Art. 18. Reintegrazione nel posto di lavoro.
Ferme restando
l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio
1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento
ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato
senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma
della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non
imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto
autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze
più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di
imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro...”
7. Nell'ipotesi di
licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore
e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato
e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti
o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro...”.
Art. 22. Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali
aziendali. 1. Il trasferimento dall'unità produttiva dei
dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente
articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere
disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza. 2.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e
settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo
a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle
elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a
quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri...”.
Credo
che sia giunto il momento di parlarne. Si, credo che non si possa più accettare
che la superficialità del discorso che viene fatto da tutti possa continuare a
trarre in inganno. Occorre pertanto aprire gli occhi e rendersi conto che se è
pur vero che il mondo sta cambiando è anche vero che il lavoro resta il metro
di misura della dignità dell’uomo.
Quindi
la responsabilità di ciascuno di noi deve tener conto che non possiamo usare la
strategia dello struzzo. Dobbiamo aprire gli occhi e verificare bene il
concetto che sottende alcune frasi che vengono pronunciate in maniera assertiva
concernenti la cosiddetta flessibilità in uscita!
Ma
andiamo per gradi e facciamo chiarezza. Il Governo Monti sta lavorando bene dal
punto di vista di immagine, ma dalle manifestazioni di volontà e di ordine
decisionale sta esagerando un pochino. Si fa per dire ovviamente! Infatti la
piega presa dal Governo oltre ad essere di tipo squisitamente autoritario,
rappresenta un ritorno ad un passato che si riteneva, forse a torto, superato.
Infatti quando si sente dire dal Premier
che ” il Governo non cerca il consenso”, in questo periodo storico dove
il consenso è fondamentale, la dice lunga. L’autoritarismo infatti sta
prendendo il posto dell’autorevolezza. Il consenso di cui parlo non va confuso
con l’accondiscendenza, ma con l’autorevolezza che determina decisioni di
fronte alle quali, per competenza, equilibrio e capacità di risolvere i
problemi, nessuno, che non sia in grado di fare meglio, può permettersi di
dissentire.
Certo
è un peccato perché questo Governo ha la possibilità vera e concreta di dare un
nuovo impulso alla politica, quella con la P maiuscola, purtroppo perdendosi
nei tecnicismi, sta tentando di non urtare la “politica retriva” di vecchio
stampo che lo sostiene con un subdolo e continuo ricatto esistenziale.
Ma allora che cosa dovrebbe fare il Governo?
Dovrebbe parlare innanzitutto di Etica, non a parole, ma nelle decisioni.
Quali? L’articolo 18 per l’appunto. Il Governo dovrebbe avere il coraggio di
realizzare che la flessibilità in uscita non ha senso, sia perché mancano
opportunità di investimento in termini di nuovo lavoro che permetta la
flessibilità in entrata, sia perché l’articolo 18 salvaguarda esclusivamente il
lavoratore discriminato. Infatti il licenziamento senza giusta causa o
giustificato motivo è senz’altro frutto di una discriminazione per chi lo
subisce e che ha il diritto ad essere reintegrato. Questo per diritto che
origina dalla propria dignità e che non può essere negletto.
Allora
se andiamo ad analizzare meglio vedremo che con l’abolizione dell’Articolo 18
si vanificano anche l’art. 7, 13 e l’articolo 22.
Per
quanto concerne la vanificazione dell’art. 7 comma 3 “3. Il lavoratore potrà farsi
assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato.” Anche l’articolo 13 sulle mansioni del lavoratore, che saranno prive di
tutela, per arrivare poi con
l’abolizione dell’articolo 18 alla completa vanificazione della libertà
sindacale e pertanto la capacità di questa istituzione di difendere i diritti
dei lavoratori con la conseguente vanificazione dell’articolo 22 che tutela
l’attività sindacale. Vediamo perché.
Abrogando
l’articolo 18 il sindacato perderà la propria ragione d’essere in quanto non
potrà più avere una delega pro-attiva da parte del proprio iscritto, non potrà
più porsi autonomamente come controparte dotata di forza contrattuale in quanto
anche il sindacalista potrà essere tranquillamente trasferito ad altra mansione
se non direttamente licenziato.
Appare
poi quanto mai evidente che ci sono mille maniere che il datore di lavoro può
mettere in atto, per non far trapelare la “discriminazione” sindacale. Ma al di là di tutto l’abolizione dell’articolo 18 determina
l’immediata perdita di senso del sindacato che non potrà più svolgere la
propria attività in quanto i propri dirigenti saranno trattati alla stessa
stregua di qualsiasi altro lavoratore e pertanto passibili di licenziamento
senza giusta causa né giustificato motivo. La pena eventuale per il datore di
lavoro sarebbe soltanto un indennizzo.
Mi
sembra evidente che questa è la giusta interpretazione da dare. E quindi va
rigettata al mittente la dichiarazione “meno diritti e più lavoro” fatta
qualche tempo fa dal segretario di un grande sindacato a livello nazionale. Va
letta in maniera critica l’affermazione sul Sole 24 ore di domenica 25 marzo,
nell’editoriale di prima pagina, di Guido Tabellini : “Il problema centrale è
riuscire ad aumentare la domanda di
lavoro, riducendo al tempo stesso il dualismo esasperato del mercato del lavoro
italiano: da una parte gli “insider” con un lavoro a tempo indeterminato, nelle
imprese sopra i 15 dipendenti, che godono di una protezione tra le più alte al
mondo; dall’altra gli “outsider”, i disoccupati e i lavoratori precari quasi
totalmente privi di tutele e di
copertura assicurativa. Questo dualismo è sia inefficiente – perché scoraggia
la formazione di posti di lavoro stabili e ben remunerati – che iniquo. La riforma Fornero scambia un po’ più
di flessibilità in uscita per i
lavoratori a tempo indeterminato, con una forte riduzione delle possibilità e
convenienza ad offrire lavori precari, e con l’espansione dell’ambito di
applicazione degli ammortizzatori
sociali.” Una qualsiasi persona
dotata di semplice buon senso capirebbe che non è la flessibilità in uscita, il
licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, che crea posti di
lavoro e tanto meno la flessibilità in entrata fatta sulla base di un lavoro
privo di “diritti di continuità”. Sia chiaro che la sola maniera per creare
posti di lavoro o più semplicemente lavoro è la progettualità politica, economica
e sociale. Questo Governo non pare possederla e continua a trincerarsi dietro altre
analoghe affermazioni di Fabrizio Forquet che non riporto, ma che
si possono leggere sempre sul Sole 24 ore di domenica 25 marzo 2012. In tale contesto comunque la cosa che più
stupisce è l’editoriale firmato da Eugenio Scalfari sulla Repubblica di
domenica 25 marzo 2012 in
cui dipinge scenari da apocalisse sulla
base della difesa del “simbolo” dell’articolo 18 da parte della CGIL, banalizzando l’importanza dello stesso nel
nostro ordinamento come qualcosa che non ha più senso difendere, senza minimamente evidenziare
l’importanza che tale decisione avrebbe per la vita futura dell’istituzione
sindacale. Ecco cosa si nasconde a mio avviso dietro questa battaglia del
Governo, che in fin dei conti come dice Scalfari “…Il
caso in cui è stato applicato il reingresso nel posto di lavoro negli ultimi
dieci anni non arrivano al migliaio e soprattutto non ha mai avuto
ripercussioni sullo sviluppo dell’economia reale e dei suoi fondamentali.”….
Allora vi torna? L’etica del lavoro dove sta di casa in questo Governo? Dove sono i piani per la creazione di nuovi posti di lavoro? Dov’è la programmazione dei settori dove si incentivi la creazione di nuove imprese con la conseguente pianificazione di nuovi posti di lavoro di incentivi alla produzione, di valutazione prospettica di impatto sulla crescita del PIL, sulla crescita delle entrate fiscali e la redistribuzione delle stesse ai fini dello sviluppo economico? Dov’è la separazione tra debiti per investimento e debiti per spesa corrente? Ecco cosa significa Etica: conoscere il Bene ed attuarlo! Non fare ciò che risulta più semplice. Passi la posizione della Confindustria giustamente di parte, ma politici e giornali, in quanto non organi confindustriali, dovrebbero sottolineare meglio le ragioni e non prendere in giro le persone oneste che ritengono, purtroppo anche per loro superficialità, l’abolizione dell’articolo 18 come il motorino di avviamento della ripresa!
Allora vi torna? L’etica del lavoro dove sta di casa in questo Governo? Dove sono i piani per la creazione di nuovi posti di lavoro? Dov’è la programmazione dei settori dove si incentivi la creazione di nuove imprese con la conseguente pianificazione di nuovi posti di lavoro di incentivi alla produzione, di valutazione prospettica di impatto sulla crescita del PIL, sulla crescita delle entrate fiscali e la redistribuzione delle stesse ai fini dello sviluppo economico? Dov’è la separazione tra debiti per investimento e debiti per spesa corrente? Ecco cosa significa Etica: conoscere il Bene ed attuarlo! Non fare ciò che risulta più semplice. Passi la posizione della Confindustria giustamente di parte, ma politici e giornali, in quanto non organi confindustriali, dovrebbero sottolineare meglio le ragioni e non prendere in giro le persone oneste che ritengono, purtroppo anche per loro superficialità, l’abolizione dell’articolo 18 come il motorino di avviamento della ripresa!
Nessun commento:
Posta un commento