ART. 49
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare
la politica nazionale.
Oggi si fa un gran parlare di finanziamento pubblico dei partiti o di rimborsi elettorali ai partiti ma che senso ha nella percezione del cittadino medio? Che punti di riferimento in termini etici possono essere dati a chi vuole veramente un rinnovamento della politica?. Proviamo a fare alcune considerazioni che ci portino ad una visione più chiara di quale debba essere l’atteggiamento etico da tenere in termini non solo politici, ma anche socio-economici.
Innanzitutto
stabiliamo che la nostra Costituzione all’Art. 49 parla soltanto di associazione in partiti senza indicare
esplicitamente come questi debbano finanziarsi, ma poiché parla di
associazione, sappiamo tutti che coloro i quali partecipano ad una qualsiasi
associazione devono sottoscrivere una quota di iscrizione e rinnovarla anno per
anno pena l’esclusione e la perdita della qualità di socio.
Detto questo,
passiamo a considerare il perché la politica o meglio le campagne elettorali
sembrano necessitare di così tanti soldi. Evidentemente l’aspetto commerciale e
pubblicitario diviene l’elemento fondamentale per poter imporre il proprio
programma di governo che una volta scelto dai cittadini diviene il punto di
riferimento per i propri ritorni commerciali. Pertanto chi spende tanti soldi
per la propria azione politica
“commerciale” deve necessariamente prospettarsi almeno dei rimborsi perché
altrimenti, in un capitalismo di sottrazione, sarebbe in perdita. Ecco allora
che il trucco viene svelato: chi partecipa ad una campagna elettorale, sa che
concorre per un premio in denaro rappresentato sia dallo stipendio che percepirà in
caso di elezione, sia dal rimborso che otterrà dallo Stato nonché dalle
contropartite in termini economici che gli verranno dalla posizione di potere
che gli permetterà di decidere su appalti, consulenze, nomine pubbliche ecc..
Tutti sappiamo ed è palese che ciascun politico, di qualsiasi livello, deve
pagare il pizzo al partito e pertanto
le prebende devono essere
necessariamente adeguate.
Questo è il nostro
quadro di riferimento. Che fare allora per cambiare? Non possiamo certo
continuare a parlare di finanziamento o rimborsi elettorali in quanto ben
sappiamo che sin dall’'11 giugno 1978 si è cercato di abrogare il finanziamento ai
partiti tramite un referendum indetto dai Radicali per l'abrogazione della legge
195/1974. Ma vi fu un nulla di fatto. Poi
ci fu il referendum abrogativo
del 1993, sempre promosso dai radicali che permise di abrogare il finanziamento pubblico ai partiti
con il 90,3% dei voti, ma questa decisione popolare non pare abbia influito più
di tanto perché i Partiti aggirarono l’ostacolo introducendo il contributo
per le spese elettorali con la legge
515/93 che andava ad aggiungersi alla
disciplina dei già esistenti rimborsi elettorali.
Come se non bastasse
la legge n. 157 del 3 giugno 1999 introduce nuove norme
in materia di rimborso delle spese elettorali e abrogazione delle disposizioni
concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici,
reintroducendo così una rinnovata metodologia di finanziamento pubblico per i
partiti. La formula introdotta prevede il rimborso elettorale senza che lo
stesso abbia attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le
campagne elettorali. Questa legge
prevede cinque fondi: per elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento
Europeo, Regionali, e per i referendum. Tali fondi vengono erogati in rate
annuali, per un totale di 193.713.000 euro in caso di legislatura
politica completa (l'erogazione viene interrotta in caso di fine anticipata
della legislatura). Non certi della
congruità del contributo previsto i Partiti
fanno sì che la normativa venga modificata dalla legge n. 156 del 26
luglio 2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, trasformando in
annuale il fondo e abbassando dal 4 all'1% il quorum per ottenere il rimborso
elettorale. Va da sé che l’ammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso
di legislatura completa diviene più del
doppio passando dai 193.713.000 euro previsti dalla 157/99 ai 468.853.675 euro di questa. Infine,
per completare in maniera coerente la
problematica che vedeva il proprio limite nella durata della legislatura, con
la legge n. 51 del 23 febbraio 2006 si introduce la norma che l’erogazione è
dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua
durata effettiva. Con quest’ultima modifica l’aumento a favore dei partiti pagato da tutti i cittadini è esponenziale.
Quanto sopra fuga ogni dubbio sulla finalità del finanziamento pubblico:
invocando lo spauracchio delle lobby esterne al partito si alimenta in questo
modo la forza delle lobby interne e quello che più sconcerta è che tutti ne
beneficiano anche coloro come liberali e radicali che hanno promosso nel tempo,
i referendum abrogativi.
Dato
questo quadro di riferimento quale può essere la soluzione da prospettare? C’è
chi non vorrebbe nulla, altri un 5 per mille, altri ancora una cifra verificata
da pezze d’appoggio. Tutto ciò è senz’altro possibile, ma in assenza di una
coscienza civile ed in presenza di una corruzione manifesta che ad una analisi
approfondita, finisce per coinvolgere tutti gli schieramenti, io suggerirei un
ritorno all’etica. Ma in che modo?
Innanzitutto credo che senza
bisogno di ripeterlo dovrebbe esserci, dato che non può essere imposto, una
restituzione volontaria, da parte di tutti i partiti, di quanto non speso o non documentato. Poi
bisognerebbe avere il coraggio di cambiare la logica finora adottata: i partiti
devono autofinanziarsi. Sì, ma prima di ciò va detto che deve essere cambiata l’idea
stessa di partito. Non essendoci più una presenza territoriale attraverso le
sezioni, non essendoci più una scuola politica appannaggio di nuove risorse che
rappresentino per ciascun partito una nuova classe dirigente, non essendoci più
un ideale di bene comune da raggiungere, ma solo interessi economici e
parziali, occorre avere il coraggio di affermare che questa organizzazione
partitica oggi deve essere completamente rivista. Non confondiamo questa
affermazione con una volontà di delegittimazione dei partiti, come taluni si
affrettano a dire, ma semplicemente come una conseguenza dei tempi. Il periodo
storico che stiamo vivendo si caratterizza per un cambiamento delle società
veicolato dai mass media e dalla rete ed allora va da sé che le primarie, le aggregazioni che
vedono le segreterie di partito come i dominus
incontrastati devono cambiare.
Sì
ma come? Riscoprendo l’importanza di 4 cose: 1) la territorialità; 2) la
rappresentanza indicata dalla base territoriale attraverso la Rete; 3) Il
programma firmato e messo in rete da parte di chi si vuole aggregare in
partito; 4) una certificazione etica basata sui concetti di a) competenza
professionale; b) conoscenza dei limiti etici; c) trasparenza; d) censura
sociale. ( cfr. www.certificazionetica.org
o www.camera.it progetto di legge n.2933)
A tal proposito allora si potrebbe pensare ad un percorso
politico che partendo dalle scelte effettuate nei comuni passi gradualmente
alle province ed alle regioni, aggregando in “nuove idee di partito” su base
programmatica (progetti precisi e quantificati in termini di spesa e benefici) facendo
sì che ci sia una sorta di carriera da rispettare e che la decisione di mandare
un proprio rappresentante a svolgere un’azione politica cominci dai comuni di
una provincia e si sviluppi poi dalla concorrenza tra esponenti di municipio e
sindaci che concorrano per le cariche provinciali e di conseguenza per quelle
regionali e politiche nazionali. Il tutto strettamente connesso con il
territorio e pertanto senza più bisogno di grandi somme per la campagna
elettorale che invece dovrà sfruttare Rete e spazi mediatici (TV pubbliche e
private) che dovranno essere messi a disposizione dei gruppi di cittadini che presentino
il proprio programma elettorale riconoscendosi in partito e che si
autofinanziano come normali associazioni sottoposte alla normativa sulle onlus.
Quindi, in questo modo, l’erogazione di fondi pubblici dovrà essere
puntualmente finalizzata e rendicontata così come avviene per qualsiasi
organizzazione non profit.