…Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con
invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi
siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata
democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensì di una cerchia più vasta: di fronte alle leggi,
però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e
secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si
distingue, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene
preferito nelle cariche pubbliche; né, d’altra parte, la povertà, se uno è in
grado di fare qualche cosa di utile alla città, gli è di impedimento per
l’oscura sua posizione sociale.
Come in piena libertà viviamo nella vita pubblica così
in quel vicendevole sorvegliarsi che si
verifica nelle azioni di ogni giorno, noi non ci sentiamo urtati se uno si
comporta a suo gradimento, né gli infliggiamo con il nostro corruccio una
molestia che, se non è un castigo vero e proprio, è pur sempre qualche cosa di
poco gradito. Noi che serenamente trattiamo i nostri affari
privati, quando si tratta degli interessi pubblici abbiamo un’incredibile paura
di scendere nell’illegalità: siamo obbedienti a quanti si succedono al governo,
ossequienti alle leggi e tra esse in modo speciale a quelle che sono a tutela
di chi subisce ingiustizia e a quelle che, pur non trovandosi scritte in alcuna
tavola, portano per universale consenso il disonore a chi non le rispetta…
dal "Discorso di
Pericle agli ateniesi", Tucidide, Storie, II, 34.
Certo
appare sempre più difficile scegliere un argomento da trattare in breve, per
esprimere un pensiero da condividere e da confrontare tra coloro che vogliono
discuterne in senso costruttivo. Il panorama italiano dell’attualità offre
infatti situazioni veramente
incredibili, inenarrabili e soprattutto al di fuori di qualsiasi possibilità di
giudizio sistemico. Non faccio infatti che ripetere da gran tempo ormai, che i
mass media veicolano notizie preparate da incompetenti, che ci informano in
maniera disinformata e che soprattutto cercano solo ed esclusivamente lo
scoop a fini economici e di audience.
Questo accade in tutti i settori: che si parli di elezioni, politiche, europee
o amministrative, che si parli di banche, di imprese, di pubblica
amministrazione, di fisco, di religione, di Ior, di assicurazioni e quant’altro
la nostra mente umana possa immaginare c’è sempre una notizia che riguarda le
mazzette, la corruzione la concussione. C’è sempre un connubio tra politica,
finanza, banche, cosche mafiose interessi striscianti ecc. Ma perché mi
domando? Possibile che a tratti ricorrenti i corsi e ricorsi storici di vichiana
memoria si ripetano in maniera spudorata senza che nessuno riesca ad
intervenire? Ma perché le verità del il
discorso di Pericle, per quanto strumentale lo si voglia intendere, non vengono
neanche considerate dalle classi dirigenti della presente generazione italiana
nata nella seconda metà del secolo scorso? Io credo che il problema sia insito
in una realtà che ci rende singolari agli occhi di tutti gli altri Paesi che
come per effetto delle mele marce ci stanno pian piano emulando. Quello di cui
voglio parlare è la furbizia degli italiani che come rilevava nell' "Italietta
imbelle del Prezzolini e del Corradini” il primo dei due autori nel suo Codice della vita italiana “L’italiano
ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se
ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria
furbizia, ma per la reverenza che l’italiano in generale ha della furbizia
stessa”. Come facciamo a conciliare
questa realtà con gli alti ideali insiti nella democrazia? Il discorso di Pericle
proprio per la nostra furbizia, da noi viene letto al contrario, vale a dire
che noi abbiamo una forma di governo che guarda al modello degli altri, che
invidia le istituzioni che gli altri hanno in termini di parlamento, di
presidenza della repubblica, in termini di sistema elettorale ecc. noi non
siamo di esempio a nessuno, anzi noi cerchiamo di copiare gli altri per
ottenere il nostro tornaconto. Esattamente come si fa per la creazione delle
leggi: fatta la legge scoperto l’inganno. Anche la nostra democrazia, invece di
essere amministrata per i molti, da
diverso tempo a questa parte, si dimostra organizzata nell’interesse esclusivo
dei pochi….più furbi… basta un unico riferimento: l’assenza di lavoro! Non
parliamo poi dell’uguaglianza davanti alla legge: i furbi che….ben conosciamo
sono più uguali dei …fessi che non conosciamo. Mentre i primi infatti hanno
buoni avvocati, fanno intrallazzi, sfruttano prescrizioni e rinvii, i secondi
sono obbligati ad accettare il giudizio senza potervisi opporre. Pensiamo alle
molte categorie che sfruttando la loro posizione di privilegio di fatto o
istituzionale si permettono angherie della peggior specie, rasentando a volte
anche l’omicidio conclamato…ebbene queste persone però sono protette dalla loro categoria, con una
indulgenza ed una omertà da fare invidia al mafioso più incallito. Tale
situazione, per colpa di alcuni che non vengono adeguatamente puniti o radiati
dalla categoria (perché come tutti sappiamo le categorie professionali e
istituzionali usano questa metodologia per cautelarsi all’ombra di una
reciprocità omertosa: siccome ciò che oggi capita a te domani potrebbe capitare
a me allora io sono costretto a difenderti fino al massimo delle mie
possibilità. Tale fenomeno si è visto in tutti gli ambienti: nelle forze
dell’ordine, nei militari, nei politici, negli ambienti clericali, nei medici,
nei giudici, negli avvocati, nei commercialisti, nelle grandi imprese, nelle
banche negli appalti pubblici ecc.) Ma per il discredito che gettano sulle
nostre istituzioni più che essere difesi dovrebbero essere allontanati proprio in virtù dell’atteggiamento
democratico che imporrebbe che “come in piena libertà viviamo la vita pubblica così
in quel
vicendevole sorvegliarsi che si verifica nelle azioni di ogni giorno,
noi non ci sentiamo urtati se uno si comporta a suo gradimento, né gli
infliggiamo con il nostro corruccio una molestia che, se non è un castigo vero
e proprio, è pur sempre qualche cosa di poco gradito.” Ecco quindi che la
“connivenza corruttrice” scaccia ogni barlume di meritocrazia, di autorevolezza
fondata sul prestigio, generando soprattutto “inciucio” conflitto di interessi ed una forte
inclinazione verso tutto ciò che è contrario alla legalità. Sembra quasi che la
vita pubblica sia legata in maniera direttamente proporzionale, se non più che
proporzionale all’illegalità. Qualcuno
potrebbe accusarmi di generalizzare, però quando il fenomeno si allarga a
macchia d’olio appare molto difficile non farlo, anche perché la nostra
democrazia non offre strumenti per distinguersi: o si è dritti o si è fessi! La
democrazia pertanto diviene un sogno utopico riservato a tutti coloro che
credendo nella propria dignità e vivendo nella pratica della nobiltà d’animo
costruiscono giorno per giorno ciò che gli altri tentano di distruggere ad ogni
piè sospinto. Ma allora se il nostro senso di democrazia appare di così basso
livello da non poter essere considerato come elemento fondante della crescita
sociale e dello sviluppo armonizzato dell’uomo, che cos’è che vogliamo portare
nel futuro della nostra società e per dirla in breve in Europa? Non certo
l’etica, bensì la furbizia. Questa infatti rappresenta la prassi più ingegnosa
e scaltra mirata all’egoismo e al tornaconto personale; rappresenta quel tipo
di perspicacia legittimata dalla malignità e dalla scaltrezza truffaldina che
si manifesta nell’inganno e nel raggiro fatto di truffa, trucchi e furto con
destrezza, che fa ammirare il ladro mentre si deride la persona ingenua perché
onesta, quale “stupida vittima”. Anche
se non possiamo generalizzare possiamo
dire però che la mancata costruzione della nostra società, la mancanza di vera
unità democratica del popolo italiano pare originare proprio dal fatto che noi
italiani primeggiamo nel saperci arrangiare, nel “napolitanismo” più astuto che
porta ad esaltare e ammirare i furbi e…. quell’immensa platea dei nostri
evasori fiscali che gode di un incredibile “rispetto” ne è una clamorosa dimostrazione,
tant’è vero che, mentre coloro che pagano le tasse vengono vessati per i minimi
errori materiali in dichiarazione dei redditi senza potersi opporre, questi
invece usufruiscono addirittura della prassi ormai consolidata dello “scudo
fiscale” reiterato. A questo punto mi
domando, dopo che finalmente gli italiani sembrano essersi messi una mano sulla
coscienza rispetto alle elezioni europee, scegliendo il riformismo allo
“sfascismo pentastellato” che cosa vogliamo portare in Europa? L’etica nella
democrazia o la furbizia nella confusione? Vogliamo continuare con la nostra
prassi consolidata di burocratici “UCAS” (Ufficio Complicazione Affari
Semplici) oppure vogliamo esportare un modello di cui siamo naturali portatori,
che non è la furbizia, ma la “creatività esistenziale” che tutto il mondo
ci invidia in qualsiasi campo. Vogliamo
esportare il modello di una democrazia la cui cultura si basa su una visione
del mondo fondata sulla dignità dell’essere umano che imparando a vivere con
gli altri esseri umani, a prescindere da qualsiasi diversità, eleva il livello
dell’interdipendenza fino al punto di renderla una virtù a cui si dà il nome di
“solidarietà”? A mio avviso non si può più procrastinare il dovere di esportare
il modello di una Italia onesta che non si arrangia, ma che ha l’abilità di
saper sciogliere i nodi troppo stretti e districarsi dai grovigli più fitti indotti
dalle complessità di una globalizzazione che possiamo gestire da maestri e
senza “compiti a casa” fatti in tedesco o in inglese; ciò attraverso la virtù
della sapienza, della lungimiranza, dell’acutezza intellettuale e de della capacità
creativa, che ci contraddistingue anche
laddove nessuno vede soluzioni, per vivere con serenità quel futuro che si
chiama Europa e di cui l’Italia nella Storia ne è stata ideatrice, fondatrice e
sicuramente ne sarà già nel prossimo futuro potente attrice. Questa speranza
fondata sull’etica e non sulla furbizia è un monito che mi sento di inviare a
Matteo Renzi che come Presidente del Consiglio e come futuro Presidente del
semestre europeo sappia non tanto parlare, non tanto proporre, non tanto
gestire, quanto più scoprire tutti quei geni nascosti nei meandri delle nostre
situazioni sociali, che possano dargli i suggerimenti giusti per creare ed esportare
in Europa un modello di democrazia “bottom up” che cioè partendo dal basso
edifichi come le fondamenta della casa una costruzione la cui solidità non è
fatta di parole o interessi, ma di persone che fanno politica, che possiedono
profondità e spessore esistenziale e pertanto in grado di ridare all’Italia
quella funzione che già ebbe nel corso dei secoli e che esplose in quel periodo
storico-umanistico che si chiamò Rinascimento, tempo in cui le migliori menti
ed i migliori intelletti si misero al servizio di un progetto di sviluppo
veramente umano, sociale ed economico, dimostrando al mondo che l’Italia, con
le sue bellezze, intelligenze, storia, tradizioni e cultura, è stata, è, e
rimane nei secoli futuri il vero serbatoio di umanità e quindi di etica non solo all’interno dell’Unione Europea ma
del mondo intero.
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