etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


lunedì 23 aprile 2012

Il finanziamento pubblico dei partiti

    

ART. 49
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare
la politica nazionale.




       Oggi si fa un gran parlare di finanziamento pubblico dei partiti o di rimborsi elettorali ai partiti ma che senso ha nella percezione del cittadino medio? Che punti di riferimento in termini etici possono essere dati a chi vuole veramente un rinnovamento della politica?. Proviamo a fare alcune considerazioni che ci portino ad una visione più chiara di quale debba essere l’atteggiamento etico da tenere in termini non solo politici, ma anche socio-economici.
Innanzitutto stabiliamo che la nostra Costituzione all’Art. 49 parla soltanto di associazione in partiti senza indicare esplicitamente come questi debbano finanziarsi, ma poiché parla di associazione, sappiamo tutti che coloro i quali partecipano ad una qualsiasi associazione devono sottoscrivere una quota di iscrizione e rinnovarla anno per anno pena l’esclusione e la perdita della qualità di socio.
Detto questo, passiamo a considerare il perché la politica o meglio le campagne elettorali sembrano necessitare di così tanti soldi. Evidentemente l’aspetto commerciale e pubblicitario diviene l’elemento fondamentale per poter imporre il proprio programma di governo che una volta scelto dai cittadini diviene il punto di riferimento per i propri ritorni commerciali. Pertanto chi spende tanti soldi per la propria azione politica “commerciale” deve necessariamente prospettarsi almeno dei rimborsi perché altrimenti, in un capitalismo di sottrazione, sarebbe in perdita. Ecco allora che il trucco viene svelato: chi partecipa ad una campagna elettorale, sa che concorre per un premio in denaro rappresentato sia dallo stipendio che  percepirà in caso di elezione, sia dal rimborso che otterrà dallo Stato nonché dalle contropartite in termini economici che gli verranno dalla posizione di potere che gli permetterà di decidere su appalti, consulenze, nomine pubbliche ecc.. Tutti sappiamo ed è palese che ciascun politico, di qualsiasi livello, deve pagare il pizzo al partito e pertanto le prebende devono essere necessariamente adeguate.
Questo è il nostro quadro di riferimento. Che fare allora per cambiare? Non possiamo certo continuare a parlare di finanziamento o rimborsi elettorali in quanto ben sappiamo che sin dall’'11 giugno 1978 si è cercato di abrogare il finanziamento ai partiti tramite un referendum indetto dai Radicali per l'abrogazione della legge 195/1974. Ma vi fu un nulla di fatto. Poi  ci fu il referendum  abrogativo del 1993, sempre promosso dai radicali che permise di  abrogare il finanziamento pubblico ai partiti con il 90,3% dei voti, ma questa decisione popolare non pare abbia influito più di tanto perché i Partiti aggirarono l’ostacolo introducendo  il contributo per le spese elettorali  con la legge 515/93  che andava ad aggiungersi alla disciplina dei già esistenti  rimborsi elettorali.
Come se non bastasse  la legge n. 157 del 3 giugno 1999 introduce nuove norme in materia di rimborso delle spese elettorali e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici, reintroducendo così una rinnovata metodologia di finanziamento pubblico per i partiti. La formula introdotta prevede il rimborso elettorale senza che lo stesso abbia attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali.  Questa legge prevede cinque fondi: per elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, Regionali, e per i referendum. Tali fondi vengono erogati in rate annuali, per  un totale  di 193.713.000 euro in caso di legislatura politica completa (l'erogazione viene interrotta in caso di fine anticipata della legislatura).  Non certi della congruità del contributo previsto i Partiti  fanno sì che la normativa venga modificata dalla legge n. 156 del 26 luglio 2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, trasformando in annuale il fondo e abbassando dal 4 all'1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. Va da sé che l’ammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa  diviene più del doppio passando dai 193.713.000 euro previsti dalla  157/99 ai 468.853.675 euro di questa. Infine, per completare in maniera coerente la problematica che vedeva il proprio limite nella durata della legislatura, con la legge n. 51 del 23 febbraio 2006 si introduce la norma che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. Con quest’ultima modifica l’aumento a favore dei partiti  pagato da tutti i cittadini è esponenziale.
Quanto sopra fuga ogni dubbio sulla  finalità del finanziamento pubblico: invocando lo spauracchio delle lobby esterne al partito si alimenta in questo modo la forza delle lobby interne e quello che più sconcerta è che tutti ne beneficiano anche coloro come liberali e radicali che hanno promosso nel tempo, i referendum abrogativi.
Dato questo quadro di riferimento quale può essere la soluzione da prospettare? C’è chi non vorrebbe nulla, altri un 5 per mille, altri ancora una cifra verificata da pezze d’appoggio. Tutto ciò è senz’altro possibile, ma in assenza di una coscienza civile ed in presenza di una corruzione manifesta che ad una analisi approfondita, finisce per coinvolgere tutti gli schieramenti, io suggerirei un ritorno all’etica. Ma in che modo?  Innanzitutto  credo che senza bisogno di ripeterlo dovrebbe esserci, dato che non può essere imposto, una restituzione volontaria, da parte di tutti i partiti,  di quanto non speso o non documentato. Poi bisognerebbe avere il coraggio di cambiare la logica finora adottata: i partiti devono autofinanziarsi. Sì, ma prima di ciò va detto che deve essere cambiata l’idea stessa di partito. Non essendoci più una presenza territoriale attraverso le sezioni, non essendoci più una scuola politica appannaggio di nuove risorse che rappresentino per ciascun partito una nuova classe dirigente, non essendoci più un ideale di bene comune da raggiungere, ma solo interessi economici e parziali, occorre avere il coraggio di affermare che questa organizzazione partitica oggi deve essere completamente rivista. Non confondiamo questa affermazione con una volontà di delegittimazione dei partiti, come taluni si affrettano a dire, ma semplicemente come una conseguenza dei tempi. Il periodo storico che stiamo vivendo si caratterizza per un cambiamento delle società veicolato dai mass media e dalla rete ed allora  va da sé che le primarie, le aggregazioni che vedono le segreterie di partito come i dominus incontrastati devono cambiare.
Sì ma come? Riscoprendo l’importanza di 4 cose: 1) la territorialità; 2) la rappresentanza indicata dalla base territoriale attraverso la Rete; 3) Il programma firmato e messo in rete da parte di chi si vuole aggregare in partito; 4) una certificazione etica basata sui concetti di a) competenza professionale; b) conoscenza dei limiti etici; c) trasparenza; d) censura sociale. ( cfr. www.certificazionetica.org o www.camera.it  progetto di legge n.2933)
A tal proposito allora si potrebbe pensare ad un percorso politico che partendo dalle scelte effettuate nei comuni passi gradualmente alle province ed alle regioni, aggregando in “nuove idee di partito” su base programmatica (progetti precisi e quantificati in termini di spesa e benefici) facendo sì che ci sia una sorta di carriera da rispettare e che la decisione di mandare un proprio rappresentante a svolgere un’azione politica cominci dai comuni di una provincia e si sviluppi poi dalla concorrenza tra esponenti di municipio e sindaci che concorrano per le cariche provinciali e di conseguenza per quelle regionali e politiche nazionali. Il tutto strettamente connesso con il territorio e pertanto senza più bisogno di grandi somme per la campagna elettorale che invece dovrà sfruttare Rete e spazi mediatici (TV pubbliche e private) che dovranno essere messi a disposizione dei gruppi di cittadini che presentino il proprio programma elettorale riconoscendosi in partito e che si autofinanziano come normali associazioni sottoposte alla normativa sulle onlus. Quindi, in questo modo, l’erogazione di fondi pubblici dovrà essere puntualmente finalizzata e rendicontata così come avviene per qualsiasi organizzazione non profit.