Forse è un segno vero della vita:
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
intorno a me fanciulli con leggeri
moti del capo danzano in un gioco
di cadenze e di voci lungo il prato
della chiesa. Pietà della sera, ombre
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno:
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
riaccese sopra l’erba così verde,
bellissime nel fuoco della luna!
Memoria vi concede breve sonno:
ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo
per la prima marea. Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli, forza il puledro sui campi
non più mia, arsi, remoti simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli, forza il puledro sui campi
umidi d’orme di cavalle, apri
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.
il mare, alza le nuvole dagli alberi:
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci.
Salvatore Quasimodo: “Ride la Gazza nera sugli aranci”
dalla raccolta “Ed è subito sera” - Mondadori Editore.
Sono tornato dal Congo domenica 15 giugno dopo un tour de force amministrativo,
universitario ed accademico presso l’Università Cattolica del Congo dove
insegno e partecipo ai lavori del Consiglio di Amministrazione. Oltre che
presentare una proposta di piano strategico per la riorganizzazione
dell’Università ho anche partecipato ad
una due giorni di discussione sulla visione accademica di questa università in
termini di percorsi formativi, evoluzione del pensiero, strumenti accademici
quali biblioteca ed altre attività accademiche da promuovere attraverso centri
di ricerca. Sono stati quindici giorni di intensa attività di grande spessore
umano ed intellettuale che mi hanno convinto sempre più della necessità che
alla base di ogni azione umana debba esserci un pensiero, un’idea, una visione.
Ho capito che il futuro per divenire realtà ha bisogno di essere determinato e
circoscritto dalla scintilla intellettuale che solo l’uomo attraverso la sua
dignità può far scoccare.
COSA HO
VISTO: FATALISMO E VOGLIA DI VIVERE
Ho visto cose che già conoscevo e scoperto altre che
non immaginavo come realtà di un popolo che rinchiuso ormai nella sua incapacità
di uscire da una schiavitù coloniale non possiede più la linea dell’orizzonte.
Non possiede, o ha perso la capacità di aggregarsi. Pur provvisto di
intelligenze vivaci e attive, non ha idea di che cosa sia la consistenza
storica dell’evoluzione. Ha perso la capacità di riscoprire nell’intimo
dell’uomo quella fiamma divorante della speranza fattiva e si lascia vivere
all’insegna di un fatalismo storico, pessimista e perverso che abbrutisce
qualsiasi barlume o idea di riscatto umano. Ho visto anche cose che non avevo
ancora conosciuto come la capacità inaspettata di confrontarsi con idee nuove,
la voglia di vivere non solo per oggi, ma anche per qualche momento in più da
dedicare a se stessi. Ho conosciuto ambiti di abbandono in cui la forza della
vita impone pur se velatamente di fare qualcosa. Ho visto le attese dei bambini
e le loro insistenze per mangiare gli avanzi di cibo lasciati sul tavolo da chi
ormai sazio, paga il conto e se ne va. Ho
visto gruppi di gente che cercavano di vendere qualsiasi cosa, di
mercanteggiare non tanto e solo per vendere ma per costituirsi in relazione
nuova, per farsi notare, per dare un senso di risveglio relazionale alla
propria spenta esistenza. Ho visto anche l’allegria nella miseria, il ballo
snodato e il canto ritmato tra i cumuli di immondizie; ho visto la forza della
vita così dirompente che in quegli ambiti di povertà non mi sarei mai aspettato
così esplosiva. L’immagine che mi viene in mente è di quelle piante che pur
abbarbicate in un antro di muro arido e cementificato dove non sembra possibile
vivere, continuano a crescere, aggrappate ad uno spirito di sussistenza che
soltanto il forte attaccamento ad una linfa vitale profonda e sconosciuta permette
loro di avere vita. Così alcuni di essi pur se abbandonati a se stessi nella
condizione più miserabile riescono tuttavia non solo a sorridere alla vita, ma
ancor di più a fare in modo che la vita stessa si pieghi su di loro in un
abbraccio di perdizione, ma pur sempre un abbraccio in cui si ritrovano senza
lamentarsi.
LA
CORRUZIONE E L’ INCOSCIENZA
Ho visto il
traffico caotico e irruento, generato dal mancato rispetto delle regole più
elementari della circolazione, traffico con imbottigliamenti mostruosi, con
poliziotti corrotti che invece di dirigere il traffico aspettano di essere
chiamati a permettere di passare nel groviglio di macchine a colui che ha
fretta e che si dimostra pronto a dare una ricompensa per tale servizio. La
corruzione non sembra avere limiti, interdizioni e livelli: appare essere un
fiume grande come il Congo in cui tutti hanno il loro diritto di navigare per
raggiungere la meta agognata. Ho visto tre e a volte anche quattro persone su
un motorino, adulti e bambini, sprezzanti o incosciente del pericolo e…di casco
manco a parlarne! Camionette da
trasporto che sfrecciavano sulla strada, cariche di gente pigiata come sardine,
gente in perenne movimento, gente che cammina, gente che va, che passeggia o
che si muove senza sembrare abbia una meta.
LA FEDE
SUPERSTIZIOSA
Ho visto migliaia di persone raccolte per la festa di
Pentecoste, ho sentito cantare tutta la notte, canti invocazioni, nenie, salmi
e quant’altro si potesse, per invocare miracoli che a volte anche posticci
fanno esplodere la credulità dell’assemblea. Che queste sette religiose si
chiamino Vainquer du Christ, come quella che era di fronte alla mia abitazione
o in altra maniera non fa niente, ciò che conta per chi le frequenta è che il
loro animismo bisognoso di fede si senta accolto, attratto, trasportato ed
illuso fin nel più profondo delle viscere. Sono pronti a dare tutti i soldi che
hanno, a restare svegli tutta la notte pur di vivere l’illusione dell’attesa
del miracolo; la sensazione che la loro vita cambierà di lì ad un istante è ciò
che gli imbonitori religiosi riescono a trasmettere, senza che il sacrificio di
privarsi di denaro ottenuto con estrema fatica li faccia ragionare. Mi è stato
detto che a volte questi imbonitori di sette cristiane riescono ad accumulare
somme pari anche a 250 mila dollari al giorno! Mi sono sempre domandato perché?
Ho parlato con alcuni di loro, ma senza soddisfazione, non sanno spiegare il
loro bisogno di illudersi in un sogno miracoloso che loro chiamano fede e che è
lontano mille miglia dalla nostra mentalità.
IL SENSO
DELLA VITA
Loro vivono e danno senza chiedere niente di più che
vivere un’illusione che può durare un minuto, un’ora o una notte intera..… per
loro il risultato non conta ciò che importa è la vita, è il momento che vivono,
è l’emozione vitale che respirano. In questa realtà trascorrono il giorno e la
notte, in un susseguirsi di volute come
in una trottola vorticosa che gira all’impazzata e che pur dandogli le
vertigini dello spostamento incerto e tentennante non perde tuttavia
l’equilibrio del vortice che li attira e li ipnotizza in una dinamica in cui il
senso della velocità diviene l’unico elemento di stabilità del movimento e
perciò della loro esistenza. Ho visto ridere e piangere, chiedere l’elemosina e
aggredire, fermarsi e fuggire..il tutto sempre in una logica che la nostra
visione della vita non ci permette di penetrare.
COSA MANCA
LORO
Anche in Università, a mio giudizio, la loro voglia di
apprendere e di fare conoscenze di una realtà nuova è minata dalla mancanza di
metodo, dalla scarsa attitudine logico-sequenziale, dalla ingenuità consolidata
del loro modo di ragionare. Anche se studiosi, mancano tuttavia delle strutture
mentali speculative che il nostro cervello di occidentali ha ormai incamerato e
fatto proprio da secoli. Ciò che loro manca è innanzitutto la base di
conoscenze gerarchicamente impostate e scientificamente selezionate. Conoscenze
tecniche e strutture intellettuali che permetterebbero loro di fare un salto di
paradigma incredibile in termini evolutivi e pragmatici. Mancano di quello che
noi chiamiamo organizzazione e cioè della capacità di porre in essere processi
finalizzati ad una efficienza ricercata e voluta per un miglioramento della
qualità della vita. Manca il concetto di organizzazione in cui tempi e metodi
abbiano un significato, dove il cominciare dai piedi o dalla testa significa
riuscire o fallire in un progetto. Per la maggior parte di essi questa realtà
dell’organizzazione non esprime alcun senso. Ciò che conta è che dalla testa o
dai piedi loro riescano a fare il lavoro, che poi i risultati siano positivi o
negativi questo non conta perché affoga nel mare del loro fatalismo storico.
Infine ciò che a loro manca in assoluto, tranne quando sono in automobile
lanciata a suon di clacson per passare per primi all’incrocio, è la
determinazione e la capacità di autodeterminarsi: nessuno glielo ha insegnato e
tantomeno richiesto per cui non esiste per loro la decisione precisa che spinge
ad agire rispettando tempi metodi e condizioni, per loro tutto è possibile,
tutto è elasticamente approcciabile, tutto ha un senso indefinito. Sembrerebbe
che stia generalizzando troppo…..ma credetemi è proprio così! Tornando a casa
domenica sera mi chiedevo se il mio approccio alla loro realtà fosse giusto, se
valeva veramente la pena di lavorare per dare loro una possibilità di inserirsi
in una visione nuova, in una realtà di sviluppo reale sia intellettuale che
pratico passando per una ristrutturazione dell’Università, per una revisione
dei percorsi formativi e per una costruzione di nuove strutture di umanità,
sociali, politiche ed economiche.
AFRICA
NERA….E..L’ITALIA?
Sono convinto di sì e mentre faccio queste riflessioni,
mi accorgo che il mondo di cui sto parlando non appartiene solo all’Africa
Nera: qui da noi sembrano valere le stesse logiche! Infatti mentre la prima
settimana di rientro è già trascorsa, apro un giornale che ho sulla scrivania è
il Corriere della Sera di giovedì 19 scorso e in prima pagina trovo
l’editoriale “La mescolanza dei principi” che parla della “corruzione castale
della magistratura”; proseguo con “Il deficit culturale che opprime la Rai”;
passo al “Giallo del nuovo scambio di embrioni”; e poi a “Il Boss Iovine: Il pentito accusa:
pagai i giudici per i miei processi”; a pagina 12 leggo il “Mistero di
Brembale” le indagini sull’omicidio di Yara dal titolo “ La conferma del Dna:
Bossetti figlio illegittimo” e nell’articolo in basso “La rabbia del padre «
Io, preso in giro per quarant’anni»” Che dire? In quale Paese sono? Ma sono
tornato dal Congo? Guardo ancora il giornale e trovo le tracce dei temi della
maturità: mi avvince il titolo “Ride la gazza nera…..” e capisco il perché
questa nostra Italia sta andando verso il baratro! Abbiamo si le conoscenze, ma
non abbiamo la sensibilità per sapercele godere! Certo è che abbiamo sviluppato
tecniche di organizzazione, ma che guardano solo alla maniera migliore di “sbarcare
il lunario” o a come poter “fregare gli altri” insomma mirate, solo e in generale, a far denaro! Noi
non manchiamo di determinazione, ma ci serve, non certo per accrescere la
nostra umanità, bensì per ottenere dagli altri quello che ci interessa! Allora
l’insegnamento etico che sta in questa poesia è di tornare ad una visione
onesta del bello, a rivivere quell’emozione profonda che determina la
dimensione della nostra umanità, a riascoltare toni di esistenza, in cui i
segni della vita vera sono rappresentati dalla spensieratezza e dall’entusiasmo
giovanile che fondano la realtà che vive di immagini, di emozioni, di profumi e
colori, in un disegno di speranza infinita, di ideali di solidarietà gratuita
che spingono l’animo a ritrovare se stesso nei suoni anche più semplici come
quelli della gazza nera che ride sugli aranci…..se etica è conoscenza del bene,
se etica significa l’espressione più profonda del nostro saper vivere responsabilmente
insieme come esseri umani che inneggiano alla vita, dai pochi studenti che
hanno scelto questo titolo credo di poter supporre che il ridere della gazza possa essere stato
inteso dai più: in maniera beffarda! Così come con
“sprezzo beffardo” taluni guardano all’etica! (E.G. n.57)
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