“Il piacere che un oggetto ci procura
non si trova nell’oggetto per sé medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo
e quasi irraggiandolo d’immagini care. Nell’oggetto insomma amiamo quel che vi
mettiamo noi.” Luigi Pirandello Il fù
Mattia Pascal cap. IX
Quando
all’inizio di quest’anno ho appreso la tragica scomparsa di Vittorio Missoni,
devo dire che sono stato pervaso da una tristezza e da una inquietudine
indicibili: la tristezza perché avendolo conosciuto personalmente ed avendo
preso con lui degli accordi per un progetto sulla moda italiana, mi sono
trovato con un lavoro in itinere senza avere un limite di tempo per discuterlo
e una scadenza di consegna; dato che l’accordo era stato di natura verbale e
preso direttamente con lui non avevo altre possibilità. L’inquietudine derivava
dal fatto che non avevo il coraggio di contattare la famiglia per condividere
la mia tristezza. Ogni contatto mi appariva fuori luogo. L’occasione di conoscere
i Missoni, era stata la giornata del 16 novembre 2012 con il Premio Moda
Fismo-Confesercenti ad Ottavio Missoni come riconoscimento per il 2012,
celebrata presso la Confesercenti Nazionale dalla FISMO.
Da quel tragico 5 gennaio non ho fatto che
vivere momenti di attesa. Purtroppo non ho più avuto il coraggio di lavorare al
progetto e né tanto meno di interpellare qualcun altro in proposito. Sono stato
in una continua attesa di notizie. Sono vissuto nella speranza di rivederlo e
di poterci parlare. Spesso mi ritornava alla mente il suo intervento presso la
Confesercenti: dalla sua voce traspariva la certezza di chi sa che gli ostacoli
si possono superare anche se intorno hai tanta gente sfiduciata. Il suo
messaggio era chiaro, la scelta degli uomini deve seguire il ciclo naturale
delle cose e proprio in questo ciclo saper creare quell’innovazione che possa
far da trampolino di lancio all’organizzazione, al prodotto e soprattutto alla
prospettiva di sviluppo. Dalla sua maniera di porsi di fronte alla platea si
capiva che era un uomo che aveva delle enormi aspettative basate
realisticamente sulle proprie capacità di lavorare in team e sulla sua voglia
di operare per un futuro migliore, intrisa di un entusiasmo che solo la vera
semplicità dell’essere umano sa cogliere e trasmettere. Ogni giorno mi
aspettavo una notizia, ero speranzoso, non potevo rassegnarmi alla scomparsa.
Non ho trovato mai né il coraggio né la forza di scrivere una e-mail al papà
Ottavio perché mi sembrava fuori luogo. Il mio dolore era comunque una energia
silenziosa che egli avrà senz’altro avvertito, anche senza alcuna mia
comunicazione. Ieri però, mi sono sentito improvvisamente svuotato di ogni
velleità. Infatti la scomparsa anche di Ottavio Missoni ha ulteriormente
depresso quello stato d’animo già, in me, così demolito dal precedente evento. Allora mi sono detto
che non potevo più attendere ed esternare a tutti il mio sentimento. Un
sentimento certamente di dolore, ma anche e soprattutto di ammirazione e di
orgoglio per aver conosciuto Ottavio e di essere stato a parlare con lui per
quasi un’ora sempre nell’occasione del Premio. Io lo avevo sempre sentito
nominare come marchio ed ero stato anche piuttosto critico con il suo uso di
colori intrecciati; ma dopo averlo conosciuto e sentito parlare alla fine del
convegno mi sono reso conto della grande ricchezza che quest’uomo ha saputo
dare alla sua famiglia, al suo Paese ed al mondo intero. Mi piace ricordare la
sua voce un po’ fine ed un po’ incerta mentre raccontava della sua vita, delle
sue corse e dei suoi trionfi. Aveva una maniera elegante di incedere con la
voce e di indugiare su episodi semplici ma significativi della sua vita.
Nonostante la sua prestigiosa affermazione nel campo della moda non prendeva per se il merito di essere stato
fatto cavaliere del lavoro, ma lo dava a Rosita, sua moglie. Raccontava inoltre
che sua madre lo lasciava dormire perché “sennò ero nervoso” ma poi diceva
“però da sveglio vai in finale alle olimpiadi!”. Con questo tono allegro
sottolineava pure che era un po’ pigro ma che poi “ho scoperto che è anche vero
che in tanti casi la pigrizia è la madre naturale del talento”. Quasi a
giustificare che la sua opera artistica nasceva in realtà da quello che i
romani chiamavano “ozio creativo”!! Sentirlo parlare metteva allegria e
serenità nello stesso tempo. La sua semplicità non era ostentata ma traspariva
progressivamente dalla sua forse inconsapevole capacità di comunicare la gioia
del successo ottenuto grazie alla propria inventiva, creatività e soprattutto determinazione.
Trasmetteva la forza che solo un atleta vero e convinto sa dimostrare e tutto
senza alcuna vanteria. Quando poi mi sono trovato solo con lui, dopo il
convegno, abbiamo parlato della bellezza dei colori, della creatività innata
che gli veniva spontanea, della grande attenzione a ciò che gli era intorno e
soprattutto dell’affetto alla famiglia ai suoi cari che molta parte avevano nel
suo successo e nella sua vita. Così quando gli ho parlato di Giulia, la mia
Segretaria, nonché mia affettuosa sorella e rigida guardiana dei miei impegni,
ha voluto che l’andassi a chiamare, ha voluto conoscerla perché nutriva
ammirazione per tutte le donne che sanno vivere accanto agli uomini impegnati
prendendone le difese perché li sanno deboli. Allora ha voluto una locandina e
con una penna a sfera e con tratti semplici, snelli ma nel contempo stondati,
impetuosi e intermittenti le ha creato un piccolo quadretto “per Giulia, 7
fiori 7 Missoni”.
Nella semplicità sta la grandezza e nelle donne la forza di
portare avanti la vita!
Ecco il suo ricordo ecco il suo insegnamento. Grazie
grande Tai, per quello che mi hai dato. Lo serberò con cura nel mio cuore e
cercherò di trasmetterlo a chiunque mi è e mi sarà vicino!