In risposta alla lettera di Roberto Saviano a Repubblica
del 12 marzo 2014
del 12 marzo 2014
Dopo aver letto con attenzione
l’articolo di Roberto Saviano apparso su Repubblica, credo che sia molto
importante ampliare il dibattito cercando di chiarire alcuni punti importanti.
Innanzitutto vorrei sottolineare che il
problema suscitato da Saviano guarda la corruzione, come singolo elemento da
combattere; secondo, il piano su cui l’autore si pone è squisitamente e oserei
dire solo politico.
Ebbene, conoscendo le idee e la
posizione di Roberto Saviano non posso che essere d’accordo con quanto espresso
in generale e con il decalogo suggerito, mi farebbe piacere però prendere per
mano il lettore attirando la sua attenzione su un percorso più completo
rispetto al tema trattato.
Sperando di mantenermi nell’ambito di
uno spazio giornalistico e mentale accessibile a tutti desidererei sottolineare
in primo luogo che il problema che stiamo affrontando, ben rilevato dalla Corte
dei Conti, non riguarda la sola corruzione, bensì anche la concussione e la
violenza. Inoltre il piano di riferimento non credo che debba essere limitato
al contesto politico, quanto più invece allargato al contesto
socio-politico-economico.
Il problema di queste tre piaghe infatti
non è solo politico, ancorché la politica vi giuochi per forza di cose un ruolo
molto importante. Io direi che il problema innanzitutto è di ordine etico e
quindi di disconoscenza del fatto che occorre ritornare ad una coscienza del
rispetto delle regole.
Il fatto quindi è innanzitutto sociale,
in quanto l’etica deve essere una costante informativa della vita di ogni
persona sin dai primi anni della sua vita, e ciò lo dico per implicare un
fattore importante di cui attualmente si pensa di poter fare a meno che è
l’educazione attraverso l’esempio ricevuto in famiglia.
In secondo luogo il concetto etico deve
informare la vita politica, non tanto dei politici eletti che siedono in
parlamento, quanto più quella di coloro che li eleggono per rivestire tali
ruoli. E’ inutile dire quindi che non servono giudici e l’ex procuratore Di
Pietro ce ne ha dato la prova: i repulisti giudiziari non servono a cambiare la
situazione perché o si è convinti del principio del bene comune che deve
informare la politica in ogni suo aspetto e ad ogni livello, oppure è inutile
qualsiasi escamotage d’ordine elettorale.
Infine terminerei l’argomento dei piani
di riferimento con il contesto economico, quale fulcro centrale della vita
socio-politica. Il contesto economico deve essere informato da una conoscenza
effettiva di quella che si chiama giustizia sociale e che i cittadini usano
chiamare soltanto giustizia. Ma perché accanto al nome giustizia deve esserci
l’attributo sociale? La risposta è
semplice, anche se non viene insegnata nelle nostre scuole.
La giustizia sociale si compone di tre elementi qualitativi al suo interno: 1) la giustizia legale, 2) la giustizia redistributiva; 3) la giustizia commutativa.
La giustizia sociale si compone di tre elementi qualitativi al suo interno: 1) la giustizia legale, 2) la giustizia redistributiva; 3) la giustizia commutativa.
So che non è questa la sede per approfondire però ritengo necessario sottolineare almeno che mentre la giustizia legale e redistributiva può essere in qualche modo, “trotesco”, riferita a chi detiene il potere, la giustizia commutativa riguarda soggettivamente ciascuno di noi come persona che sa bene qual è il metro di paragone che usa ed il peso con cui misura: naturalmente l’onestà individuale vorrebbe che fosse uguale a quello che si vorrebbe fosse usato per se stessi.
Allora? come dirimere il problema visto
che la nostra società è insensibile ai temi etici? Visto che le condanne per
evasione sono comunque avversate, che in parlamento e nelle poltrone di governo
possono sedere, e a volte anche essere chiamate a sedersi, persone non proprio
“specchiate” sotto il profilo della correttezza comportamentale. Certo non
perché debbano essere colpevolizzati, la nostra costituzione parla chiaro
riguardo alla presunzione di innocenza, ma solo per conveniente opportunità,
per indurre così un comportamento virtuoso che creando dei precedenti, magari
da persone riscontrate in seguito innocenti (non per prescrizione o per
opinabili archiviazioni) non permetta più simili comportamenti e ci allinei a
quelli consueti in altri Paesi. Ciò creerebbe quell’orientamento necessario al
cambiamento.
Inoltre, continuando il discorso, visto
che l’inciucio tra economia, politica e finanza è sempre dietro l’angolo; è
sempre pronto ad esplodere anche nei casi più imprevedibili, come muoversi?
La soluzione per chi come me si occupa
di etica da lungo tempo ( cfr. www.certificazionetica.org ; www.agenda-etica.blogspot.com
; www.4metx.it ) è facile, anche perché è una
battaglia che stiamo conducendo da un decennio pieno. Questa soluzione si
chiama “certificazione etica”, vale a dire un metodo che trasversalmente a
livello socio-politico-economico, interessa tutti i settori sociali, economici
e politici del nostro Paese.
Per chiunque voglia approfondire basta
andare sui siti indicati e leggere, cercando di capire significati e
prospettive. Se la lettura è accurata e fatta con coscienza ci si accorgerà che
la via dalle certificazione etica è non solo semplice; ma anche umanamente
auspicabile perché tende a ricomporre quel tessuto di fiducia orami troppo
sfilacciato dalla diffidenza generalizzata ad ogni livello di relazione.
Questa certificazione non è a controllo
terzo perché abbiamo visto che tutto ciò che è a controllo terzo può essere
soggetto a corruzione, concussione e/o violenza. Quello che cerchiamo di fare
invece è di creare una coscienza nei rapporti tra le persone che escluda il
dolo ed il raggiro. Certo, qualcuno potrà sorridere pensando che si tratti di
un’utopia. In realtà è invece quanto di più semplice si possa immaginare.
Il percorso di questa certificazione
etica è lineare e si basa su quattro step “quattro mosse”: 1) la competenza
professionale; 2) la conoscenza dei limiti etici della professione; 3) la
trasparenza; 4) la censura sociale.
Mi rendo conto che molti si chiederanno
spiegazioni dei significati e dei contenuti di queste “quattro mosse”, ma non è
difficile spiegarle.
Intanto possiamo dire apertamente che
tale metodologia è stata inserita in un progetto di legge presentato nella
scorsa legislatura e che dal 13 novembre 2009 è rimasto giacente presso la X
Commissione affari economici della Camera dei deputati, con il nome pdl 2933,
senza essere mai messa all’ordine del giorno.
Eppure il progetto di legge era stato
presentato e sottoscritto da dieci parlamentari di centro destra, basta prendere
il progetto per leggerne i nomi, i quali evidentemente accortisi che lo stesso
era veramente etico e quindi stringente, si son ben guardati dal discuterlo per
farlo divenire legge dello stato.
Ora il Comitato di Promozione Etica
onlus vuole reiterarlo con i dovuti emendamenti aggiuntivi che riguarderanno la
spending review, le quote rosa ed infine la certificazione delle imprese all’export.
Il problema che ritarda tale ripresentazione è il quibus della durata della
presenta legislatura. Ma se si avrà sentore che ci siano i presupposti per una
sua durata minima, allora verrà tranquillamente ripresentata.
Torniamo alla spiegazione. Intanto dico
subito a chi avrà la pazienza di andarsi a leggere il suddetto pdl 2933, che troverà
tutte le spiegazioni, tuttavia cercherò di raccontarle in breve:
1)
la
competenza professionale è uno dei mali del nostro Paese: chiunque di noi sa
bene che prima di accordarsi con un professionista o scegliere un fornitore
deve pensarci molte volte e cercare di capire qual è la reale competenza
professionale. Non c’è bisogno di fare un giro, basta pensare a ciò che accade
negli uffici pubblici, nelle banche, nelle assicurazioni, negli ospedali, negli
studi di avvocato, o di commercialista senza andare oltre. L’entrata in vigore
della legge 4/13 anche se è stato un momento importante, sembra essere sempre
meno stringente e pertanto riteniamo che avere invece una “attestazione di
Competenza professionale”, non controllata da un ente terzo, ma direttamente da
chi fruisce del prodotto o servizio siamo certi che servirà a smascherare tanti
abusivi.
2) La competenza dei limiti etici della
professione è qualcosa che nessuno contempla nella propria operatività. E tanto
meno viene insegnata nelle scuole e nelle università. Si conoscono appena, e a volte anche male i soli limiti legali. I
limiti etici sono qualcosa di molto più coercitivo a livello di coscienza e
farebbe, attraverso quello che si chiama senso di colpa espresso da una coscienza
avvertita, la fortuna del nostro Paese, evitando gli atti inconsulti procurati
dal rimorso. Infatti va ben spiegato che mentre i limiti legali sono sul piano
organizzativo tendente a migliorare le relazioni tra le persone, essi
incontrano in caso di violazione delle norme due momenti, il primo riguardante
l’interpretazione della norma e quindi della gravità della violazione; il
secondo la possibilità di sfuggire alla sanzione, come ben sappiamo, magari
attraverso una corruzione, attraverso la prescrizione, attraverso un buon avvocato
ecc. Insomma come si dice non v’è certezza del diritto. Ma se sul piano
organizzativo esiste tutto ciò, così non è sul piano esistenziale, dove la
norma è etica e pertanto la violazione è di immediata percettibilità e la
sanzione che si chiama rimorso, agisce immediatamente colpendo il nostro intimo
più profondo. Certo alcuni rideranno a
sentir parlare di rimorso, ma a questi vorrei dire che il rimorso esiste ed è
molto grave ed il risultato, (che ancora non ho scientificamente provato ma che
sarà oggetto di un mio preciso studio) è il cosiddetto gesto inconsulto di cui
sono pieni i nostri giornali e mass media. Ci chiediamo sempre come mai una
conosciuta da tutti come “tanto brava persona” arrivi ad uccidere madre figli
ed altri senza alcuna spiegazione! Io sono certo che questo gesto è causato da
un rimorso, magari provocato da una colpa lontana nel tempo, ma che al momento
opportuno è scoppiata come una bomba. Allora facciamo attenzione ai limiti
etici perché il loro superamento necessita prima o poi, per ragioni prettamente
umane, una rilegittimazione di chi si sente colpevole.
3) La trasparenza. Questo è l’elemento
clou del percorso perché la trasparenza pur se da molti avversata e vista come
negativa è invece espressamente positiva. Pensiamo soltanto alle
intercettazioni ambientali, come si dice. Se tutti sapessero di essere
intercettati porrebbero in atto comportamenti leciti e sani. Purtroppo questo
non viene capito. Chi è trasparente non ha nulla da temere, perché la sua
azione sbagliata può essere frutto di errore e non di dolo, come invece siamo
obbligati continuamente ad osservare. Inoltre un altro carattere importante
della trasparenza è la creazione dell’orientamento naturale alle best practice,
vale a dire che a forza di comportarsi bene tale metodologia diviene naturale e
connaturata al punto che non si ha alcun bisogno di sforzarsi per comportarsi
bene perché è divenuta un’abitudine.
4)
La
censura sociale infine è quell’elemento discriminante che fa in modo che non si
faccia di tutta l’erba un fascio, ma che ci sia la possibilità di tirarsi fuori
dal mazzo delle categorie attribuite. Spesso sentiamo dire “I politici tutti
ladri”, “gli avvocati tutti disonesti” oppure “i commercianti tutti evasori”,
ebbene occorre farla finita con i luoghi comuni che avviliscono la nostra
società e quindi la certificazione etica permetterebbe di distinguersi da chi
non si comporta nel rispetto delle regole. L’evidenziazione di una pubblicità
comparativa diviene l’elemento discriminante sulla base del quale scegliere.
Certo la censura sociale non vuole mettere fuori nessuno, ma vuole soltanto distinguere
tra coloro che rispettano le regole e coloro che non le rispettano o le
eludono. Soltanto dando la possibilità a chi si comporta bene di dire “guarda
che io non mi comporto come quello li” identificando chi non rispetta le regole,
dà la certezza della linearità di comportamento, per due semplici motivi. Il
primo è che io per dirlo devo essere ineccepibile; secondo che devo essere
certo ed avere le prove del comportamento errato dell’altro.
Certamente la spiegazione non è
esaustiva, ma indicativa che con “quattro mosse” e senza giudici o garanti o
authority varie, il tessuto sociale grazie all’applicazione vera dell’etica
cambia la nostra vita.
Prof.
Romeo Ciminello
Presidente
del Comitato di promozione Etica Onlus
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