Articolo 3
(ex articolo 2 del TUE)
1. L'Unione si prefigge di promuovere la
pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno
spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia
assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate
per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo,
l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro
quest'ultima.
3. L'Unione instaura un mercato interno.
Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita
economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di
mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso
sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità
dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione
combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la
protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le
generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione
economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. Essa
rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla
salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.
4. L'Unione istituisce un'unione economica e
monetaria la cui moneta è l'euro.
5. Nelle relazioni con il resto del
mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla
protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo
sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra
i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla
tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla
rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare
al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
6. L'Unione persegue i suoi obiettivi
con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nei
trattati.
LA
GREXIT , L’EUROPA E L’ETICA TEDESCA
carissimi
amici e lettori, nello scusarmi per la mia lunga assenza dal blog dovuta i miei
impegni accademici nella Repubblica Democratica del Congo, vi confesso che
pensavo di avere un po’ più di calma per riflettere ed esprimere il mio
pensiero sui diversi argomenti che riempiono le pagine dei giornali e rendono inquietanti il talk show
televisivi. Essendo questo mio blog un archivio di riflessione per tutti coloro
che desiderino configurare un proprio pensiero in termini etici su argomenti
come l’Isis, come il matrimonio gay, l’immigrazione, la droga, i conflitti
generazionali, i risultati del jobs act, la legge sulla riforma della scuola,
la crisi economica, l’ultima enciclica di Papa Francesco Laudato si’ ed altre ancora,
ogni post necessita di una adeguata analisi unitamente ad uno studio minuzioso
e ad accurate indagini. Invece in
questo caso mi trovo costretto ad
intervenire immediatamente e con tempestività per esprimere tutto il mio
disappunto di fronte a questa inverosimile questione della Grexit (= Uscita della Grecia dall’Euro?).
Venendo
dal Congo penso sempre di arrivare in una Europa dove il cammino della
democrazia, l’equilibrio dei popoli, il futuro delle nuove generazioni, siano
cose ormai scontate. Invece mi trovo di fronte ad una situazione che lascia
veramente esterrefatti. Mai avrei pensato, da europeista convinto, che saremmo
giunti a questa situazione. Eppure l’Europa era stata l’idea portante dei padri
fondatori per esprimere con questa parola, la solidarietà fra i popoli dopo la
sanguinosa ultima guerra e la distruzione di intere nazioni. Europa per loro
voleva significare non più conflitti, ma solidarietà, aiuto reciproco, sussidiarietà.
Oggi
invece il termine Europa significa e si declina innanzitutto con la GREXIT.
Certamente si troveranno dovute soluzioni di compromesso, imposte dalla
irreversibilità dell’euro che avendo creato complessi intrecci di interessi,
anche ai più accaniti assertori della fuoriuscita della Grecia, non conviene
insistere più di tanto. Tuttavia è veramente avvilente che l’idea d’Europa non possa essere pienamente
configurata se non guardando al suo contrario, cioè alla sua intransigenza.
Certo coloro che dicendo Europa pensano a Grexit, non immaginano che tra non
molto potrà verificarsi anche la Portexit, la
Spanexit, l’Italexit e pian pianino tutti gli altri “Partnerexit”! Sì,
chi la pensa in questo modo non ha ancora capito che l’eventuale Grexit
significa la dissoluzione dell’idea di Europa, non capisce che a perdere non è
la Grecia, bensì è l’Europa e con questa tutti noi e tutte quelle nazioni che
ci hanno creduto e che purtroppo non hanno il coraggio di opporsi ad una
mentalità ristretta e ad una visione ancorata a rigidità di orizzonti, promosse
dalla nazione che dall’Europa solidale ha guadagnato di più. Dalla nazione che nonostante si sia macchiata delle
più grandi responsabilità in termini di disumanità
del secolo scorso segnato da due guerre sanguinosissime, sia portatrice del più grande debito mai
confessato ai partner europei dovuto sia
ai danni di guerra, anche se abbonati, sia alla sua riunificazione sostenuta proprio per ragioni
di solidarietà da tutti gli altri popoli, e, sostenuta anche dall’Art. 107 (ex
art. 87 del TCE comma c) del trattato UE rivisto a Lisbona, i quali benché avessero subito i danni più ingenti in
termini di vite umane e di distruzioni dell’ultimo secolo, non hanno esitato a tenderle una mano.
Questa
nazione purtroppo ha la peculiarità di allinearsi e coprirsi dietro i propri
leader anche se ciò che essi dicono non ha senso, l’essenziale è che si
risvegli in ciascuno di loro la forza del potere, suscitato dalla pedissequa
aderenza alle leggi che doni loro la capacità di imporsi a qualcun altro
ridestando l’orgoglio di sentirsi
superiori………come lo dimostra quello che sono riusciti a fare in nome della
“purezza della razza” in cui risiedeva la superiorità di uomini che formavano
un popolo che ancora oggi dovrebbe fare “memoria di vergogna” e tacere……..…quello
del Terzo Reich!
Comunque
questa posizione non esclude anche un’altra responsabilità importante e che è
in capo ad un’altra nazione: la Repubblica Italiana la quale risulta tenutaria
dei trattati art. 55 ex art. 53 del TUE.
Quindi se la tenutaria dei trattati, custode dei valori, non è capace di farsi
valere evidentemente c’è qualcosa che non torna. Eppure abbiamo una
rappresentanza nel parlamento europeo di ben 73 parlamentari, abbiamo un
presidente del Consiglio che risponde al nome di Matteo Renzi che ha espletato
funzioni di Presidente nel passato semestre europeo, abbiamo anche una…..rappresentante
PESC, nonché Vicepresidente della Commissione che risponde al nome di Federica
Mogherini, di cui si conoscono soltanto le……. Gaffes (figuracce) riportate dai giornali e dalla
Rete! Ma quest’”Italietta imbelle e pacifista” del Corradini del Prezzolini e
di Dannunzio troverà il coraggio o meglio, gli “uomini di caratura” per potersi prendere le
responsabilità di far rispettare non le regole tecniche, bensì i valori
inseriti nelle lettere dei trattati?
Non
potendo permettermi di far pensare ai lettori di sembrare troppo di parte, come
non si addice certamente a chi debba fare una riflessione etica da lasciare a chi
legge per permettergli di capire meglio, di formarsi un’idea, e di configurare
un possibile scenario futuro che sia razionalmente fondato, ritengo sia
opportuno proseguire per gradi.
LA GREXIT
Domandiamoci
che cosa significa Grexit: nulla! significa solo una presa di posizione su
criteri di giudizio che sovrastano l’obiettività dei dati di fatto. La Grecia,
innanzitutto non è che una realtà marginale dell’Europa,
con i suoi 11 milioni di abitanti circa (paragonabili alla nostra Regione
Lazio) ed il suo deficit che tutto sommato possiamo quantificare al massimo in 340
miliardi pari quasi al 180% del Pil, si
suddivide grosso modo per 64 miliardi alla Germania, 46 miliardi alla Francia, 35
all’Italia, 45 al Fondo Monetario internazionale, 141,8 miliardi all’ESM
(European Stability Mechanism o Fondo Salva Stati). Ma per calarci a fondo con cognizione di causa nella
situazione dobbiamo anche renderci conto dello svolgimento dei fatti e come il debito
da 100 sia passato a oltre 340 miliardi in poco più di un anno. Le tappe
sono state: nel maggio 2010 un primo pacchetto d’aiuti fornito dalla troika per
110 miliardi di euro, la cui
contropartita prevedeva una manovra lacrime e sangue con tagli
a tredicesime e quattordicesime degli impiegati pubblici, l’aumento
dell’età pensionabile, dell’Iva e di altre imposte, per un totale di 40
miliardi. L’anno successivo e precisamente nel giugno 2011, il governo
ellenico ha potuto ottenere dai partner
europei altri fondi pari a 120 miliardi
ed il 21 luglio dello stesso anno dopo un vertice straordinario dei capi di
Stato e di governo riceveva ulteriori aiuti
per 109 miliardi di euro, unitamente
ad una rinegoziazione delle condizioni di rimborso che prevedeva più tempo per restituire i prestiti ed una
riduzione dei tassi di interesse. Tutto
ciò non è bastato perché la situazione non accennando a cambiare impone
l’accettazione da parte delle banche private detentrici dei titoli ellenici di
una ristrutturazione cosiddetta haircut. Ciò si concretizza nel febbraio del
2012 quando appare evidente che la massa di debiti che grava sulle casse del
governo greco non è sostenibile, e l’Eurogruppo si accorda su un taglio di 107
miliardi del debito tramite la riduzione del valore dei titoli in mano ai
creditori privati. Solo così si è
evitato che il valore dei prestiti arrivasse al 240% del pil. Nel
frattempo le misure di austerità previste dai memorandum collegati agli
aiuti hanno come è noto imposto sacrifici molto pesanti alla popolazione,
in particolare alle fasce deboli. Senza soffermarci sulle proposte greche
sempre rinviate al mittente soprattutto da parte della Germania, l’ultimo piano
presentato da Tsipras prima del referendum dello scorso 5 luglio, prevedeva
ancora ulteriori sacrifici come l’aumento delle entrate fiscali dell’1,51% del
Pil già nel 2015 e del 2,87% nel 2016. L’Iva, inoltre, sarebbe stata portata al
23%, mantenendola al 13% soltanto per i beni di primissima necessità e al 6%
per i farmaci e i libri. La prevista riforma delle pensioni molto simile a
quella italiana si allineava alla media
europea. La spesa pensionistica sarebbe stata ridotta nel 2016 per un importo
pari all’1,05% del Pil e dell’1,1% l’anno successivo. Ma tutto ciò non è
bastato. Una cosa da notare ed un poco
insolita è il fatto che c’era da parte del Governo ellenico, anche una volontà
di ridurre la spesa militare, ma questo non è stato possibile perché? Dice
l’Huffington post dell’11 luglio che “nella controproposta presentata da Tsipras
c'era un altro riferimento diretto alla spesa militare: taglio - questa
l'intenzione del governo ellenico - di 200 milioni quest'anno e 400 milioni
l'anno prossimo. Niente da fare: noi, ha detto Jean-Claude Juncker, non
trattiamo più. Il no a questa proposta ha una spiegazione che ha decisamente
poco a che fare con il rigore, i conti, la politica e il rispetto delle regole.
Le
forniture messe in discussione da Atene riguardavano sottomarini Poseidon,
carri armati Leopard 2A6 Hel, missili Stinger e i caccia F-15 prodotti dalla
tedesca Krauss-Maffei Wegmann. “
Forse allora
riusciamo anche a capire che cosa significa Grexit: interessi economici, come
lo sono stati quelli degli anni precedenti: dall’entrata della Grecia
nell’Euro, la cui sistemazione dei conti ha avuto come consulente la Goldman
Sachs, mentre alla presidenza della Commissione Europea c’era Romano Prodi; al piano di investimenti greci finanziato
dalla Germania attraverso la Deutsche bank; agli investimenti per le olimpiadi,
e via dicendo. Il business greco non riguardava soltanto i tassi di interesse
da lucrare sui finanziamenti accordati, quanto più l’abbassamento dei rating
che provocavano un rialzo dei CDS, vale a dire la possibilità di lucrare in
termini di derivati su credito dalle vicende greche: da un lato si finanziava
il debito e dall’altra si scommetteva sul default dello stesso, in poche
parole, una speculazione finanziaria assurda.
Va da sé dunque che in un tale sistema il finanziamento del debito come
più sopra presentato serviva a sostenere il sistema bancario greco per
permettere a Banche e Governi prestatori
non solo di non perdere i propri profitti, ma addirittura di lucrare scommettendo
finanziariamente sullo spauracchio del default greco, proprio come sta
accadendo attualmente con la GREXIT! Il termine si declina quindi con
speculazione, che non ha nulla a che vedere con la fuoriuscita della Grecia
dall’Euro che nel suo default porterebbe anche l’Europa e con essa la Germania
i cui esponenti (Merkel, Schaeuble e compagni) non si sa a che gioco stiano
giocando.
L’EUROPA
Chiarito
il movente del perché l’euro è irreversibile! E non certo solo per i motivi
tecnici che tutti possono intuire, legati alla circolazione, al valore, alle
transazioni, alle relazioni bancarie ecc. vediamo brevemente cosa manca
all’Europa. La prima cosa è la visione del suo futuro come Unione effettiva,
come strategia unitaria decretata a Lisbona. L’Europa manca di una carta Costituzionale che ne faccia un unico
Paese quella carta costituzionale che è rimasta lettera morta e che pur se
recepita in alcuni punti nella revisione del trattato UE, lascia sempre un
Europa a “numero di stati”. Ciò significa che non ci potrà essere una politica
monetaria, e fiscale unica, una vera banca centrale europea ed un bilancio
europeo che rendano l’UE omogenea nel trattamento dei suoi cittadini. Non
esiste la possibilità di finanziare politiche di correzione di shock
asimmetrici, di finanziare politiche sociali redistributive, né tanto meno fare
interventi sui gap di produttività e di competitività tra i paesi dell’eurozona
e tra l’Europa ed il resto del mondo. L’Europa deve trasformare gli stati in
proprie regioni, solo così si potrà pensare ad un rapporto di solidarietà
politica e non ad un solo rispetto delle regole, che permette alla nazione che
ha ricevuto di più di fare la voce grossa. L’Europa non è soltanto Germania e
Francia che concertano sul da farsi in merito alla GREXIT, ma tutta l’Unione
che dalla cessione di sovranità degli stati e dall’imbrigliamento delle
politiche nazionali deve attuare politiche comuni, coordinate a livello europeo
e non interstatale, deve favorire il miglioramento delle riforme regionali
evitando spillover negativi e promuovendo attività comuni, costituendo reti
transnazionali, fornendo finanziamenti di tipo solidaristico, creando
meccanismi di incentivazione e individuando nuove fonti di finanziamento, promuovendo
l’allentamento del patto di stabilità con coperture una tantum, con garanzie su
emissioni obbligazionarie, con contribuzioni a fondo perduto come solidarietà
ed infine fare un uso più mirato della tassazione sulle operazioni finanziarie. Insomma per capirci
riassumo: occorre una costituzione, una politica fiscale, monetaria, salariale
comune, occorre una banca centrale, occorre l’assunzione del debito diretto di
tutti i debiti sovrani dell’UE almeno del 60% di ciascun partner, occorre che
la nazione (o meglio la Regione) in surplus di bilancia dei pagamenti indirizzi
tutto il proprio surplus verso investimenti produttivi concertati nei paesi (o
meglio Regioni) più in deficit per creare uno sviluppo reale e condiviso, senza
più “compiti a casa” o “presunzioni di superiorità” politiche ed economiche;
occorre infine uscire da queste politiche di austerità che non giovano a nessuno
e che permette soltanto a sedicenti giornalisti come Oscar Giannino, al quale
Radio 24 dà ancora possibilità di parola dopo i noti fatti, di continuare a
fare sproloqui da ragioniere “spocchiosamente tecnico”, sulla necessità che la
Grecia esca dall’euro per risanare l’Europa! Se è vero che nel nostro sistema
di sviluppo è la spesa che crea possibilità di crescita economica, allora
inventiamoci gli investimenti produttivi che sostengano l’occupazione e con
questa lo sviluppo e non continuiamo a seguire le politiche miopi di tedeschi,
olandesi e finlandesi facendo pensare
che l’Europa, questa Europa sia in realtà il concerto degli ex stati
colonialisti miranti a sfruttare ogni debolezza percepita. La politica di
austerità ha generato recessione, la recessione ha generato l’isolamento
interno dei paesi additati disonorevolmente come PIIGS ed ha contribuito ad
isolare l’Europa dal resto del mondo bloccandola su strutture tecniche, regole
fisse non negoziabili, rigidità strategiche che hanno impedito il necessario
coordinamento delle politiche macroeconomiche a livello globale tendenti
assurdamente a rilanciare una improbabile crescita esportando spinte recessive
e creando un conflitto oggettivo sia con gli Stati Uniti che con la Cina ed il
sud est asiatico invece dell’invocato
equilibrio socio-politico-economico necessario al superamento di questa grande
crisi mondiale.
L’ETICA TEDESCA
Scusandomi
per la lunghezza del post, non posso però concludere senza dare una chiave di
lettura importante alla situazione sottolineando la causa dei mali che più
sopra ho evidenziato: l’etica tedesca!
Sì,
è importante che tutti capiscano che la realtà che stiamo vivendo in Europa è
figlia legittima e naturale della mentalità tedesca che dietro un’etica di
facciata rivendica una rivincita che ancora non riesce ad avere, per chi vuole
approfondire rimanderei ad una mia intervista rilasciata alla Direttrice della
Rivista Cronache e Opinioni, Paola
di Giulio rilasciata nel gennaio 2012 http://agenda-etica.blogspot.it/p/dentro-la-crisi.html in cui ho messo in evidenza alcuni aspetti
che ancora oggi ci coinvolgono. Comunque prima di terminare vorrei citare
alcuni pensieri di Keith Botsford
contenuti nel saggio “Was ist Deutsch? Note su un’identità difficile”
apparso sul n. 2/2015 di Limes in cui suggerisce tra l’altro che “tutti fatichiamo a trovare una
definizione di Germania e per ottime ragioni.” Tra quelle che l’Autore suggerisce
sono:
A)
“ secondo Giulio Cesare i popoli germanici fanno continuamente la guerra. Gente
bellicosa…[…]. Ben prima degli accessori del potere, a unirli era la lingua che
parlavano. Ecco cosa li definiva.
B)
…Nonostante gli sforzi di Martin Lutero per renderla popolare e accessibile ,
questa lingua non si è mai concessa facilmente ai forestieri, alberga, potente
come lo stesso Faust, da qualche parte nel profondo della mente di ogni
tedesco.
C)
……Come spiega Christopher Clarck , la cancellazione del nome Koenisberg, oggi
la russa Kalinigrad un tempo proprietà dei cavalieri teutonici, ha significato
additare la città e la Prussia “come la fonte del militarismo e della reazione
nella storia tedesca , [che] per questo doveva essere esorcizzata dalla mappa
dell’Europa. Uno spirito inquieto che doveva essere scacciato. Non esiste altro
precedente di abolizione di uno stato in tempo di pace. “Der bestirnte Himmel über mir, und das moralische
Gesetz in mir.”…
D)…….
Anne Bonnenkamp-Renken descrive Faust come “un simbolo dell’energia di una
nazione in crescita” ma che oggi “si dibatte sempre con fallimenti e
rimorsi”…..[..]Secondo Steffen Martus, per Jakob Grimm “una lingua funziona
secondo le sue leggi interne, queste leggi non sono plasmate da forze esterne e
una lingua è un organismo vivente e autonomo…(..)..I cambiamenti nel tedesco,
quindi, saranno effettivi solo se provenienti dall’interno , in accordanza con
il modo tedesco di fare le cose”.
E)
… Kauder sostiene a ragione che l’insistenza di Freud sui fattori irrazionali
dietro alla presunta razionalità della repubblica di Weimar rendeva più
evidente il complesso della repubblica stessa. Nel 1938 , quando Freud scappò
in Inghilterra, quel che un tempo era stato un antisemitismo razionale (gli
ebrei non erano abbastanza tedeschi) si era tramutato in un antisemitismo
irrazionale (gli ebrei come ostacolo per una nuova e spirituale nazione
tedesca). Il fenomeno Hitler, in questi termini, è così un altro esempio di
un’irrazionalità specificamente tedesca. Misfatti orrendi furono commessi a
causa di essa e della sua vittoria sulla condotta politica razionale.” L’autore continua con una domanda: “Dove ci
porta tutto ciò? Che cos’è davvero la Germania della Signora Merkel? Quant’è
tedesca? Per tenersi saldi tra il
razionale e l’irrazionale, la nostra
memoria nazionale deve essere organizzata, costruita e razionalizzata. Si
tratta di una questione personale , poiché noi siamo quello che ricordiamo”.
E
la nostra domanda sale spontanea: ma questi tedeschi che cosa ricordano? Qual è
la loro concezione del bene?...la supremazia, la razza …? No, la loro etica
dice Botsdorf in chiusura è che “Il male
subito ed il male perpetrato sono due poli inculcati della mentalità tedesca.
Una mentalità, per tornare al punto di
partenza, che non possiamo davvero conoscere. E Forse nemmeno accettare. Siamo
conigli.”
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