4. Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto che si
ritiene di poter regolare i rapporti di convivenza tra gli esseri umani e le
rispettive comunità politiche con le stesse leggi che sono proprie delle forze
e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le leggi
con cui vanno regolati gli accennati rapporti sono di natura diversa, e vanno
cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Sono quelle, infatti, le leggi che indicano chiaramente come gli uomini
devono regolare i loro vicendevoli rapporti nella convivenza; e come vanno
regolati i rapporti fra i cittadini e le pubbliche autorità all’interno delle
singole comunità politiche; come pure i rapporti fra le stesse comunità
politiche; e quelli fra le singole persone e le comunità politiche da una
parte, e dall’altra la comunità mondiale, la cui creazione oggi è urgentemente
reclamata dalle esigenze del bene comune universale (Pacem in Terris).
Nonostante i toni conflittuali della
presenta campagna elettorale che mi inviterebbero a parlare della vicenda
Montepaschi per spiegarne in maniera chiara sia le finalità dei meccanismi
occulti messi in atto, sia l’incompetenza dimostrata dei mass media a parlarne
che la strumentalizzazione dei politici a scopi elettorali, preferisco fermarmi
un attimo e fare silenzio. Questa pausa
di muta riflessione mi serve per mettere in evidenza che in questo giorno della
memoria, dobbiamo guardare più intensamente la nostra realtà e prendere tutti
coscienza che le relazioni umane debbono essere fondate su una progettazione di convivenza che tenga
sempre conto della dignità dell’essere umano. Sì, vorrei ricordare che esiste
una regola etica che prescindendo dalla situazione sociale regola i rapporti di
convivenza tra gli esseri umani al di là delle leggi che questi possono
darsi. Questa regola etica pur essendo
importante ed imprevaricabile viene immancabilmente violata, se non in
continuazione, almeno in fasi alterne, da uomini, stati, governi e gruppi
sociali. La storia ci insegna infatti che l’uomo essendo un “animale sociale”
ha bisogno di strutture per ordinare la propria socialità. Ma per dare ossatura
a dette strutture deve far ricorso a quello che usualmente passano sotto il
nome di “legge”. L’uomo quindi crea delle leggi per regolare i propri
comportamenti sociali e per fare in modo che la regola, di solito imposta dallo
stato, serva a mitigare il cosiddetto “potere del più forte”. La legge infatti
esiste per proteggere i deboli dalla sopraffazione dei forti. Ciò avviene in
virtù di un riconoscimento di eguaglianza tra gli esseri umani che deve essere
ricondotto ad un unico concetto: la Dignità. Tutti gli esseri umani ne sono
portatori, nessuno escluso. In virtù di questa dignità ogni uomo possiede
diritti inalienabili ed imprevaricabili di cui il primo ed il più importante è
la libertà. La dignità e la libertà sono direttamente proporzionali e perciò
quanto più diritti di libertà si hanno, tanto più forte è lo spessore ed il
livello della dignità che ogni personalità umana può esprimere. Sappiamo anche
però che questi diritti di libertà non sempre trovano rispetto e
riconoscimento, tanto dagli uomini stessi, che da gruppi sociali come da
istituzioni. La violazione di libertà determina quindi la negazione della
dignità e con essa l’abbattimento della natura dell’essere umano nei suoi
caratteri più profondi e la riduzione alla condizione di schiavitù. La cosa più
sconcertante è che questa prepotenza il più delle volte è mascherata da norme
di legge. Si ho detto bene, norme di legge che vanno contro la loro natura,
perché invece di salvaguardare i più deboli li rendono schiavi dei più forti,
rendendoli inermi di fronte ad organizzazioni e istituzioni che pretendono di
muoversi in punta di diritto, sulla base di regole emanate dall’organo
legittimato a promulgarle. Una di queste regole che oggi vogliamo ricordare
sono le cosiddette “leggi razziali” che hanno condotto e motivato la
deportazione e la morte di circa se milioni di innocenti. Non saprei dire se
sotto il profilo umano possiamo interrogarci sul perché oppure dobbiamo solo
convincerci che non c’è un perché umano a tale situazione. C’è solo una
manifesta disumanità. C’è solo un abbandono di ogni relazione esistenziale che
si fondi sull’intelletto. C’è un abbandono o meglio un rifiuto insensato della
visione umana dell’essere. In tale situazione si verifica un fatto
contraddittorio e speculare: il rinnegamento della dignità all’altro essere
umano, anche in forza della legge, determina l’abbrutimento e quindi il rifiuto
della propria dignità da parte di chi opera tale rinnegamento. Ciò che viene da
chiedersi è non tanto il perché, quanto più, come, ciò possa avvenire. La
risposta certamente complessa non è però difficile da comprendere perché pur se
una legge viene promulgata in un dato momento storico, essa non è solo il
frutto di quelli che la promulgano, bensì, molto più concretamente, il
risultato dell’orientamento preso da uomini, stati e governi che nella pretesa
di agire per il bene comune si rendono colpevoli di crimini inauditi. Allora la
spiegazione è che pur se si agisce nella legge, non è la legge la causa dell’azione,
anche se la giustifica, la causa è l’orientamento che l’essere umano,
singolarmente o in gruppo, assume e sperimenta giorno dopo giorno,
convincendosi che tale linea di decisione ed azione sia giusta. La cosa che più
sconcerta è che man mano che passa l’idea gli esseri umani si convincono a
vicenda e sempre più numerosi che un certo atteggiamento, pur se sbagliato, pur
se contro natura, pur se abominevole, sia la cosa giusta. E’ come il crescere
della marea flusso dopo flusso, questa idea si espande e monta, sale fin al
livello che ne determina il punto di non ritorno e che spinge i detentori del
potere a promulgare la legge che legittimi tale comportamento. In questo
processo avviene la trasformazione dell’essere umano in adepto in un seguace e
fautore della differenza sancita dalla legge. La convivenza non è più dettata
da equilibri di relazione, ma soltanto dall’esistenza o meno di una condizione.
La convivenza non esiste più come categoria di relazione umana, ma solo come
elemento discriminante tra amici e nemici, tra cittadini e non, tra gruppi
etnici determinati da differenze insanabili e relative a realtà fisiche,
politiche, religiose o etniche. La convivenza
sinonimo di relazione tra uguali si trasforma quindi in relazione disastrata tra forti e deboli,
tra più uguali e meno uguali. La convivenza non esiste più e al suo posto
prende forma un altro tipo di relazione: carnefice e vittima. Il giorno della
memoria deve servirci a questo: ricordare che ogni uomo ha il diritto
originario alla libertà all’uguaglianza ed alla fraternità come fondamenti della convivenza e come
sancito prima che dalla legge, sul piano organizzativo e giuridico, dalla
coscienza avvertita sul piano
esistenziale, qualora non si riesca ad ancorare il proprio pensiero posso
indicare due riferimenti importanti: il primo sul piano esistenziale lo
troviamo nella enciclica Pacem in Terris al punto 5 “…[…]… In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il
principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di
intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri
che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura:
diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili….”
Il secondo sul piano organizzativo lo troviamo nell’articolo 3 della nostra
costituzione: “Tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”.
Allora per terminare vorrei
ricordare che l’orientamento verso certe prassi comincia dalle fasce sociali ed
arriva alla sfera politica con l’uso strumentale della funzione economica e
quindi la campagna elettorale, i programmi proposti dalle forze politiche, gli
obiettivi programmati dai diversi leader di partito devono farci riflettere su
come dirigono il nostro orientamento e quindi come tratteranno e saremo
costretti (dalla legge) a trattare le minoranze, gli emarginati, gli emigrati,
gli esodati, i detenuti, i senza cittadinanza ecc. avendo ben presente che
l’ordine costituito, se non ordinato ai diritti umani, crea quelle
discriminazioni che se in passato si sono chiamate esplicitamente “leggi
razziali”, in futuro potranno chiamarsi più ipocritamente “leggi di convivenza
sociale” .