“I nostri paesi sono diventati troppo piccoli per il mondo
d’oggi, rispetto alla tecnologia moderna, all’America e alla Russia del
presente, alla Cina e all’India del futuro. L’unità dei popoli europei
raggruppati negli Stati Uniti d’Europa fa sì che aumenti la qualità della vita
e che regni la pace. È la grande speranza e l’opportunità della nostra epoca.”
Jean Monnet
Dopo aver ascoltato il programma l’"Infedele" di Gad Lerner in
onda su La7 lunedì sera, non posso fare a meno di tornare sull'argomento Euro.
Ritenendo la trasparenza e la verità elementi dovuti ai
telespettatori ed a tutti coloro che vogliono capire la gravità effettiva della
situazione, vorrei spiegare che non occorre andare in tv per presentare il
piano A o Piano B dell’Euro. C’è bisogno invece di una analisi vera della
situazione per spiegare che la realtà dell’eurozona va salvaguardata
innanzitutto nella mente e nel cuore di ciascuno di noi, perché si tratta di un
bene d’ordine che uomini di buona volontà hanno contribuito a far nascere. Un
bene d’ordine di una portata innovativa eccezionale, pur se perfettibile, ma
che la storia ci ha consegnato in maniera veramente apprezzabile. Ora se agli
uomini di buona volontà sono succeduti altri uomini o “donne” incapaci di avere
un pensiero pensante e costretti in gabbie ideologiche o in tecnicismi imparati
nelle diverse scuole economiche, ciò non significa che dobbiamo rassegnarci a
dare loro ragione ed a dare loro spazio…
Essendo la problematica molto complessa e comprensibile a
fondo solo da alcuni esperti in grado di interpretarla, credo che sia
importante spiegare i significati del piano A o B di abbandono dell’euro, e di
quali interventi necessiti la situazione attuale per salvaguardare questo bene
d’ordine.
A mio avviso questa presa di coscienza diviene un must
quando un tecnico come Paolo Savona dice che secondo lui la perdita di
valore dell’euro ipotizzata in caso di
uscita dell’Italia con alla lira, sia intorno al 40%. La situazione sarebbe
talmente grave che la cosiddetta ipotesi B non è neanche da considerare,
soprattutto se si fanno due calcoli: a) il valore dell’euro che era stato
fissato a 1936,27 in
realtà oggi si è fortemente dimezzato vale a dire che la capacità di potere
d’acquisto di un euro almeno in Italia si aggira sulle ottocento/mille lire del
vecchio conio. b) Se volessi acquistare un bene che prima dell’entrata in
circolazione dell’Euro costava due mila lire, ora dopo 10 anni di circolazione
scontando una inflazione “ufficializzata” in maniera strumentale anche da
“Altroconsumo” pari ad un complessivo 7%, il totale da pagare dovrebbe essere
Itl 2.071,81 pari a euro 2.071,81:1936,27= euro 1,07. In realtà tutti sappiamo
che se andiamo a prendere un tramezzino che prima del 2002 costava Itl. 1.500
adesso costa minimo euro 3,50 quindi facendo il calcolo inverso vediamo subito
la svalutazione effettiva subita: Euro 3,50X1936,27= ITL. 6.777, vale a dire 4
volte e mezzo il prezzo iniziale.
Questo è avvenuto perché come a tutti noto, nei mesi
immediatamente successivi all’entrata in circolazione dell'euro come moneta
fisica si verificarono delle conversioni di prezzo di beni e servizi tra valute
nazionali e moneta unica a volte anche molto distanti da quelle stabilite
ufficialmente. Il mancato controllo da parte del Governo Berlusconi e
soprattutto del dicastero Tremonti comportò che nel nostro Paese, soprattutto
nei mercati rionali e locali dei beni alimentari e dei beni di largo consumo
(quelli cioè dove gli acquisti sono di basso valore assoluto), spesso si
convertivano i prezzi con 1 euro a 1000 lire, invece che a 1936,27, riducendo
così di quasi della metà il valore reale della moneta. Ricordo che il prezzo
delle zucchine subì un amento del 272%. (Infatti nei mercati rionali è assurdo
parlare di concorrenza perché le casalinghe che li frequentano, raccontano di
veri e propri mini-cartelli che stabiliscono prezzi uniformi per quasi tutte le
derrate). Comunque anche nei servizi pubblici, si fecero forti arrotondamenti
su prezzi e tariffe che svilirono il valore dell’euro. Non c’è stato quindi né
controllo né alcuna possibilità di difesa. Il risultato pertanto, se vogliamo
essere onesti ci fa dire che dobbiamo riconoscere che nell’euro c’è qualcosa
che non va, ma non nella moneta, bensì nella politica monetaria e cioè nel
mancato sviluppo ragionevole del suo valore che implica una mostruosa potenza
inflativa che nessuno degli organi istituzionali vuole mettere in evidenza, ma
che sta portando l’eurozona allo sfascio.
La conseguenza più evidente è che tutti siamo diventati di
ovviamente più poveri in quanto mentre i salari sono restati fermi al calcolo
del cambio ufficiale di Itl 1936,27
in realtà il loro valore essendosi dimezzato fa sì che
colui che aveva uno stipendio di 2 milioni delle vecchie lire riceve ancora
oggi circa 1.000 euro; ma per vivere, mantenendo il precedente regime, egli
deve spendere 2.000 euro circa, cioè il doppio di ciò che guadagna e quindi non
avendoli è costretto ad indebitarsi e perciò se prima poteva vivere con 250
euro a settimana ora non riesce ad arrivare alla terza settimana del mese
perché deve spendere 500 euro e lo stipendio gli è sufficiente appena per sole
due settimane. Lo stesso dicasi per chi possedeva un patrimonio di 200 milioni
delle vecchie lire. Il valore non è 100 mila euro come dovrebbe essere, bensì
dimezzato, in termini di potere d’acquisto a 50 mila. Ecco perché siamo
diventati tutti più poveri. Se ora andiamo a calcolare la perdita ulteriore
data dal ritorno alla lira e prevista in un 40%, i 50 mila euro che
rappresenterebbero teoricamente circa 100 milioni diverrebbero 60 milioni della
nuova lira. Direi che è un assurdo!
Chiarito questo presupposto, passiamo ai successivi
approfondimenti che però sono tanti ed è difficile affrontarli tutti in questa
sede.
Quindi mentre mi riprometto di scrivere un articolo
sistematizzando gli argomenti, qui per brevità, desidero mettere in evidenza:
a) Che cos’è l’Euro e perché dall’euro non si può uscire;
b) Perché siamo arrivati a questo stato di cose;
c) Che cosa
si sarebbe dovuto fare e non si è fatto ma che adesso diviene perentorio fare.
Ovviamente sono solo enunciati, ma non crediate che non si
possano adeguatamente approfondire: se volete su domanda posso dare tutte le
spiegazioni che mi richiederete.
Allora procedendo con ordine cerchiamo di spiegare perché
dell’Euro non si può uscire, almeno in termini giuridicamente plausibili e
definiti.
a) Che cos’è l’Euro e perché dall’euro non si può uscire
1) L'Euro
è un bene d’ordine perché crea equilibrio sociale ed economico e non serve solo
a facilitare i viaggi: ha solide motivazioni economiche e politiche; è una
moneta stabile, associata a livelli ridotti di inflazione e a bassi tassi di
interesse che aumenta la solidità delle finanze pubbliche e quindi la
credibilità e fiducia nelle istituzioni. La moneta unica è complemento del
mercato unico e lo rende maggiormente efficiente perché determina trasparenza
dei prezzi, elimina i costi di cambio, rende più fluidi i meccanismi finanziari
e creditizi dell’economia europea, facilita gli scambi internazionali e
conferisce all’UE una posizione di maggiore forza sulla scena mondiale.
Inoltre, riesce a sopportare meglio gli shock economici esterni, dovuti a
improvvisi ed inattesi rialzi del prezzo del petrolio, dei prezzi delle materie
prime o delle fluttuazioni speculative dei mercati valutari.
2) La
moneta unica mette al riparo dalle svalutazioni competitive e pesa di meno in
termini di tasso di interesse (costo del denaro).
3) L’Euro
permette di rapportare tra i diversi Paesi: debito pubblico, deficit di
bilancio, disallineamento dei tassi di interesse, livello di inflazione.
4) L’Euro
consente di ridurre il costo degli interessi del debito pubblico.
5) L’Euro
permette di usufruire di una maggiore stabilità dei flussi di capitale.
6) La
moneta unica presenta una garanzia implicita di stabilità.
Inoltre il Trattato di Maastricht ed i suoi aggiornamenti
non contemplano possibilità di recesso dall’Euro; per abbandonare la moneta
comune, l'unica eventuale strada, per la Grecia o altri Paesi in difficoltà, è uscire del
tutto dall'Unione europea. Un'ipotesi puramente teorica e improbabile, pur se tecnicamente e
politicamente possibile.
L’Art. 49 del Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1°
dicembre 2009 pur non prevedendo espressamente una procedura per l'uscita
volontaria di uno stato membro dall'Eurozona afferma, manifestamente, il
diritto di ogni Stato di uscire dalla Ue, facoltà prima non prevista nei
Trattati e utilizzabile solo per via interpretativa con il ricorso alla Convenzione
di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, che lascia spazio al recesso anche
quando i trattati non lo prevedono espressamente, se, questo diritto, può
essere dedotto dalla natura del trattato o dalla volontà delle parti.
b) Perché siamo arrivati a questo stato di cose
1) Il
meccanismo economico di una economia aperta funziona in maniera che le imprese
e le famiglie introitino risorse monetarie che impiegano per il pagamento dei
fattori produttivi le prime e per beni di consumo e servizi le seconde. Tutto
il resto del sistema gira intorno a questi due pilastri. Infatti, Banche,
Pubblica Amministrazione, Banca centrale ed Estero sono complementari al
sistema. Il pagamento dei fattori produttivi da parte delle imprese avviene a
fronte dei ricavi ottenuti dalle vendite; l’acquisto di beni e servizi da parte
delle famiglie avviene a fronte di introiti da remunerazioni del lavoro
prestato; le banche fungono da intermediari, tra imprese e famiglie, per
coprire i gap temporali tra reperimento delle fonti e ritorni degli impieghi; la Pubblica Amministrazione
si occupa della giustizia redistributiva per mezzo della Fiscalità; la Banca Centrale è
fornitrice di liquidità e prestatrice di ultima istanza; l’Estero è una fonte
di approvvigionamento reale e monetario. Il tutto viene contabilizzato in
termini di Prodotto Interno Lordo o in termini di Bilancia dei Pagamenti divisa
tra Partite correnti e Movimenti di capitale.
2) Il
flusso monetario all’interno del Paese viene garantito dal debito Pubblico
oppure dall’Estero. Infatti quando viene emesso debito pubblico in funzione di
attività produttive, lo stesso deve essere sottoscritto dai cittadini, oppure
dalla banca centrale oppure dall’estero.
Va da sé che tale flusso è possibile fintantoché c’è denaro disponibile,
fiducia e credibilità.
3) Se
il debito pubblico non viene sottoscritto da nessuno dei tre operatori allora
lo Stato deve: a) tagliare le spese; b) aumentare imposte, tasse e contributi;
c) incrementare gli introiti dall’estero.
4) Se
i cittadini non sottoscrivono il debito pubblico, l’estero non eroga prestiti,
la banca centrale non acquista debito sovrano e le spese sono incomprimibili,
la soluzione che resta è: licenziare i lavoratori; non pagare gli stipendi;
ridurre la spesa pur se necessaria; aumentare la fiscalità.
5) Lo
Stato quindi nelle sue componenti pubbliche o nelle sue componenti
imprenditoriali private deve poter trovare la maniera di reperire risorse
monetarie per pagare i fattori produttivi o per il sostegno al welfare ed ai
settori socialmente più bisognosi. Se lo Stato non riceve le risorse monetarie
necessarie può chiedere alla propria banca centrale di emettere maggior
quantità di moneta per sottoscrivere o garantire il proprio debito pubblico.
Per riassumere possiamo dire che se lo Stato non attinge risorse monetarie da
cittadini o dall’estero, tramite investimenti, fiscalità ed introiti da export,
è bloccato.
6) Ciò
che è accaduto alla Grecia e si sta cercando di alimentare in via analogica in
Italia: difficoltà di emissione del debito pubblico, mancata sottoscrizione
dall’estero o richiesta di tassi esorbitanti, aumento dello spread, incapacità
della Banca centrale di stampare moneta e sottoscrivere debito pubblico; taglio
della spesa pubblica e riduzione dello stato di welfare con impatti negativi su
pensioni, istruzione e sanità.
c) Che cosa si sarebbe dovuto fare e non si è fatto ma che adesso diviene perentorio fare
1) Non è stata creata una Banca Centrale provvista di tutti gli attributi, per cui non
è permesso finanziare direttamente debito sovrano.
2) Non è stato creato un meccanismo di compensazione che entri in azione al
raggiungimento delle soglie di divergenza economica in termini di
competitività.
3) Non
sono stati creati punti di intervento di aggiustamento concordato o automatico
di politiche fiscali, salariali e di sovvenzione.
4) Non è stato integrato il debito europeo nella ragione del 60%.
5) Non è stata creata una discriminante sulle diverse finalità di debito per
investimenti e debito per spesa corrente.
6) Non è stato creato un intervento programmato per l’abbattimento del debito che facesse
leva su investimenti da parte di paesi virtuosi;
7) Non
sono stati creati strumenti idonei come Zero coupon o di tipo Brady
bonds a lungo termine.
8) Non
è stato monitorato l’impatto del cambiamento operato nei patrimoni dalla
perdita progressiva di valore pilotata dalla speculazione internazionale.
9) Non sono stati creati piani di redistribuzione delle plusvalenze che transitno
dalla Borsa al settore Immobiliare e viceversa lasciando al mercato la libera
accumulazione in termini di rendite di posizione da bolle speculative di Borsa,
degli immobili, delle materie prime, del petrolio e dell’oro.
10) Non sono stati infine, creati
strumenti finanziari di indirizzo economico reale che possano certezza di
sviluppo in costanza di valore.
L’etica ci impone di riflettere su
questo bene d’ordine per capirne e salvaguardarne il grande valore.
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