a fini politici, a fini speculativi o semplicemente a fini di raggiro. Che sicurezza potrebbe avere il cittadino sulla veridicità di una notizia pubblicata, se non sapesse che l’estensore della stessa o il responsabile che non controlla adeguatamente sono puniti in maniera esemplare? La responsabilità dei giornalisti e di tutti coloro che si occupano ci comunicazioni sociali deve essere chiara ed inequivocabile e soprattutto non discutibile.  La corretta informazione infatti è un presupposto di democrazia e di equilibrio relazionale a livello sociale. La dignità della persona umana anche se soltanto sfiorata da falsa comunicazione riceve un impatto negativo di indescrivibile portata e pertanto deve essere strenuamente difesa perché altrimenti si svilisce un diritto fondamentale dell’uomo. Detto questo concluderei con il secondo concetto che concerne il piano della giustizia delle comunicazioni sociali, questo deve essere di chiara trasparenza a livello organizzativo e di netta correttezza e onestà sotto il profilo etico. La giustizia che si invoca infatti è quella di carattere commutativo che rende evidente in termini di nocumento, ciò che si determina, con false notizie, nei confronti della persona diffamata o calunniata. Sul piano della giustizia deve essere chiaro che le parole, le scritte, gli scoop dei mass media, sono esattamente come “colpi di pistola” una volta sparati non si possono più fermare. Allora devono essere valutati i due momenti, quello della diffusione che è molto forte ed incisivo, e quello della rettifica che di solito viene fatta valere solo dall’interessato nella completa indifferenza della maggior parte dei lettori. Il peso del momento della diffusione è quindi cento volte maggiore rispetto a quello della rettifica. Essendo così differenti i pesi sul piano della giustizia va quindi esattamente valutato l’impatto e pertanto va anche valutato il fine perseguito, oltre al danno causato. L’unica circostanza che possa essere invocata è l’errore anche se resta molto arduo separarlo dall’eventuale dolo o dalla mira economica che ha fatto scattare la decisione volontaria di pubblicare la falsa notizia.  Sotto il profilo etico dunque la salvaguardia della dignità di ciascun uomo deve essere e permanere la discriminante oggettiva della liceità di pubblicazione di una qualsiasi notizia, dunque il giornalista o chi si occupa di comunicazione sociale deve ponderare bene l’entità del danno, che la propria decisione produce e soprattutto prima di pensare alle conseguenze giuridiche sarebbe opportuno che consideri le conseguenze a livello morale che questa comporta.

lunedì 3 dicembre 2012

L’ETICA NEL PROGRAMMA DI PIER LUIGI BERSANI


E tu che se’ costì, anima viva,
 pàrtiti da cotesti che son morti".
 Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90

disse: "Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti". 93

E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare". 96

Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99
Dante, Divina commedia – Inferno Canto III


Ho volutamente atteso a scrivere questo post per due motivi: il primo per dare tempo a tutti i lettori di riflettere bene su quanto avevo scritto per il programma di Matteo Renzi, e il secondo perché come per il contendente di Bersani alle primarie, anche questo programma non rappresenta alcuna novità, né alcuna originalità e come quello di Renzi si  limita a ripetere triti e ritriti luoghi comuni.
Comunque al di là di alcune “quisquilie” ritengo che debba essere notato, da tutti coloro che sono alla ricerca di una motivazione per decidere su chi debba essere il prossimo presidente del Consiglio per il PD, che non c’è nulla di nuovo sotto il sole e che come dicevo, la matrice dei due programmi parola più, parola meno è la matrice del PD, cioè di un partito non partito. Di un partito cioè che non ha una propria filosofia politica ma solo due anime in contesa tra loro. Di un partito che proprio in virtù di questi esponenti non ha fatto politica per vent’anni, lasciando il Paese in balia del “bunga-bunga” berlusconiano e della “finanza creativa” di Tremonti che ha depauperato la ricchezza del Paese. Ora vorrebbero dimostrare una credibilità che non hanno. Una credibilità che secondo loro può essere fatta anche di sole buone intenzioni; ma il proverbio dice che la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni… quindi se tanto mi dà tanto questa pretesa credibilità da loro ricercata, può essere, da qualcuno, reputata solo di facciata. Quindi una credibilità destinata a non concludere nulla. Anzi il rischio che si paventa è un ritorno di Berlusconi con il pericolo che magari possa anche con i suoi “conigli nel cilindro” tornare anche a vincere le prossime elezioni!!  Il passato è un dato di fatto: invece di portare avanti un’opposizione basata su azioni concrete, centrate sulle possibili misure da innescare per cambiare il Paese, per vent’anni l’attuale segretario del partito, così come Franceschini prima di lui, non ha fatto altro che “inveire” contro Berlusconi, pensando che ciò potesse bastare alla propria azione politica. Purtroppo, non è stato così. I cocci  dell’Italia che stiamo rimettendo insieme e che il collega Prof. Monti sta ricostruendo, come derivato, credo che ormai lo si possa dire con Grillo, di altri suoi più velati intenti e, unitamente ai suoi ministri Passera, Grilli….fino alla ministra “con le lacrime”, hanno una precisa responsabilità: la mancata opposizione politica…..nei fatti, del Partito più forte di opposizione. Ecco cosa dovrebbe contenere il programma in termini etici. Sarebbe etico a mio avviso, infatti, partire da una autocritica oggettiva. Invece che cosa troviamo? Una serie di belle parole che condensano 10 idee che lascio a ciascun interessato giudicare autonomamente. Queste pagine di “programma” si possono trovare andando sul link http://corrieredellacollera.files.wordpress.com/2012/11/programmadibersani.pdf . Da parte mia quello che ho notato, come nel programma di Renzi: tante belle parole, però ahimè, con scarso contenuto politico. Vorrei ricordare che la politica come dice Aristotele è il momento più elevato dell’etica e pertanto vediamo come viene interpretata nel programma di Bersani.  La frase di inizio non prende alcun impegno,  è solo un’esortazione, bella senz’altro, magari anche commovente…ma niente di più.  Il primo punto è la Visione che però non assume responsabilità se non con speranza e verbi al futuro, senza impegni e senza definizioni:  collocheremo, faremo, cercheremo, ricostruiremo….insomma come si diceva  quando si studiava il latino: “spero, promitto e iuro reggono l’infinito futuro”! Anche  il tema della pace dovrebbe essere trattato in maniera diversa, in quanto in Europa è in atto una guerra, non bellica, ma certamente guerra con distruzione di vite umane, senza essere bombardate, con famiglie distrutte e lavoratori disoccupati. Non pensiamo al ‘900  avrei voluto leggere un impegno più serio per la pace di questo secolo.  Il secondo punto concerne la Democrazia  ed è meglio non parlare di quanto viene detto e affermato, in quanto suscita una domanda spontanea: ma Bersani ed il PD dove sono stati in questi vent’anni? Non hanno partecipato all’approvazione delle normative in atto? Che senso ha la legislatura costituente che si invoca?  Che significa strumento parlamentare per il rapporto stato regioni? Si invocano norme stringenti sul conflitto di interesse, ma Bersani dov’era con il Governo Prodi, con il Governo d’Alema? In quale parlamento sedeva nel momento che si parlava dei conflitti di interesse di Berlusconi? Lo stesso dicasi per antitrust e falso in bilancio, cosiccome per l’ultima legge approvata sulla corruzione per la quale ci sono voluti ben quattro anni? Sicuramente Bersani è una persona onesta e in buona fede ma non può fare a meno di non interrogarsi su tali argomenti. Il terzo punto concernente l’Europa è una serie di luoghi comuni che purtroppo rappresentano il limite del pensiero di Bersani. Egli infatti parla soltanto di realtà tecniche relative al voto invece di presentare la sua visione politica sui cosiddetti Stati uniti d’Europa. Egli infatti non presenta nulla di nuovo. Mentre poi sappiamo bene che gli stati più importanti della Comunità europea sono la Germania, la Francia  l’Italia e il Regno Unito e sappiamo che il progetto della Germania è quello di germanizzare l’Europa. Mentre sappiamo che il progetto della Francia è di arginare la Germania per non perdere la propria grandeur. Mentre sappiamo che il progetto del Regno Unito è di natura opportunista tendente  solo ad ottenere benefici senza impegni e senza voler dare nulla in cambio. Non sappiamo invece ancora quale possa essere il progetto dell’Italia in Europa. Bersani non  lo dice.  Anche per il punto 4 non si leggono altro che slogan, non ci sarebbe bisogno di ripeterlo perché  c’è già l’articolo 1 della nostra costituzione che promuove il lavoro. Come tutti, anche Bersani, ripete luoghi comuni sulla precarietà, sull’occupazione femminile senza indicare alcuna proposta innovativa. Come si creano nuovi posti di lavoro? Come si inseriscono i disoccupati in un nuovo lavoro? Ha un meccanismo di riequilibrio occupazionale? Non pare. Quello che però mi preme anche sottolineare è che lo slogan di chiusura impiegato non rappresenta la realtà come in termini etici si auspicherebbe. Infatti a livello etico deve essere ben compreso che il lavoro non è “la possibilità offerta a ciascuno di trasformare la realtà” come scritto, bensì più esattamente “ il diritto dato a ciascun essere umano di misurare la propria dignità”. Per quanto concerne il punto 5 in cui si parla di uguaglianza, a mio avviso va sottolineato che la disuguaglianza esistente non è soltanto italiana, bensì di carattere globale dovuta al liberismo efferato ed al capitalismo di sottrazione ormai generalizzato dall’economia finanziaria,  per cui chi è ricco diviene sempre più ricco e chi è povero diviene sempre più povero. Sempre in questo punto c’è da aggiungere che la giustizia poi non si raggiunge “togliendola dalle mani dei potenti impuniti” ma praticandola in termini etici come giustizia sociale nei suoi tre elementi costitutivi: la giustizia legale la giustizia redistributiva e la giustizia commutativa.  Per ciò che concerne il punto 6 in cui si parla di sapere la questione, in termini etici, non si risolve nell’arrestare l’abbandono scolastico o il declino dell’università.  Per essere etici si deve ripartire dalla rivalutazione della figura e del lavoro degli insegnanti. Dalla ristrutturazione del corpo docente e soprattutto della rivisitazione del rapporto tra scuola e famiglia nei primi anni  della scuola e poi della revisione del tessuto dei docenti universitari, come noto intriso di nepotismi e di favoritismi premianti i portaborse. L’università italiana che non è seconda a nessuno soffre questa situazione di sudditanza, nei confronti degli altri Paesi, che svilisce le potenzialità dei più meritevoli. Il sapere universitario deve essere riscoperto come rapporto con le imprese, ma anche come sapere culturale che trovi impiego in altre realtà di cui occorre suscitare la domanda. La formazione culturale non deve essere monetizzata! Anche per il punto 7 riguardante lo sviluppo non c’è nulla di originale ed innovativo e tanto meno di etico. Sono tutti schemi che ripropongono politiche del passato, l’innovazione appare solo un’astrazione, concetto semplicemente riportato. In realtà in termini etici lo sviluppo italiano in una nuova prospettiva dovrebbe riscoprire quello che è la propria ricchezza culturale, turistica, enogastronomica, florovivaistica, storico tradizionale. Si dovrebbe ripartire dalla valorizzazione di ciascun territorio con le ricchezze di cui ogni regione e ogni comune è ricco, ricchezze uniche ed irripetibili ricercate da tutti i Paesi del mondo. Le nostre ricchezze museali potrebbero essere messe a reddito in maniera utile, magari con sistemi innovativi, che  però non sembrano trovar posto nella mentalità di Bersani, ma che invece basterebbe applicare. Basta il solo riferimento a tutte quelle opere d’arte che giacciono nelle cantine dei palazzi delle belle arti o altre realtà concernenti i centri culturali italiani all’estero ormai chiusi quasi dappertutto. Il punto 8 che parla dei beni comuni, mostra la mancanza di un concetto fondamentale: non ci sono beni comuni; ma un solo bene comune che non può essere pluralizzato. Il bene comune infatti è il bene di tutti e di ciascuno, è un bene che non deve essere confuso con i beni economici, le utilità o il benessere. Il bene comune va inteso come espresso al punto 26 della Costituzione Pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano secondo. Infatti questo non è una somma di beni per cui uno zero tra gli addendi non influisce sul risultato, si tratta invece di una moltiplicazione in cui se esiste anche un solo zero tra i fattori, il risultato è sempre e comunque solo zero.  Anche il punto 9 in cui si parla di diritti, pur se le cose appaiono giuste e per certi versi condivisibili, non presenta alcuna proposta innovativa in termini di etica, che si sarebbe invece potuta ravvisare nella proposta di concepire un nuovo modello di sviluppo;  di tendere ad un nuovo modello di cittadinanza che veda l’etica, come riferimento d’ordine generale e non l’interesse di parte. Un nuovo modello in cui la dignità non sia riconosciuta come diritto che viene accordato per motivi di cittadinanza; ma come carattere eminente dell’uomo semplicemente perché è uomo. Infine la responsabilità che viene presentata all’ultimo punto il decimo, è un enunciato che non ha nulla a che vedere con l’etica, ma con il solo carattere organizzativo della struttura politica. Qui purtroppo non si evidenzia che la realtà politica di cui si dice di essere responsabili passa innanzitutto per la solidarietà e la sussidiarietà contrapposte a quelle che la Sollicitudo rei socialis al punto 36 e 37 chiama strutture di peccato i cui elementi costitutivi sono la brama di profitto e la sete di potere “ad ogni costo”.

giovedì 22 novembre 2012

RIFLESSIONE ETICA SUI PROGRAMMI POLITICI: IL PROGRAMMA DI MATTEO RENZI



“..Com'io al piè de la sua tomba fui, 

guardommi un poco, e poi, 
quasi sdegnoso,
 mi  dimandò: "Chi fuor li maggior tui?".
Dante Divina Commedia – Inferno-  canto X.



Come indicato nel post precedente dedicherò quello di questa settimana al programma di Matteo Renzi. Naturalmente lo scopo è quello di verificarne i contenuti etici  e magari dare qualche suggerimento per una migliore elaborazione. Mi scuso per la lunghezza del post, ma chi è interessato in maniera responsabile all’argomento capirà che si tratta  di riassumere in 5 pagine il contenuto di 15.
Quando sono andato sul sito http://www.matteorenzi.it/images/pdf/Programma.pdf  ho trovato il programma ma senza un indice. L’indice invece  si trova all’indirizzo http://www.matteorenzi.it/idee . Non so quale sia stata la logica che ha guidato questa scelta ma certo non è tra le migliori. Infatti chi vuole avere un immediato colpo d’occhio su quelli che sono i punti principali del suo programma trova qualche difficoltà ad evidenziarli. Comunque andando al secondo indirizzo ci si confronta con 12 punti, che vengono chiamati “idee” ma la cui scala assiologia (di importanza) e prioritaria (di urgenza) non è comprensibile. Si comincia con il punto 1)“Ritrovare la democrazia” e si finisce con il punto 12) “La proposta più importante” passando attraverso una serie di argomenti il cui collegamento in termini politici non risulta semplice in quanto si passa, tanto per citarne qualcuno, da obiettivi politici, come il punto 2) “L’Europa dal basso” a strutture e processi amministrativi come  il punto 5 “Un nuovo paradigma per la crescita: partire dal basso smantellando le rendite” e il punto 7  “Un fisco dalla parte di chi lavora e intraprende”.  Quindi senza entrare nel merito e senza esprimere alcun giudizio si nota immediatamente una confusione tipica dei politici del nostro tempo.
Ma iniziamo con il prologo che rappresenta un proclama non solo composto di luoghi comuni, ma anche per giunta scontati: un paese fatto dal “talento degli italiani”, Comuni virtuosi, aziende efficienti e attori del terzo settore  che “fanno dell’Italia un Paese sul quale vale ancora la pena di scommettere.“  Fatto quest’inno si critica però il sistema che non funziona perché chi fa le leggi “parte da un’idea astratta, anziché immergersi nella complessità del reale,…” ..Veramente, a mio avviso, direi che le famose leggi ad personam di qualche nostro noto politico.. partivano proprio dalla complessità del reale che si è cercata di semplificare, sublimando idee astratte !!!  Ma proseguiamo. Il proclama (che nella seconda riga  dice di non essere un proclama)  passa dalla necessità di trovare strumenti adatti per un cambiamento che non sia soltanto “destinato a rimanere confinato nelle aule del parlamento e sulle pagine dei giornali” contando sulle migliori esperienze che possano divenire la norma, alla “sussidiarietà come filo conduttore della nostra proposta” e senza  poi spiegare il senso della sussidiarietà, se sia verticale, orizzontale, positiva o negativa, passa subito a parlare di  “un grande progetto per gli asili pubblici”! (Mi pare che anche Storace quando divenne presidente della regione Lazio proponeva una cosa del genere..forse un po’ riciclata dai diversi assessori regionali e comunali). Si auspica di “migliorare l’istruzione riportando il merito nella scuola e nell’università” e poi si passa poi all’idea di “restituire potere d’acquisto alle famiglie con un intervento immediato per i redditi più bassi e un’azione decisa sulle tariffe che crescono da noi molto più che altrove,”  e, sulla scia di questi traguardi puramente ideali, per non dire fortemente demagogici, si propone di “ incentivare l’occupazione dei giovani, delle donne e degli over 55 con politiche mirate,” fino ad inventarsi un nuovo sistema di politica sociale “ introdurre un welfare biografico, che segua il percorso di ognuno e permetta a tutti di sviluppare appieno il proprio potenziale.” Non c’è che dire questo è proprio una definizione di bene comune che possiamo ricollegare al punto 74 della Costituzione pastorale del Concilio vaticano Secondo Gaudium et Spes, ma nella realtà, non so per altri, ma per me è veramente difficile coglierne il vero significato, soprattutto in termini concreti. Terminerei questa prima parte con quella che ritengo essere la frase celebrativa del proclama: “Il modo migliore di riscoprire un modello italiano fatto di bellezza e di sostenibilità è ripartire dai territori. Smentire Longanesi che diceva che l’Italia è un Paese di inaugurazioni, non di manutenzioni, con un grande programma di interventi di recupero ambientale e messa in sicurezza, investendo sulla viabilità, sul trasporto pubblico locale, sull’efficienza energetica.”  Nella seconda parte del prologo c’è di tutto e di più, dalla revisione del patto di stabilità, alla sicurezza, alla protezione civile, allo strumento della semplificazione per migliorare l’economia, unitamente ad una pubblica amministrazione trasparente in cui ognuno si faccia carico delle proprie responsabilità legate alla valutazione dei risultati.  Il proclama finisce come dice il detto che tutti si salmi finiscono in gloria: “Ciò che proponiamo è una rivoluzione degli strumenti per raggiungere gli obiettivi di sempre: l’equità, la dignità, una società nella quale ciascuno possa realizzare appieno il proprio potenziale e le proprie aspirazioni. Sono valori di sinistra, ma non sempre la sinistra ha avuto la capacità di promuoverli con la forza necessaria. Siamo rimasti attaccati troppo spesso ai feticci del passato, senza capire che il mondo intorno a noi stava cambiando e che l’unico modo di rimanere fedeli a noi stessi era di cambiare con lui. Il risultato è che oggi viviamo in una società più povera e più diseguale di vent’anni fa, quando l’attuale classe dirigente ha iniziato la propria carriera parlamentare e di governo. Noi non ci rassegniamo a dare per scontato che i figli vivranno peggio dei padri. L’idea che le uniche battaglie da combattere siano scontri di retroguardia è assurda. La sfida, per noi, è riuscire a coinvolgere le forze più vitali nella costruzione di un nuovo modello competitivo che abbia lo stesso potenziale di inclusione sociale del precedente.
Ecco perché noi non diciamo: Un’altra Italia è possibile. Per noi, Un’altra Italia è già qui: basta farla entrare.” Non c’è che dire. Se il buon giorno si vede dal mattino……queste restano le buone intenzioni elettorali di qualsiasi politico per cui viene da pensare al detto evangelico “Non si mette il vino nuovo in otri vecchi” (Marco 2,13) infatti queste idee che vorrebero essere nuove sono messe in una strategia ormai obsoleta, di uomini che spacciandosi per nuovi usano tuttavia vecchi sistemi. Matteo Renzi non è un nome nuovo, è un esponente di partito e le cose che propone provengono più o meno da analoghe idee di quel partito.  Detto questo ed essendo il programma piuttosto lungo ed “arzigogolato” vorrei procedere in maniera molto succinta soffermandomi con una frase su ogni punto. Riguardo al punto 1) Ritrovare la democrazia  si da una nuova definizione di democrazia e di “politica diventata un’ulteriore fonte di caos”. E anche se si vuole ridare forza a questa quale “strumento attraverso il quale i cittadini decidono il loro futuro” in realtà ci si dimentica che Democrazia per dirla con Aristotele ha un altro significato. (cfr. Politica IV 4, 1290 a-b pag. 121 ed. Laterza). Significa sovranità degli uomini liberi e libertà è partecipazione come diceva anche Giorgio Gaber in una sua canzone. Se poi vogliamo essere più concreti riporterei l’intero brano della Politica di Aristotele che parla della democrazia: “…..La prima forma di democrazia è quella così chiamata soprattutto sulla base dell’eguaglianza: ed eguaglianza la legge di tale democrazia stabilisce il fatto che non sovrastano in alcun modo i poveri più dei ricchi e che nessuna delle due classi è sovrana, ma eguali entrambe. Perché, certo, se la libertà esiste soprattutto nella democrazia, come suppongono taluni e lo stesso l’eguaglianza, si realizzeranno soprattutto qualora tutti senza esclusione partecipino in egual modo al governo. Ora poiché il popolo è numericamente superiore e la decisione dei più è sovrana, è necessario che questa sia una democrazia. Ecco dunque una forma di democrazia: un’altra è che le cariche dipendono dal censo, ma che questo è esiguo: per chi lo possiede, deve esserci la possibilità di partecipare alle cariche, chi lo perde non può parteciparvi. Un’altra forma di democrazia è che partecipano alle cariche tutti i cittadini di nascita incensurabile, ma impera la legge: un’altra forma di democrazia è che chiunque prende parte alle cariche, purché sia cittadino, ma impera la legge: un’altra forma di democrazia è che tutte le altre prescrizioni sono le stesse, ma sovrana è la massa, non la legge. Questo avviene quando sono sovrane le decisioni dell’assemblea e non la legge: e ciò accade per opera dei demagoghi. In realtà negli stati democratici conformi alla legge non sorge il demagogo ma i cittadini migliori hanno una posizione preminente. Invece dove le leggi non sono sovrane, ivi appaiono i demagoghi, perché allora diventa sovrano il popolo la cui unità è composta di molti, e i molti sono sovrani non come singoli, ma nella loro totalità”……(Politica IV 4, 1291 b-1292 a pag. 125 ed. Laterza).
Nei paragrafi di questo punto la democrazia si identifica con l’abolizione del bicameralismo con la legge elettorale per scegliere i parlamentari  e il governo, come con l’abolizione di tutti i privilegi. Da notare due elementi di cui non riesco a capire il senso riguardo ai consiglieri regionali, che “devono avere un compenso e, chiaramente distinto da questo, un budget per le attività di servizio uguale in tutte le regioni. Deve essere definito il “costo standard” per il complessivo funzionamento delle assemblee legislative regionali fissandolo ad un valore compreso tra gli 8 e i 10 euro annui per abitante.” Inoltre per i partiti si auspica l’abolizione del finanziamento pubblico o la riduzione introducendo nuovi sistemi come il 5 per mille, la selezione dei candidati  attraverso le primarie, nonché l’abolizione dei contributi alla stampa di partito. Cose  tutte da considerare fortemente positive anche se appunto, sono al momento niente altro che buone intenzioni. Anche per quanto riguarda l’ultimo paragrafo sulla sussidiarietà appare più un proclama di questioni di principio che una proposta vera.  Riguardo al secondo punto riguardante l’Europa dal basso c’è da rilevare il sostegno all’idea dell’Europa proponendo “due linee strategiche: la prima legata all’emergenza finanziaria; la seconda alla ripresa del processo d’integrazione su basi più solide.” Senza far riferimento alla strategia più importante che è quella etica, quella della coscienza del rispetto delle regole. Invece di costruire qualcosa su questa linea si propone un sistema bancario e finanziario integrato, con una assicurazione reciproca degli stati, esattamente come era nel passato. La stessa cosa vale per l’ultimo paragrafo di questo punto in cui si auspica di “fare gli europei” ma pur nella comprensione delle sue buone intenzioni, non si invoca un percorso evolutivo naturale, bensì un percorso istituzionale in cui si pensa di riportare la vocazione europea: semplicemente una illusione, a mio avviso. Invece di ripensare il modello di sviluppo europeo si invocano strumenti come gli eurobond a emissione vincolata e svolta da un’agenzia di debito europea. Forse si potrebbero ipotizzare altri tipi di soluzioni più rispondenti agli obiettivi di stabilità attraverso una unione politica come giustamente si dice della elezione diretta del presidente della Commissione europea che sia però anche presidente del Consiglio. Ci sono poi dei paragrafi discutibili, come “la riforma del parlamento europeo in senso bicamerale” oppure politica estera e difesa comune. Buono l’auspicio di finanziare programmi come l’Erasmus, oppure l’investimento in capitale umano europeo con una mobilità internazionale in termini  di scambi di studenti nelle diverse università europee. Si, è sicuramente interessante, ma quali dovrebbero essere le condizioni? Quali le scelte? Mi sarei aspettato qualche indicazione in più. Buono invece è il servizio civile europeo, anche se la proposta deve essere stata formulata da persone che non sono mai state all’estero e non conoscono le lingue e le difficoltà di parlare correntemente una lingua straniera per effettuare un servizio.  Anche il punto 3 concernente le premesse per il rilancio manca di una proposta oggettiva laddove dice: “Chi vuole governare deve prendersi un impegno chiaro di non scaricare sulla prossima generazione il peso dell’aggiustamento, come ha fatto chi ha governato in passato.” Ammirevole nel paragrafo successivo l’esercizio di reperimento di risorse dalla cessione di immobili pubblici, dalla cessione di partecipazioni e dalla capitalizzazione delle concessioni. Anche l’istituzione del fondo per la riduzione della pressione fiscale appare essere una idea ormai obsoleta, rispetto a nuovi metodi di tassazione con semplificazione d’aliquote, possibile detrazione generalizzata delle tasse relative a spese e consumi specifici oltre ai controlli telematici incrociati con nuovi tipi di dichiarazioni. Anche riguardo all’idea della spending view ci sarebbe da notare una certa ingenuità rispetto alle cifre indicate, la cui individuazione non dovrebbe essere proprio così semplice come enunciato, basta leggere il punto quattro che dice: “4. Una riduzione dell’area del pubblico impiego, senza licenziamenti e senza esuberi, ma con estensione del part time, riduzione del numero dei dirigenti e limitazione del turn over, con esclusione della scuola, e migliore mobilità territoriale del dipendente pubblico. Obiettivo di risparmio 4 miliardi”. Oppure il punto “5. Un recupero dell’evasione fiscale del 25-30 per cento. Base aggredibile: 120 miliardi. Obiettivo di risorse recuperate 30-36 miliardi”. Anche il punto 04.Investire sugli italiani appare un pochino demagogico concernente il potenziale degli italiani, la formazione di capitale umano incoraggiata dal sistema pubblico, si ritorna a parlare di asili nido, di una scuola dove si impara davvero attraverso cinque proposte basate su  investimenti, incentivi,valutazioni degli istituti scolastici, sulla selezione del corpo docente  ecc. tutte cose che nel settore scolastico si sentono da almeno vent’anni e che non si è mai riusciti ad attuare. Buono il paragrafo relativo all’eliminazione della formazione che serve solo ai formatori, ma la metodologia abbozzata non appare molto convincente soprattutto quando si parla di “Rilevazione sistematica del tasso di coerenza tra la formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi,” chi si occupa di formazione sa bene che tutto dipende dal mercato e non già dai sistemi formativi impiegati. Anche per il rilancio della ricerca in cui si vuole procedere a valutare risultati quantitativi sulla qualità, vanno discussi nei pro e contro, dato che l’Anvur citato non sembra poi essere una garanzia. Demagogico appare anche il punto che parla di qualità della formazione degli atenei, di aumento delle tasse e di prestiti agli studenti. Sempre senza dire come e dove si trovano le risorse. Anche il paragrafo e promuovere l’accesso al lavoro di giovani, donne e over 55 appare fortemente demagogico oltre che ideologico misto a una certa ingenuità  soprattutto laddove si dice 2. Per i giovani. Al fine di combattere la precarietà e ridurre il cuneo fiscale, tutti i nuovi contratti a tempo indeterminato avranno un bonus contributivo di 1000 euro l’anno, cioè cento euro al mese, per tre anni, con una riduzione del costo contributivo di circa il 20 per cento per gli operai e del 15 per cento per gli impiegati secondo i dati della CGIA di Mestre. Il finanziamento di questo intervento pari a 1,5 miliardi avverrà tagliando la spesa pubblica. Nel mondo attuale 100 euro al mese di bonus contributivo non hanno alcun potere incentivante. Per l’ultimo punto riguardante gli over 55 sarà molto difficile attuarlo in maniera chiara e trasparente. Ci si riferisce ad un modello svedese che niente ha a che vedere con la situazione italiana, basta confrontare la popolazione che in Svezia è di appena 9,2 milioni di persone su un territorio di 400 mila Km quadrati e con una sufficienza energetica che vede le importazioni nette di energia al 33% del consumo, contro l’85% importato dall’Italia. Passando poi al punto 05 nuovo paradigma per la crescita  propone un sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti con reddito medio basso in maniera molto poco convincente , certamente di scarso appeal e le detrazioni suggerite non sarebbero poi così semplici da ottenere, vista la difficile congiuntura economica.  Stesso dicasi per le liberalizzazioni  per far scendere le tariffe. Cosa che a mio avviso non potrà sortire gli effetti sperati a causa della salvaguardia operata dalle diverse lobby di assicurazioni, banche, ferrovia ecc.. Stessa cosa dicasi per i 250 miliardi di credito garantito per le aziende le soluzioni di reperimento delle risorse appaiono piuttosto difficili oltre che impegnative anche per il coinvolgimento delle banche soprattutto perché non si tiene conto dello scenario economico dei prossimi 5 anni.  Nel paragrafo successivo riguardante le grandi opere e i grandi risultati si nota una confusione di intenti da perseguire, dagli asili nido al traffico, al trasporto pubblico  al recupero ambientale ecc. unitamente alle grandi opere ed alle infrastrutture la cui valutazione dovrebbe essere affidata a esperti indipendenti, così come puntare sulla banda larga e le tecnologie Smart per limitare i costi di energia e trasporto senza prendere in considerazione le opportunità rivenienti da opere di risanamento di ferrovie, acquedotti e strade nonché di sviluppo del territorio.  Si parla anche di strategie per riaprire l’italia agli investimenti stranieri ma non si fa alcun accenno al problema delle mafie.
 Anche nel punto 06 welfare come investimento non ha nulla di innovativo rispetto all’esistente e cerca di trovare un appeal usando termini come “Welfare privato” oppure welfare aziendale, sindacale cooperativo. Si parla di semplificazione legislativa del terzo settore foriero di buona occupazione con un riordino delle organizzazioni che ne fanno parte, nonché favorire “clausole sociali” che però non vengono spiegate. Si propongono nuovi servizi alla persona sfruttando il lavoro a basso costo con tecniche di pagamento già esistenti. Nulla di nuovo sotto il sole. Anche la Flexsecurity e la sanità presentano proposte a livello di buone intenzioni la prima sulla base del modello scandinavo e la seconda con una serie di finanziamenti le cui fonti non sembra sia così facile da individuare. Il servizio sanitario deve rispondere a standard regionali sia in termini di costi, sia in termini di letti disponibili  che di valorizzazione dei medici di famiglia e di filtro medico-diagnostico. Anche la riforma previdenziale è questione di buone intenzioni, senza alcuna indicazione. Riguardo al Fisco  il ritornello è quello che sentiamo da anni come semplificazione, riduzione e la novità è la dichiarazione pre-compilata che il cittadino dovrebbe ricevere dall’Agenzia delle entrate. Quanto di più difficile ed arzigogolato che certamente comporterà un contenzioso incredibile. Si parla di fisco semplice per le imprese come di riduzione della pressione fiscale ma entrambi di non semplice attuazione, data la congiuntura. Si trasformano gli studi di settore con un Standard Businness reporting, si auspica lo slittamento di competenza, nonché di concordare il reddito di impresa  con l’Agenzia delle entrate. La stessa difficoltà ritengo si presenterà nel caso si volesse attuare il fondo per la riduzione della pressione fiscale recuperando fondi da evasione. Il punto 08 uno stato semplice, dalla parte dei cittadini, non presenta nulla di nuovo tranne le semplificazioni elettroniche e la valutazione del merito attraverso sistemi smart. Il tutto con una semplificazione delle leggi  nonché la riduzione dei tempi dei procedimenti giudiziari tramite l’unificazione dei riti, la semplificazione delle sentenze e l’applicazione del decalogo del tribunale di Torino che semplifica e concentra alcune attività giudiziarie. Poi il punto 09 il modello italiano cultura turismo e sostenibilità  cerca di dare delle indicazioni, ma senza alcuna idea innovativa se non quella di fondere gli Istituti di cultura italiana all’estero con i centri linguistici Dante Alighieri. Anche la parte dedicata al turismo pur non avendo proposte innovative prospetta tuttavia il cambiamento di governance ritornando un’attività a sistema centralizzato nazionale. Unitamente a questo si fanno una serie di proposte relative a una nuova offerta di turismo e una nuova attività di promozione. A riguardo della sostenibilità si suggeriscono le città rinnovabili, gli incentivi rinnovabili, l’ammodernamento della rete elettrica e la gestione dei rifiuti che devono trasformarsi da problema a risorsa. Anche l’agribusiness viene accennato per la tutela dei nostri prodotti agro-alimentari.  Non auto blu ma auto verdi è l’auspicio che conclude l’argomento, ma senza enfasi. Il capitolo relativo alla Garanzia di sicurezza  porta alcune soluzioni un po’ confuse come la riduzione del numero delle forze di polizia. La creazione di comitati di partecipazione per coinvolgere i cittadini sui problemi della sicurezza, del degrado urbano e della microcriminalità. Si suggerisce un nuovo modello di ordine pubblico che appare forse la proposta più originale che si trova nel programma e riguarda la possibilità di avere uomini di origine straniera, come agenti di polizia, in modo da avere riferimenti più precisi in corrispondenza della criminalità derivante dal fenomeno migrazioni. Si auspica pure di affrontare le nuove forme della criminalità organizzata ma senza idee innovative. La giustizia deve essere riportata nei tempi giusti, tolleranza zero per la corruzione tramite la creazione di nuove fattispecie da perseguire, il potenziamento delle pene ed applicare metodi anticorruzione per le amministrazioni sul modello della legge 231. Anche per le pene si auspica l’applicazione di altri modelli;mentre per i tossicodipendenti si auspica l’introduzione di forme di depenalizzazione. Infine si auspica il ritorno della protezione civile sui territori in maniera adeguata. Il punto 11 diritti all’altezza dei tempi si occupa di immigrazione e cittadinanza auspicando il ritorno del buon senso nel riconoscere la cittadinanza ai bambini nati sul nostro territorio. Inoltre, anche se di difficile attuazione, si auspica la cosiddetta immigrazione intelligente concernente permessi ed agevolazioni per gli immigrati regolari. Un argomento interessante ma che non viene sviluppato più di tanto è quello della Civil partnership che riguarda una certa regolarizzazione e riconoscimento delle unioni omosessuali. Però non dice se si tratti di patto di mutua assistenza non equiparabile al matrimonio, e non parla neanche della possibilità di adozione. Il punto poi ha un paragrafo relativo alle convivenze con la registrazione delle coppie di fatto, senza specificare approfonditamente le metodologie. C’è un paragrafo dedicato al divorzio veloce, un altro alla fecondazione assistita ed infine uno sui diritti delle idee relativo ai diritti di proprietà intellettuale.  La sensazione che si ha leggendo i diversi paragrafi di questo punto è che non si sia voluto approfondire per non rischiare il consenso. Il programma finisce con il punto numero 12 la proposta più importante che è quella meno argomentata perché è la richiesta di suggerimenti e idee ulteriori.
A conclusione di questa carrellata vorrei sottolineare che a mio avviso è un peccato che sia stata sprecata tanta vitalità e tanto potenziale mediatico da parte di Matteo Renzi, che io ritengo molto in gamba e soprattutto in perfetta buona fede. Allora qual è la cosa migliore da fare in termini etici? Il suo programma non evidenzia un percorso etico ben individuato limitandosi come detto ad enunciare alcune buone intenzioni da tutti condivisibili, e dunque quello che mi permetterei di suggerire affinché abbia qualche chance nelle primarie di cambiare strategia: 1) semplificare il programma in 4 punti; 2) parlare solo di obiettivi etici; 3) presentare la squadra che dovrà supportarlo; 4) prendersi pubblicamente l’impegno di ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio di un governo che sia veramente politico e quindi la più alta espressione dell’etica, presentando una lista di ministri che non giureranno solo davanti al Presidente della Repubblica, ma davanti a tutti in Piazza del Popolo, ciascuno prendendo l’impegno ufficiale ed in prima persona di voler lavorare, con la massima trasparenza per il bene comune di tutti gli italiani senza parzialità, di non avere conflitti di interesse, di non aver usato in passato, rifiutandole anche per il futuro prassi di corruttela e concussione oltre che di approfittamento economico e finanziario.
Semplificazione del programma in 4 step: 1) competenza professionale; 2) conoscenza dei limiti etici del servizio politico; 3) trasparenza; 4) censura sociale.
Gli obiettivi etici sono la promozione del bene comune e la salvaguardia della dignità dell’uomo in ogni suo aspetto e delle tre progettualità fondamentali: sociale, politica ed economica;
Mettere su Internet nomi e cognomi e curricula della squadra con possibilità da parte di ogni potenziale elettore di interloquire con ciascuno dei componenti ma anche dei consulenti esterni;
All’atto della vittoria delle elezioni impegnarsi con chi ha dato la propria fiducia a sottoscrivere procedure cosiddette di best practice a favore degli obiettivi etici indicati.
Se Matteo Renzi capirà che la crisi è di ordine etico rendendosi disponibile non solo alla “rottamazione” ma alla ricostruzione della società italiana  nei suoi aspetti più profondi potrà certamente vincere e cominciare a far sperare in un futuro migliore: le idee camminano sulle gambe degli uomini…se gli uomini hanno il coraggio di portarle aventi le idee cambiano il mondo……altrimenti le idee restano in un cassetto e gli uomini continuano a piangersi addosso!

giovedì 15 novembre 2012

RIFLESSIONE ETICA SUI PROGRAMMI POLITICI: IL MOVIMENTO CINQUE STELLE DI BEPPE GRILLO


“…Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile. Vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscono con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica".  
(Gaudium et Spes n. 75)

In questo periodo di grande confusione, di vivace fermento e di corsa alle primarie, dedicherei alcuni  dei miei post ad una riflessione etica sui programmi che i diversi candidati, appartenenti o no a partiti e movimenti, presentano ai propri potenziali elettori.
Il mio giudizio certamente non vuole entrare nel merito della bontà più o meno condivisa di quanto è scritto all’interno di ciascun programma, bensì una valutazione, senza giudizi e pregiudizi, di ciò che manca in termini etici e perciò politici. Se infatti con Aristotele crediamo che la Politica sia il momento più elevato e fondante dell’etica, se quest’ultima non è rispettata all’interno dei programmi ovviamente appare inutile parlare di politica.
Per una sorta di “pars conditio” cercherò di prendere un po’ tutti i programmi e confrontarli non tra loro, non avrebbe senso, ma con una riflessione di principio alla quale ancorare la finalità etica di ciascun programma che si vuole connotare politico.
Comincerei dal programma del movimento cinque stelle di Beppe Grillo, per  passare via via a quello di Renzi, Bersani, Alfano, Di Pietro e gli altri dei partiti che troverò sul web.
Questo perché ritengo, come ho detto nel mio precedente post, che il tempo da qui alla data delle elezioni, può dare la possibilità ai cittadini di porsi in maniera critica nei confronti dei propri candidati ed imporre loro di sanare i programmi con gli elementi etici mancanti.
Certo la mia disamina non potrà essere esaustiva, ne tanto meno approfondita per ovvi motivi di spazio, ma cercherà di essere quanto più incisiva e concreta possibile sotto il profilo sia del principio di riferimento, sia delle lacune esistenti.
Sono andato quindi sul sito www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf  e d ho notato subito una carenza informativa: Manca l’obiettivo del programma.  Nella pagina di copertina c’è la parola programma c’è la specificazione “Stato e cittadini Energia Informazione Economia Trasporti Salute Istruzione” senza che vi sia un minimo di spiegazione di ciò che deve fare da elemento di connessione e raccordo tra queste parole.
Sarebbe opportuno che dietro questo incipit di apertura ci fosse una “frase obiettivo” tanto per capirci quello che nella comunicazione si chiama “pay off”. Ciò significa che la Conoscenza del Movimento è da ricondurre a quella esclusivamente mediatica e comica di Beppe Grillo.
Ma procediamo per gradi. In seconda pagina c’è la parte “STATO E CITTADINI” come titolo, seguito da una affermazione che direi un po’ troppo luogo comune infatti  ancorché presentata dal M5S è una frase che potrebbe essere detta da chiunque e pertanto evidenzia quello che si definisce “qualunquismo”.  Dire infatti che la frase “Il Parlamento non rappresenta più i cittadini” per ragioni di tecnica procedurale in termini elettorali, non significa nulla. Tecnicamente in termini di legge elettorale una maniera di votare vale l’altra. Ciò che è importante invece è il criterio di scelta del candidato, ma non all’atto dell’elezione, bensì quello che deve essere seguito dal partito all’atto dell’inserimento nella lista elettorale. Il parlamento è una espressione della democrazia rappresentativa e pertanto dire che non rappresenta più è una contraddizione in termini. Anche l’affermazione che la “Costituzione non è applicata” e la frase che segue riguardo alla sostituzione dei partiti alla volontà popolare, appare più demagogica che sostanziale.
Ma andiamo a fare una panoramica sui diversi punti. “L’abolizione delle provincie, dei rimborsi elettorali e l’accorpamento dei comuni sotto i 5.000 abitanti” sembrano copiate dal comune vissuto, riportano giudizi strumentali. A mio avviso se M5S avesse voluto distinguersi in termini di etica positiva bastava dire non abolizione, bensì, valorizzazione dell’autarchia provinciale dando un senso esistenziale all’aggregazione territoriale. Anche il M5S non va più là del senso economicistico, mutuato dal “governo dei professori” che tanto critica. Lo stesso dicasi per i rimborsi elettorali: senza i soldi di Grillo impiegati in politica e senza le donazioni fatte a suo tempo da “Borletti” al neo-parlamentare Antonio Di Pietro, non ci sarebbero né il M5S né tanto meno l’IDV. Quindi non è l’abolizione dei rimborsi, quanto più la rendicontazione puntuale in un quadro di controlli incrociati che ha valenza etica di trasparenza. L’accorpamento dei Comuni come per ciò che dicevo per le provincie è una manifesta posizione di pressappochismo politico dettato dai “tagli lineari” operati dal presente Governo in carica sulla scia delle precedenti posizioni “tremontiane” che ancora oggi non si capisce a giudizio di molti cittadini, quanto fossero strumentali, o di “incosciente gestione”, come si rivelò la scarsa competenza del ministro al momento dell’entrata in  circolazione della moneta euro. Anche allora il Ministro si guardò bene dal controllare circolazione della nuova moneta e prezzi gonfiati dai commercianti che sono tutt’ora alla base dell’impoverimento degli italiani. Tornando ai comuni non si può non ricordare che i Comuni hanno una loro storia, hanno fatto la storia e come ogni storia finiranno solo con la morte o la distruzione non certo con l’accorpamento. Allora invece di accorpamento individuiamo i criteri di sostenibilità di servizi consorziati sul territorio. Rispolveriamo le identità culturali dei comuni, cerchiamo di mettere in luce i tesori che i nostri Comuni, ancorché piccoli, rappresentano ed invece di cancellarne l’autonomia, cerchiamo di valorizzarne la ricchezza. Certo la posizione etica richiederebbe di capire ed attuare come!
Scusate se non proseguo. Sembra di sparare sulla croce rossa. Lascio a chi vuole continuare.  Mi sembra impresa alquanto ardua su una proposta che si lascia commentare da sola. Ho scritto quasi due pagine e sono arrivato ancora solo al terzo punto del primo argomento della prima pagina che ne conta 17! Ma quale etica cerchiamo in queste parole e nelle persone del M5S?
Aspetto considerazioni e suggerimenti da confrontare insieme. Non solo tra noi ma da suggerire al M5S perché ritengo che abbia un valore aggiunto e che sia possibile far notare le incongruenze e correggerle.  Io la prossima settimana esaminerò il programma di Renzi. Speriamo bene!!!

domenica 11 novembre 2012

IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E LA VISIONE ETICA DEI PROSSIMI QUATTRO ANNI


                                                                                                 
Sebbene la strada sia stata dura e il viaggio lungo,
                                                                                                                 ci siamo risollevati e abbiamo la certezza per
l'America il meglio deve ancora venire, sarò
più forte e ispirato di prima: non sono mai stato
così pieno di speranza per il futuro"!
Barack Obama

                                                                                                                             

Oggi pur se le intenzioni erano di parlare d’altro, sono costretto dalla “forza della notizia” a parlare dell’elezione di Barack Obama alla presidenza degli stati Uniti per i prossimi 4 anni.
Anche se a qualcuno potrà dispiacere non mi sento di fare discorsi inneggianti o di soddisfazione partitica, ma vorrei fare il punto sulla visione etica che dovrà informare il Presidente Obama nei prossimi quattro anni: voglio prendere in considerazione l’uomo Barack Obama che si assume una responsabilità ulteriore in termini di aspettative dell’umanità.
Non parlerò pertanto, come ho sentito fare a Oscar Giannino, dei problemi relativi alla liquidità profusa dalla Federal Reserve, né della scelta sul  futuro presidente della banca centrale americana. Né come hanno fatto tutti i quotidiani, centrare il discorso sugli elementi di responsabilità a livello di politica economica o economico-finanziario di riequilibrio dei conti.
Oggi vorrei riflettere brevemente su quelle che sono state le situazioni che hanno coinvolto Obama negli scorsi quattro anni e quali saranno quelle che lo coinvolgeranno nei prossimi quattro a livello umano. Tale riflessione cercherà di evidenziare la visione etica che deve informare questo presidente, che scaturisce dalla sua esperienza umana e dalle attese che soprattutto le classi più povere ed emarginate hanno riposto in lui. C’è da stupirsi infatti che la “Liberal”  America non sia riuscita a far prevalere la visione “capitalistica” “guerrafondaia” e “imperialistica” di Mitt Romney perché? Forse qualcosa sta cambiando. Cerchiamo di fare il punto.
Innanzitutto diciamo cosa Barack Obama non è riuscito a fare nello scorso mandato: nonostante i suoi propositi non è riuscito a fare cambiamenti fondamentali, gli Stati Uniti hanno continuato a mantenere il loro contingente militare nei diversi posti del mondo, la riforma del sistema sanitario ancora deve essere praticamente attuata, il sistema bancario e finanziario resta sottoposto a spinte speculative dettate dai potenti gruppi bancari, il debito gemello (deficit interno ed estero) continua a crescere, il cosiddetto “fiscal cliff” per la riduzione del deficit ha fatto più male che bene, la disoccupazione resta un problema primario, l’insicurezza ambientale non ha trovato miglioramenti, le realtà sociali sono sempre più distanziate in termini di distribuzione della ricchezza  che vede l’indice di Gini negli Usa tra 45 e 49, la discriminazione razziale continua ad essere un problema soprattutto nei confronti dei cosiddetti “Ispanici” che sono ormai quasi 42 milioni pari ad un quinto della popolazione, infine la povertà, l’insicurezza della rete web originata da wikileaks di Assange e tante altre cose ancora…..
Ma detto questo per il passato…che possiamo pensare per il futuro? “Four  years more!”
Non parliamo dunque delle politiche espansive o di recovery per salvare gli Stati Uniti dal fallimento in cui le società di rating vorrebbero che finisse per motivi speculativi politico-finanziari, tramite il semplice abbassamento delle cosiddette “AA”. Parliamo invece dell’uomo Obama. Delle sue responsabilità morali prima che politiche e sociali. Pensiamo a quelle che sono le responsabilità di fronte alla progettualità innanzitutto di carattere umano. Pensiamo che quest’uomo possa da solo risolvere tutti i problemi degli Usa e del mondo? Io cercherei di capire meglio il suo status. Il presidente degli Stati Uniti, è innanzitutto un uomo come tutti gli altri. E’ un uomo sottoposto a paure emozioni ed incertezze come qualsiasi altro essere umano. E’ sempre e comunque una creatura. E’ un uomo a cui si richiede di misurarsi con un ruolo che, come si è dimostrato nel tempo anche per gli altri presidenti usa, è artificiale. Un ruolo da “Deus ex machina” che di fronte ai problemi dell’umanità perde di consistenza. Un ruolo che per poter essere esercitato ha bisogno di un salto di paradigma culturale, non solo per chi lo riveste, ma anche per coloro che sono insieme a lui nella sua squadra e anche per i suoi partners o le sue controparti ai vertici del mondo. E’ un po’ come il crollo del muro di Berlino. Finché questo muro ha significato la salvaguardia di un certo tipo di ideale di libertà, c’è stata la possibilità per alcuni uomini di esprimere la volontà di operare per un obiettivo di sviluppo concreto, anche se a volte con mezzi poco ortodossi…ma dopo che è crollato il muro è crollato anche l’ideale di libertà e con esso oltre alla mancanza di uomini si è evidenziata una carenza di volontà attraverso i mezzi che se prima erano poco ortodossi, sono divenuti manifestamente distruttivi non solo della realtà politico sociale, ma soprattutto della fiducia del mondo intero verso le attese del futuro.
C’è qualcuno che dice che il problema prioritario è il problema economico di riequilibrio dei conti, io dico invece che il problema prioritario per questo presidente al suo secondo mandato è il problema etico. Un problema di riconoscimento del bene comune e di salvaguardia della dignità dell’uomo e quindi delle sue responsabilità in termini di etica applicata. Un problema di non facile soluzione su cui si confronteranno suo tramite, camera repubblicana e senato democratico, con la volontà di attuare leggi che stravolgeranno la maniera di vivere non solo degli americani: leggi sulla sicurezza, leggi sulla procreazione, leggi sull’eutanasia. Leggi sulle unioni Gay, leggi sulle pari dignità dei diritti dell’uomo, leggi sulle immigrazioni ed altre.
Ecco il fardello che dovrà portare Barack Obama insieme a Michelle: il sogno di un’America unita che sappia continuare a fare da indicatore di progresso all’insegna di una democrazia che però finalmente si esporti non con la guerra, ma con una visione etica che deve essere innanzitutto politica, in cui l’imperialismo non sia guidato dalla forza delle armi, ma dalla capacità di dialogare con i propri pari. Ecco allora che Obama dovrà confrontarsi innanzitutto con la piaga più grande che è la paura del terrorismo che blocca qualsiasi iniziativa democratica. Poi dovrà concepire un nuovo modo di rilasciare la cittadinanza statunitense che non sia una lotteria. ma una procedura rispettosa dei diritti umani. Un altro problema è la circolazione delle armi, la libera vendita che si configura per ogni americano nella libertà di sparare senza problemi a chiunque venga ritenuto un proprio nemico esattamente come nel Far West. Un’altra responsabilità grande che attende Obama sotto il profilo umano è la visione dei fronti di guerra, che veda una consistente riduzione delle spese militari, che non si attui solo per problemi economici, bensì per un necessario cambiamento di prospettiva più rivolta al rispetto dei diritti attraverso il dialogo che non all’imposizione delle proprie ragioni attraverso la forza. Avrà la responsabilità di conciliare il problema della disoccupazione che resta intorno all’8% con i tagli alle sovvenzioni e la riduzione delle tasse. Dovrà trovare una soluzione alle istanze di riconoscimento ufficiale delle coppie gay in un quadro normativo che miri a riscoprire il senso della vita ed il senso della socialità. Poi ci saranno responsabilità sul fronte internazionale una delle quali sarà quella di imparare a “parlare cinese” con una controparte che per ergersi a prima “forza economica” sta creando problemi di contenzioso politico con Taiwan, con il Giappone e sta imponendo al mondo, nel contempo tramite il suo dumping sociale, un regresso di tutti i diritti conquistati, in occidente nel secolo scorso anche con sacrificio di vite umane. Sarà chiamato quasi certamente ad occuparsi dei nuovi equilibri del nord Africa. Dovrà poi confrontarsi ancora con un fantasma che si chiama “Unione Europea” la cui esistenza sono certo che sarà probabilmente determinata dalla sua richiesta di identificarsi in termini di partner come unico organismo e non come soggetto a 17 o 27 facce a seconda delle situazioni. Dovrà confrontarsi con problemi ambientali, di scarsità energetica e di equilibri ecologici divenuti ormai globalizzati.  Insomma le sue responsabilità saranno molte e vincolanti per il raggiungimento di obiettivi di umanità e di sviluppo che il mondo, soprattutto quello dei poveri e degli emarginati si attende dall’uomo più potente del mondo e tali vincoli sono da ascriversi ad una vera e nuova visione etica da cui il Presidente che si professa cristiano non potrà esimersi soprattutto per la sua immagine riconosciuta da tutti come attenzione ai poveri. 
E, a tale proposito riporterei  Jacques Maritain che nel suo Umanesimo integrale a pag. 151 afferma, citando il vangelo di Matteo, cap. 26,11: “« I poveri, voi li avrete sempre in mezzo a voi ». Questa frase significa al contrario, Cristo stesso non sarà sempre fra voi, ma voi lo riconoscerete nei poveri, (che spiega in nota: «nei quali io sono, li troverete sempre fra voi, per servirmi in loro») che dovrete amare e servire come Cristo. Non è una classe sociale ad essere qui designata; sono gli uomini i quali hanno bisogno d’altri per sussistere quale che sia la natura, l’origine e la causa della loro indigenza. Sinché vi saranno classi o caste oppresse, è lì che l’amore andrà prima a cercarli; se un giorno non vi saranno più li troverà ancora ovunque saranno. E perché li ama, vuole che un giorno non ci siano più classi o caste oppresse.”