Vuolsi così colà
dove si puote
cio’ che si vole, e più non dimandare
Dante Alighieri – La Divina Commedia
Tra le problematiche
più ricorrenti nella realtà comunicazionale attinente al tessuto
socio-politico-economico, le parole più ricorrenti sono corruzione,
concussione, mazzette, bustarelle; mentre tra le attività che lo permettono
sono soprattutto quelle di natura pubblica o rivolte al pubblico che implicano
un rapporto di natura relazionale tra un “potere forte” ed un “richiedente
scaltro”.
Ecco dunque come si
configurano le tre situazioni che “impestano” il nostro sistema Paese, vale a
dire corruzione, concussione e violenza.
Detto ciò vale bene
la pena volgere in prosa l’incipit dantesco sopra riportato: "Questa è la volontà di chi detiene il potere, non chiedere
altro" (si vuol così là, dove si può).
Credo che dai tempi di Dante non sia cambiato nulla e che la nostra
organizzazione con le sue ben note, anche se sempre dissimulate e negate radici
borboniche, massoniche e strumentalmente religiose, si ritrovi con questo linguaggio
nella sua più verace e concreta attualità. Infatti nel linguaggio quotidiano questa espressione ha come preciso scopo quello di indicare (anche in maniera
sarcastica) la volontà di qualcuno che
non può essere messa in discussione, cioè l'ordine di un superiore che ha
il potere ultimo di decisione, contro il quale ogni lamentela è inutile,
sottintendendo quindi sottomissione a
una gerarchia inoppugnabile. Il
"colà" inteso come luogo dove si decide, assomiglia per analogia
a quello dell'espressione della cosiddetta "stanza
dei bottoni". Un’altra espressione che spesso viene usata è anche “non si muove foglia che Dio non voglia” e
credo che non ci siano più ulteriori necessità di chiarimenti.
Questa realtà ci
pone poi in un ambito dove la corruzione, confluisce, si confonde e compete con
la concussione, andando poi a congiungersi attivamente con l’ultimo elemento
citato che è la violenza. Allora se analizziamo in maniera più concreta il
“coacervo” ci accorgiamo che non sono
queste figure il soggetto dominante, bensì è il sistema che le alimenta e le governa.
Non entro nel merito
o nelle loro particolarità di cui ho già
più volte parlato in questa mia rubrica, ciò che invece oggi vorrei
sottolineare qui con voi e discutere, è il
sistema paese e le sue regole, vale a dire il terreno di
“corruttelo - cultura” su cui viene coltivata questa mala-pianta.
REGOLE DI SISTEMA
Certo la vita
organizzativa di un Paese si misura dal
rispetto delle regole che permettono lo svolgimento armonico della vita
socio-politico-economica. Vale a dire che le regole vengono individuate e
condivise affinché gli interessi
legittimi ed i diritti soggettivi ed oggettivi, possano essere bene individuati
e pertanto da tutti rispettati. Il sistema pertanto, quando è armonicamente e umanamente impostato, prevede che vi sia
innanzitutto un progetto sociale su
cui impostare l’evoluzione della
comunità appartenente ad un medesimo paese, come regole di cittadinanza, regole di funzionamento dei raggruppamenti
territoriali, regole di accoglienza dei nuovi venuti, sia cittadini che
stranieri, regole di vita sociale e di accesso alle condizioni decorose di
umanità che ogni società tendente al sistema migliore individuato nella
democrazia deve darsi. Poi a supporto di tale progetto sociale deve esserci
necessariamente un progetto politico il cui obiettivo è quello di
migliorare in ogni suo aspetto la vita dei cittadini indirizzando il progetto
sociale, vale a dire il rispetto dei diritti e l’uguaglianza tra i partecipanti
alla vita civile, verso il suo fine migliore vale a dire verso quel bene comune propriamente inteso di cui
non mi stanco di ripetere che è riportato in due punti della Gaudium et Spes (costituzione pastorale
del Concilio Vaticano II) che sono il 26
ed il 74 ed il cui significato è che
le regole che la politica deve ricercare e dettare come finalità di bene comune
“cioè
l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai
gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più
pienamente e più speditamente” devono indirizzarsi al rispetto della
dignità dell’essere umano in ogni sua forma ed alla promozione del bene comune
suddetto.
Ma per queste
finalità c’è bisogno di una ulteriore progettualità
che è quella economica. Si tratta di una progettualità specifica che
soltanto l’uomo guidato da intelletto e dal suo bisogno di comunità dettato dalla sua antropologia sociale attua nel mondo. Gli animali infatti mentre
possono essere implicati in qualcosa di analogo attinente al proprio gruppo per
lo sviluppo della razza, cosi come ad una attività se vogliamo dire politica
determinata dalla ricerca del predominio
del soggetto più forte, non sono in
grado attuare assolutamente alcunché
che possa somigliare ad un progetto
economico, nel senso che noi diamo a questo termine, perché sono provvisti di solo istinto. La differenza
dunque sta nel fatto che l’uomo
attraverso il proprio intelletto si immedesima nella cosiddetta Piramide dello sviluppo comprendente le
tre progettualità suddette.
L’uomo dunque deve
darsi delle regole di sistema se vuole progredire come comunità e queste regole non possono
riguardare soltanto il piano tecnico-organizzativo. Le regole del sistema
sociale devono innanzitutto implicare una componente
etica! Ciò che si chiama coscienza del rispetto delle regole e che può
venire soltanto dall’educazione
dell’essere umano a vivere come tale nel rispetto dei cinque principi fondamentali che ne determinano la natura e che ne
supportano la dignità.
E’ importante
capirlo, perché oggi 24 marzo sulla Repubblica
a pag. 29, viene dato ampio spazio ad una lettera di due Avvocati Sergio Erede
e Alessandro Musella dal titolo “
Corruzione, che cosa si può fare subito”. Ebbene nel leggerla mi sono
cadute le braccia, ma si badi bene non per i contenuti che ritengo
perfettamente enunciati, elaborati e presentati dai due autori, quanto invece
ai presupposti: se continuiamo a dare
spazio ai “legulei” non usciremo mai da questa impasse. Infatti non sono le regole che mancano.
Il sistema delle regole ha bisogno dei presupposti
delle stesse che sono appunto l’etica,
come conoscenza del bene (comune) che
sia etica sociale, che si chiami etica pubblica, non importa, c’è bisogno di
qualcosa che implichi la coscienza e non solo strutture di ordine giuridico e
organizzativo che lasciano comunque il tempo che trovano. Infatti di regole
ne abbiamo fin troppe, ciò che mancano sono i codici etici, quelli veri quelli che implicano la responsabilità
dell’organizzazione e che non vengano dettati dall’alto, come oggi è nel nostro
Paese, ma che siano condivisi dal basso.
Altrettanto vale per gli uffici anticorruzione. Finché si baseranno sulla
promozione del rispetto di regole
tecniche, sui controlli e sulle punizioni, non serviranno a nulla. Allora
tutti i punti enunciati da questi due valenti Avvocati in realtà, a mio avviso,
servono a ben poco anche perché se andiamo ad analizzare le differenti leggi,
sono tutti in qualche modo contemplati, ciò che deve essere introdotto quindi non è un sistema di nuove regole, ma il salto di paradigma delle Regole di
sistema. Infatti se ci pensiamo bene il presupposto di ogni regola
giuridica emanata dai nostri parlamenti è che “fatta la legge, scoperto
l’inganno”, ne abbiamo parlato più volte su queste pagine ed allora ragioniamo
sui punti portati dagli Avvocati, come
ampliamento delle regole o inserimento di nuove esclusivamente in
termini giuridici:
1) chiedono l’estensione della durata della
prescrizione. Può servire? Pensiamo ai cavilli
sostanziali e formali del nostro Paese, dove le leggi si fanno di solito per venire in aiuto proprio laddove la
prescrizione non incide più;
2) Pene e sanzioni economiche efficaci e
dissuasive. Ma non c’è già una legge
231/01 che ne prevede di pesanti?;
3) reintroduzione del falso in bilancio.
Giustissimo, ma come individuarlo e
come definirne la gravità?;
4) non punibilità per chi si auto-denuncia.
Quanto può servire se non c’è fiducia
nello stato? Pensiamo solo a ciò che accade ai pentiti di mafia! alle loro condizioni di “non persone”;
5) la procedibilità d’ufficio per la
“corruzione tra privati”, mi pare che qualcosa del genere sia già stata introdotta dalla legge 231/01 con l’art.
2635 cc ed il 319quater c.p.;
6) ampliamento
delle intercettazioni per reati contro la P.A. Certo sarebbe opportuno, ma che cosa risolve se non
l’opportunità di riempire le pagine dei giornali con scoop eclatanti?.
Oltre a tutto ciò i
due Avvocati suggeriscono di riferirsi
al “piano anticorruzione adottato dal
governo inglese che consta di 66 azioni specifiche….” forse gli avvocati
non ricordano che a Giugno di quest’anno si festeggeranno gli 800 anni
della firma “Magna Charta” e che quindi la nostra “Italietta imbelle e pacifista del Prezzolini e del Corradini” non ha
nulla a che vedere con l’esperienza sociale e democratica del Regno Unito. Inoltre individuano anche delle possibili “aree di intervento fondamentali di
contrasto alla corruzione” e al primo posto cosa mettono? Scoperta e repressione: potenziamento
dell’attività di “intelligence”……(ma se già la nostra polizia non ha i mezzi di sussistenza..?) forse i due
estensori della lettera non hanno mai giocato da bambini a “Guardie e ladri” dove ogni volta che venivi scoperto trovavi poi un nascondiglio migliore aguzzando
l’ingegno!!! Poi suggeriscono come secondo punto la Prevenzione : implementando l’attuale piano Anac con
“presidi” …”nomina di responsabili della prevenzione e trasparenza
Whistleblowing e formazione; azioni specifiche per settori a rischio ecc.
basandosi sugli studi che già esistono???? Nella mia carriera accademica ho
assistito a una discussione di tesi di un alto ufficiale della finanza che
aveva già circa 10 anni fa, indicato un
sistema di mappatura del territorio del Lazio con un sistema di individuazione
dei vari “focolai di reato” che fine ha fatto quello studio? se non è stato
usato fin’ora possiamo pensare che si
userà in futuro e a che pro? quando poi sentiamo purtroppo che anche i corpi di polizia a tutti i livelli
devono fare i conti con “mine impazzite”
al loro interno? Un terzo punto è la collaborazione
delle imprese: incentivare le imprese private ad adottare programmi di compliance anticorruzione. I due
Avvocati evidentemente frequentano molto più i tribunali che la realtà
socio-economica. Le nostre aziende
devono sopravvivere non solo ad una congiuntura avversa, una fiscalità
“ammazzainiziative”, un assenza di politica imprenditoriale (non diciamo
industriale, visto che le industrie del nostro Paese stanno tutte fuggendo
all’estero) ma devono resistere anche contro la concorrenza sleale dei gruppi mafiosi e
delle conventicole massoniche e allora come si può chiedere la loro
collaborazione? Che significa “programmi
anticorruzione”? Nel quarto punto poi suggerirebbero una “riorganizzazione amministrativa:
rafforzare il sistema dei controlli…….” forse non si rendono conto che è
proprio il sistema dei controlli che si
chiama “burocrazia” a portare in sé i germi della corruzione, concussione e violenza? Infine al quinto punto “last but not the least” come
dicono gli inglesi, suggerirebbero la “comunicazione”
e noi possiamo credere che una
“comunicazione” pubblicità e progresso ministerialmente organizzata ed
orchestrata serva a qualcosa?
ETICA
Anche se non sono
stato preso in considerazione né dal Ministro
dell’interno a cui ho scritto per mettermi a disposizione per supportarlo con il Comitato di promozione etica onlus
nell’attività anticorruzione del suo ufficio, non repressiva, ma formativa. Anche
se la mia lettera aperta, che potete
leggere su questo Blog, al Presidente
del Consiglio non ha avuto ancora riscontri, io vorrei ancora una volta
sottolineare che se non cambiamo le regole di sistema da regole giuridiche a
regole etiche e quelle dei controlli repressivi in regole di
formazione etica preventiva, non andremo da nessuna parte nonostante la profonda stima e la carica positiva che
infonde il Dr. Cantone.
Se vogliamo cambiare le regole di sistema dobbiamo passare attraverso l’educazione, a partire dal decisionismo del Presidente del
Consiglio, che forse nonostante tutti gli sforzi dei “compiti a casa” che tutti i giorni fa, non sembra aver ancora
realizzato che il cambiamento deve
essere culturale e non legale, che l’educazione
passa attraverso la famiglia, la scuola e l’università e non attraverso cambiamenti
più o meno repentini o sofisticati delle regole che lui pensa di poter
cambiare con la bacchetta magica
perché “l’Europa ce lo chiede”! . Se si vuole cambiare questo Paese occorre dare
un contenuto etico alla formazione,
non servono leggi e controlli, serve un risveglio
della coscienza, serve un ritorno
alla fiducia serve a ritrovare un
cemento di comunità dove ci sia vera
solidarietà e non “arrivismo mascherato”e
ciò è possibile solo attraverso quelle tre cose che ho già molte volte
ripetuto:
1) la certificazione etica di enti ed
imprese, non più a controllo, ma a coscientizzazione;
2) la formazione etica di tutti coloro che
lavorano in ambienti politici ed
amministrativi;
3) la riscoperta dell’insegnamento delle virtù
nella scuola, rivalutando lo status dei professori e non cambiandolo da
“precari” a “fissi a metà stipendio”.
Solo in questo modo
anche il sistema delle regole giuridiche, semplificato e non appesantito come
lo è ora, potrà riprendere significato.
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